Pensiero Meridiano

 

L’ombra del caimano
Editoriale de Il Portale del Sud

Rivolte mafiose?

Le rivolte del Sud sono mafiose e camorriste, così come le alluvioni del Sud sono dovute alle costruzioni abusive. Almeno a sentire i Tg ed i programmi di approfondimento: nel Sud ci sono le ecomafie, mentre i Veneti si limitano a inviarci i residui tossici, mantenendo però intatta la loro dignità di popolo onesto. Dovremmo esserci abituati a tali pregiudizi e luoghi comuni, ma chissà perché continuano ad indignarci nel profondo…

Ovviamente mafia, camorra, ‘ndrangheta esistono e fanno danni enormi, e sono i cittadini del Sud i primi a farne le spese. Ognuno di noi deve essere in prima fila a denunziare e combattere, perché la malavita organizzata fiuta sempre l’affare e tenta di insinuarsi in ogni attività, anche nelle ribellioni di chi, sommerso dai debiti ed incapace ormai di intravedere vie d’uscita, decide di dar luogo a proteste forti, come nel caso recente dei forconi. Non vanno quindi sottovalutate le preoccupazioni espresse, tra l’altro, da Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, né la presenza nelle manifestazioni di personaggi quali Vincenzo Ercolano, ritenuto vicino a quel clan Casalesi che controllerebbe il mercato ortofrutticolo di Fondi ed i trasporti ortofrutticoli sud-nord.

Ma non si può spiegare sempre e tutto il Sud con la mafia e la camorra. Forse per questo i problemi non si sono mai affrontati seriamente e risolti una volta per tutte. La malavita ringrazia: la propria devastante immagine di onnipotenza ne esce ingigantita da tale continua pubblicità! La mafia, infatti, non ha il potere né la necessità di raccogliere nelle piazze della Sicilia diecine di migliaia di studenti, di pescatori, di agricoltori, di autotrasportatori. La mafia agisce dentro il Potere e non ricorre ai posti di blocco. I suoi interessi non sono il superamento della crisi economica ma coincidono con la persistenza della crisi stessa. Chi pensate acquisterà le migliaia di aziende fallite in Sicilia o nel Veneto?

In conclusione, è lecito pensare ai clan come soggetti interessati a sfruttare la situazione per pescare nel torbido, tralasciando però i luoghi comuni che vorrebbero rappresentare tutti i meridionali come pupazzi manovrati dai mafiosi.

Le ragioni delle rivolte

Ovviamente, va tutta la nostra solidarietà, per quel poco che possa valere, a coloro che non arrivano alla fine del mese, che non hanno i soldi per pagare i mutui, che si vedono chiuse in faccia le porte del credito, che non riescono a mandare avanti le proprie famiglie… che, per esempio, continuano a pescare pur con il prezzo del gasolio alle stelle, pur tra la concorrenza estera libera dai mille regolamenti che solo i nostri sono tenuti a rispettare. Quella dei pescatori è un’attività durissima, e le difficoltà che incontrano non nascono oggi, è da tempo che cercano di farsi sentire…

Nell’autotrasporto, le ragioni della protesta ci appaiono più “politiche”, non foss’altro che per la scelta del momento: hanno anch’esse origine dal rincaro del prezzo dei carburanti e delle autostrade in un paese che a suo tempo, per favorire la potentissima famiglia Agnelli, ha organizzato il trasporto merci quasi esclusivamente su gomma, dismettendo le ferrovie e le vie d’acqua. Diverso ancora è il discorso agrario, per la crisi dei prezzi dei prodotti agricoli - la bassissima remunerazione che viene praticata ai produttori e l’altissimo prezzo che paga il consumatore - diventato insostenibile.

I simpatizzanti

Dalla scelta del momento e delle forme violente delle manifestazioni, nel particolare contesto della situazione politica italiana, non può non scaturire il sospetto di secondi fini, di manovratori politici dietro le quinte. Riesce difficile non interrogarsi sul variegato substrato sociale che simpatizza platealmente per la rivolta, fomentandola, sfruttandola ed usandola anche a spese di chi ne è protagonista, anche al di là delle intenzioni di coloro che la soffrono sulla propria pelle. Un’analisi che, come vedremo, mette in campo tutta una serie di motivi di preoccupazione.

