Le Pagine di Storia

La prima nave a vapore del Mediterraneo

di Claudio Ressmann [1]

Il Ferdinando I a Marsigliai (acquarello 1830 ca., Marsiglia Museo Camera di Commercio)

È a tutti noto che tra le molteplici realizzazioni d'avanguardia dell'inizio del XIX secolo accreditate al Regno delle Due Sicilie, vi è quella di avere costruito un piroscafo del Mediterraneo, il Ferdinando I, varato a Napoli nel 1818.

Pochi sanno, invece, che nella vicina Spagna, un anno prima, era stato realizzata una analoga iniziativa con il Real Fernando, il primo piroscafo costruito nella penisola Iberica. Mentre del Ferdinando I si è più volte occupata la Rivista Marittima altrettanto non può dirsi del Real Fernando, che pure riveste un ruolo importante nella storia del progresso navale. Ecco pertanto una sintesi della storia delle due unità, necessaria per stabilire i relativi confronti.

Il Ferdinando I

Spetta al re Ferdinando I di Borbone ed all'aristocrazia napoletana il merito di avere sostenuto le proposte di uno straniero, il capitano marittimo francese Pietro Andriel, fervente ammiratore di Roberto Fulton e della suo battello fluviale Vermont varato nel 1807. Non avendo trovato sostenitori in Francia, Andriel espose le proprie idee alla Corte napoletana che le accolse così favorevolmente da indurre Ferdinando I a concedergli il 17 gennaio 1817 il monopolio della navigazione a vapore sulle acque del Regno. È accordato a Pietro Andriel, nativo di Montpellier il privilegio di privata della durata di 15 anni per la navigazione accelerata a mezzo di trombe a fuoco, detta navigazione a vapore, nelle acque che bagnano il litorale nei fiumi del nostro Regno delle Due Sicilie, qualunque sia il sistema di costruzione delle dette trombe. Sorse così, finanziata da membri dell'aristocrazia e del mondo economico partenopeo, la «Compagnia privilegiata per l'introduzione della navigazione a vapore nel Regno delle Due Sicilie», con sede al numero 32 del vico Concezione a Toledo, che commissionò per la somma di 5.780 ducati al cantiere Filosa, ubicato nei pressi del Forte Vigliena, la costruzione di una unità lunga fuoritutto 38,80 m e larghezza massima 6,15 m nella quale sarebbe stato installato, a cura di una ditta inglese, il nuovo e rivoluzionario apparato di propulsione, costituito da due caldaie lunga ciascuna sei metri e da una macchina da 45 cavalli di potenza collegata a due ruote laterali del diametro di 3,60 m, ciascuna munita di otto pale lunghe 1,20 m e larghe 40 centimetri. L'alberatura era a brigantino a palo con un fumaiolo alto e sottile. A poppa venivano realizzati 16 camerini per “passeggeri di distinzione”, mentre a prora era disponibile un locale comune con una cinquantina di posti a sedere. Sul ponte c'era spazio sufficiente per imbarcare due o anche tre carrozze.

Il Ferdinando I

La nave, battezzata Ferdinando I, fu varata il 24 giugno 1818 e affidata al primo alfiere di vascello della Real Marina don Giuseppe Libetta. Durante l'estate venne effettuato il collaudo nel golfo con numerose uscite che valsero alla nave da parte di napoletani. che certo non mancano d'arguzia, il suggestivo nomignolo di Serpentone per via del lungo e sottile fumaiolo. Durante le prove, in assenza di vento e con le vele serrate, si raggiunse la velocità di 6.5 nodi.

Un inizio felice

Il viaggio inaugurale. alla volta di Genova e Marsiglia, con 3 passeggeri e 11 persone d'equipaggio, ebbe inizio il 27 settembre 1818, con arrivo al primo porto intermedio, Livorno, il 5 ottobre.