In primo luogo, c’è da chiedersi perché la rivolta sia scoppiata “adesso” e cosa c’entrino con le giuste istanze dei più, con quelle di coloro che, a dirla papale papale, si erano abituati ad una posizione sociale ed ad un reddito sproporzionato per il lavoro prestato, specie se messo a paragone con quello da 1500 euro al mese di un operaio specializzato o di un saldatore navalmeccanico. Per costoro non abbiamo tanta simpatia, come i farmacisti tanto per parlare in chiaro, che si basano sul monopolio e sul privilegio, e sul foraggiare lobbies politiche perché mantengano lo status quo. Caso diverso sono i tassisti, sempre per continuare con gli esempi, che hanno sborsato fior di quattrini per comprarsi una licenza che ora rischia di deprezzarsi o addirittura annullarsi… ma che, come categoria, dichiarano imponibili fiscali talmente bassi da farci chiedere come mai si investano centinaia di migliaia di euro per una licenza che rende tanto poco… qualche esame di coscienza è necessario anche da parte loro.

Quello che decisamente non ci piace della rivolta è, come detto, il variegato e fascistioide contorno costituito da alcuni fans della lotta in corso. Leggiamo ad esempio in Facebook tanti post trionfalistici sull’occupazione delle autostrade da parte dei “forconi”, inviati da persone e movimenti che non c’entrano nulla. Persone e movimenti di cui è nota la simpatia per la destra populista di stampo berlusconiano, a cui del resto fanno capo gli autotrasportatori di Forza d’Urto ed piccoli proprietari terrieri dei Forconi. Che sia un tentativo di rivalsa per la disonorevole uscita di scena del caimano?

L’ombra dei berluscones

Ovviamente, ognuno è libero di avere le proprie idee politiche, anche se favorevoli a colui che ha distrutto l’Italia in 15 anni, lasciando un’eredità di guai e problemi tali che ci vorranno decenni di duri sacrifici per rifarsi. Bisognerebbe sempre ricordare che chi è causa del suo male, pianga se stesso! Invece i berluscones tentano di dare responsabilità ad un governo subentrato da pochi mesi, proprio per evitare il baratro in cui ci ha infilato l’ometto di Arcore.

Ci chiediamo, tuttavia, come mai i sindacati ed i partiti sono assenti, come assenti sono quelle associazioni degli agricoltori che da decine d’anni vivono dell'assistenzialismo della Comunità Europea e della Regione Siciliana. Se poi guardiamo ai nomi dei personaggi e movimenti che fomentano o comunque simpatizzano per la rivolta, c’è veramente da preoccuparsi: Forza Nuova, gli amici di Scilipoti, Forza Sud, gli “indipendentisti”, cioè coloro che considerano Salvatore Giuliano non colui che uccise i contadini che festeggiavano la vittoria elettorale delle sinistre e il primo maggio ma l'eroe puro e duro dell'indipendentismo siciliano legato agli agrari, alla mafia e all'aristocrazia. I simboli che compaiono in questo movimento non sono quelli dell’Italia, bensì quelli della Trinacria associata alla “regolamentare” distruzione di bandiere tricolori. Il tutto con l’appoggio esterno della Lega Nord (ed i soldi di Berlusconi?). Questi protagonisti, colmano il vuoto lasciato dalle grandi organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli agricoltori, che invece di fare comunicati di condanna del movimento dei forconi dovrebbero sforzarsi di coglierne le ragioni valide e magari offrire una leadership diversa da quella dei personaggi ambigui loschi o altro che la stanno cavalcando.

Ma le grandi organizzazioni sindacali ed il PD tirano la volata al governo Monti e Lombardo, come si è visto nell’incontro tra i due a Montecitorio. Inoltre sono diventati organicamente liberisti e difficilmente potrebbero dirigere il movimento se non rivedono le loro posizioni.

Favoreggiatori circoscritti

Identità: è questa una delle parole d’ordine che serpeggia tra la protesta. La difesa dell’identità, la presa di coscienza identitaria. L’indipendenza, l’autonomia in tale ambito diventano pure categorie mentali fatte di confini, secessioni, sbarramenti, chiusure. Sono finalità di facciata. La violenza ed il rancori centenari sono i mezzi e gli stimoli. Il decadimento economico l’innesco scatenante. Tutto ciò non può non turbare, specialmente se si osserva che nessun substrato culturale, o ideale, fa parte delle fondamenta della rivolta.

Eppure è impensabile, come detto, che categorie sociali e produttive abbiamo scoperto solo ora che c’è la crisi!

Tocca quindi, per capirci meglio, fare un passo indietro. Non di tanto, di qualche mese, anche se per molti degli Italiani di oggi un tale piccolo periodo sembra che basti ed avanzi per riciclare la memoria nel dimenticatoio. Tocca ricordare che il governo Berlusconi, perso il consenso, persi i parlamentari nonostante gli “acquisti”, preso in giro dal mondo, umiliato dalle nefandezze del Capo e della sua corte, abbandonato dagli alleati, è caduto a novembre. Mr. B. ha dato le dimissioni, provocando l’esultanza degli onesti.