All'inizio le cose non andarono affatto male, come si evince dal giornale di bordo:

"Salpammo da Napoli alle ore cinque, malgrado il vento contrario. Alle 7 eravamo al traverso del faro di Procida ed ivi essendo passato il vento ad ESE la nave provò violente scosse e si dovette fare uso di una sola ruota. Alle 6 di sera eravamo nei paraggi di capo Circello, ma il tempo procelloso ci obbligò a riprendere il largo e rivolgere la prora all'isola di Ponza. Nella notte, essendosi stabilito il vento da SE dirigemmo a Fiumicino dove si giunse a mezzogiorno. Colà  vedemmo venire incontro talune barche quasi in soccorso perchè i marinari di esse, ingannati dal fumo che esalava la macchina a vapore, e dall'essere noi privi di vele, dubitavano di qualche incendio. Il capitano Libetta dopo avere rinunciato a risalire il Tevere per raggiungere Roma per i rischi che avrebbe presentato tale tratto di percorso fluviale, decise di riprendere la rotta. Erano le 10 di sera quando arrivammo a Civitavecchia e tutta la notte si rimase a bordeggiare davanti a Capo Linaro in attesa del giorno. Allo spuntar del sole ripartimmo per Monte Argentario. In quest'ultimo luogo avvenne che uno dei nostri marinari non bene istruito nel gittare il carbone dentro il fornello, danneggi la caldaia. Questo accidente ci costrinse a fermarci qualche ora a Porto Ercole da dove partimmo il 4 ottobre a mezzogiorno. La mattina seguente alle ore 9.30 eravamo in rada a Livorno".

Ferdinando I, studio di modifica. Archivio di Stato Napoli

Il 13 ottobre alle 22 il Ferdinando I salpava dal porto labronico alla volta di Genova, dove attraccava la sera dell'indomani suscitando un grande interesse negli ambienti commerciali e armatori locali, i cui esponenti si affrettarono a visitare la nave, spesso accompagnati da diverse dame dell'alta società che non disegnarono di scendere nel locale caldaie. La partenza per Marsiglia dovette essere ritardata per una prolungata manutenzione delle caldaie, ma il contrattempo si trasformò  in un vantaggio poichè consentì  alla nave, carica di autorità e di giornalisti, di effettuare il 25 e il 26 ottobre due brevi uscite dimostrative, con esito molto favorevole. Tra i giornalisti vi era anche il corrispondente de Il Conciliatore di Milano che così  le descrive in un servizio pubblicato il 10 novembre: “L'altro ieri il bastimento a vapore Ferdinando I, della portata di 260 tonnellate, condotto dal sig. Wolf (molto probabilmente si trattava del direttore di macchina, quasi certamente inglese ndr) fece una prima sortita da questo porto, e ieri una seconda. Egli traghettava da Napoli a Livorno in 56 ore. Il bastimento è lungo 126 piedi e largo 28; la sua costruzione però può essere ancora perfezionata (sic!). Vi si trovano due alberi da porvi la vela all'opportunità, cosa ottima onde profittare del vento favorevole, risparmiando il combustibile per andare con le ruote a remi. Evvi una stanza per passeggeri, capace di una cinquantina di persone; e possono più di 200 individui rimanere sopra la coperta. Oltre a ciò  60 tonnellate in circa di mercanzia vi possono essere trasportate. Domenica 26 partimmo a un'ora pomeridiana verso Sestri, riva di ponente, con vento di terra forte e favorevole. Il bastimento percorse 5 miglia all'ora nell'andare e altrettante nel venire, quantunque al ritorno il vento fosse in gran parte contrario. L'ondulazione era così leggera che nessuna delle persone a bordo, e vi erano anche molte dame, soffersero punto. Il giorno seguente sortimmo la medesima ora. Soffiava il vento egua1mente forte di tramontana e il sig. Wolf diresse il bastimento verso il Lazzaretto, riva di levante, onde nel tornare indietro mostrare quanto fosse indifferente il battere contro vento. Le caldaie, già riscaldate alla cosa del giorno precedente, resero più attivo il moto delle ruote e in tal giorno, tanto nell'andata che nel ritorno si fecero più di cinque miglia e mezzo all'ora. Si girò  con la massima facilità entro il porto e si fece vedere a fermare le ruote a volontà. Eranvi a bordo nel secondo giorno più di 150 persone; il governatore, il duca Dalberg, quasi tutti i consoli esteri, la principale nobiltà e molti de' primi negozianti. Ognuno rimase infinitamente soddisfatto”.