Il regime costituzionale italiano prevede che gli elettori eleggano direttamente i rappresentanti del Parlamento. Non per il governo. Questo viene scelto dal Presidente della Repubblica e deve ricevere la fiducia delle Camere. Così è nato il governo Monti. Sulle ceneri di Berlusconi, per scampare alla rovina cui questi ci aveva portato con la sua inazione, incompetenza, presunzione, egoismo, incapacità manifesta. Molteplicemente manifestata.

I “pupari” della rivolta dei forconi non riporteranno il caimano alla Presidenza del Consiglio, come forse si proponevano: dovrebbero prenderne atto, come capire definitivamente che il consenso alla rivolta non ha per nulla coinvolto la gran parte del popolo italiano, che anzi ne è rimasta vittima infastidita.

Monti è di destra

Il governo Monti è un governo di destra. Liberale, liberista, anticomunista. Sta attuando, tra l’altro, gli impegni presi dal caimano con la Ue. Questa è la realtà, anche se sembra che si voglia nascondere, tralasciare, dimenticare… Certo Monti è un signore, non un ridicolo bifolco come Bossi o Berlusconi. È una personalità internazionalmente riconosciuta e rispettata. Non un peracottaro fanfarone come il nano di Arcore. Soprattutto, mal per lui e per noi, Monti non è un mago. Per distruggere a furia di malefatte, l’ometto di Arcore ci ha messo quasi vent’anni e, si sa, ricostruire è più difficile e più lungo. Bisogna proporre ed attuare sacrifici, concordare mosse e modalità con un’Europa riottosa, con gli Stati membri malati di “identitarismo”, cioè privi di quella visione internazionale che le socialdemocrazie di fine ‘900 avevano utilizzato quale forza propulsiva unificante…

Il contesto è difficile, il capitalismo ha ormai rinunziato di fatto al suo ruolo di accumulo per il progresso tecnologico ed è solo intento a distruggere, scommettere, giocare… forse a vendicarsi del mondo, se pensiamo a taluni personaggi della City o di Wall Street, ed alla maniera con cui stanno smontando pezzo-pezzo la nostra millenaria cultura, cominciando dalla sua culla, la Grecia.

Nord e Sud

Abbiamo un Paese in ginocchio dove le questioni del Nord o del Sud sono questioni nazionali, ma dove troppi soffiano sul fuoco della disgregazione nazionale, come se i problemi dei siciliani o dei pugliesi li potessero risolvere solo loro, e come se quelli del Nord potessero stare meglio senza la “zavorra” meridionale.

La disperazione che c’è in giro appartiene all’intero popolo italiano. Perciò non ci persuade proprio il ribellismo localistico, la violenza, i Tir bloccati, la penuria dei generi alimentari, il blocco dei traghetti, della benzina e delle merci. Ad avere disagi e sofferenze sono sempre i più deboli, quelli che non hanno né forche né forconi.

In tutto questo non possiamo fare a meno di notare tre cose:

1) se, alla fine, gli autotrasportatori avranno ottenuto quello che chiedono, passerà un principio pericolosissimo: protestare in modo incivile paga più che farlo secondo le regole.

2) in questo Paese lo Stato fa la faccia feroce contro operai, studenti e pacifisti o ambientalisti poi però si consente a centinaia di camionisti di bloccare la Sicilia, e ora il resto d’Italia, per giorni e giorni, dimenticando che Il diritto di sciopero, un diritto costituzionale, non c’entra niente perché questo non è uno sciopero ma una serrata, l’interruzione, cioè, della produzione e dell’erogazione dei servizi da parte del datore di lavoro o dell’ esercizio commerciale.

3) Il ministro degli Interni Annamaria Cancellieri ha promesso la linea dura contro forconi e autotrasportatori solo quando la protesta si è allargata al resto di Italia: “Non saranno tollerati blocchi stradali”.

Questo atteggiamento, permetteteci di dirlo, per i Siciliani, massacrati da settimane di protesta selvaggia, è una beffa che fa incavolare i moderati e legittima l’operato di quelli esagitati, dando motivi a chi reclama l’indipendenza, non riconoscendosi in uno Stato che tratta con diversa mano i propri cittadini.

Forconi e forche

Infine, lasciamo in pace per cortesia i Briganti, quelli che dopo l’Unità d’Italia diedero vita alla lotta armata contro l’invasore. Non paragoniamoli ai forconi, agli autotrasportatori, a chi fa politica di bassa lega con i blocchi selvaggi e violenti per interessi elettorali… I briganti combatterono per degli ideali rischiando la forca. Non facciamo confronti-affronti. Per carità di patria!

 Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Gennaio 2012


Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso

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