Il 30 ottobre il Ferdinando I al comando dell'alfiere Andrea De Martino che aveva nel frattempo sostituito don Libetta, salpava alla volta di Marsiglia, raggiunta in serata, dove si replicò il successo ottenuto a Genova.

I conti non tornano

Tutte rose, dunque? No, perché a dispetto di tanti riconoscimenti la gestione commerciale del bastimento risultò del tutto passiva, tanto che il 19 dicembre 1819, al comando questa volta dell'alfiere Giuseppe Mancuso, venne deciso di farlo rientrare da Marsiglia alla sede di armamento per il suo disarmo. Il trasferimento fu a dir poco avventuroso: al traverso di Portovenere la macchina cessò di funzionare, per cui i passeggeri vennero fatti sbarcare a Lerici, mentre la nave procedette a vela per La Spezia, dove furono riparate le avarie. Afflitto anche successivamente da una serie di fastidiosi, e costosi, inconvenienti tecnici, il Ferdinando I soltanto l'8 marzo potette raggiungere Napoli, dove fu posto in disarmo e qualche anno dopo demolito.

Nasce in Spagna la CNQ

All'inizio del XIX secolo le comunicazioni terrestri tra la città di Siviglia e il suo porto Cadice, non erano davvero agevoli, in particolare per quanto riguardava l'ultimo tratto, dopo Jerez de la Frontera. Venne pertanto fondata la Compañia de Navigación del Guadalquivir (CNQ) allo scopo di utilizzare questo importante fiume - nasce nella Sierra de Cazorla e raggiunge l'Atlantico dopo 600 kilometri - per il trasporto di merci e passeggeri. Per realizzare tale obiettivo, venne costruito in un cantiere situato a Siviglia nel barrio di Triana, sotto la guida di un noto mastro carpentiere di nome Cabrera, un battello a vapore lungo 21,43 m e largo 3,65 dotato di due ruote a pale, privo di sovrastrutture, con un solo albero e con tutta intorno alla coperta una vistosa battagliola i cui candelieri erano costituiti da eleganti colonnine in legno tornito. Era in grado di trasportare 95 passeggeri, sistemati sul ponte e in due locali, uno a proravia e l’altro a poppavia della macchina a vapore. Quest'ultima era stata commissionata, anche in questo caso in Inghilterra, alle Officine Boulton & Watt. e quindi montata a Siviglia da meccanici della stessa ditta: era in grado di erogare una potenza di 40 cavalli. Benedetto il 15 marzo 1817 col nome Real Fernando - ma poi chiamato meno pomposamente “Betis” dall'antico nome del capoluogo andaluso - e varato il successivo 20, diede inizio il 26 giugno al viaggio inaugurale. Purtroppo, poco dopo avere mollato gli ormeggi da Siviglia si verificò un guasto alla macchina e gli invitati furono costretti a rientrare a piedi in città. Non solo, ma anche il successivo viaggio si concluse con un rientro forzato dai passeggeri da San Juan de Aznalfarache. In realtà si era verificata una perdita nella caldaia, determinando un calo di pressione che aveva in pratica immobilizzato il movimento delle due ruote.

Il Real Fernando

Tali inconvenienti non impedirono tuttavia di inaugurare con grande solennità  il 18 luglio 1917 il primo collegamento regolare Siviglia-Cadice, durante il quale, nel tratto fluviale si riuscì a mantenere una velocità  media di 6 nodi. A bordo presero posto 95 invitati i quali, dopo il tratto fluviale lungo un centinaio di chilometri snodatosi ai piedi della Sierra Morena, poterono fruire di una sosta a Sanlùcar de Barrameda, tra i magnifici aranceti, feudo un tempo del duca di Medina Sidonia (il cui nome è legato alle vicende dell'Invincibile Armata). Una volta rifocillati e tornati a bordo ebbero poi la fortuna di incontrare un Atlantico estremamente mansueto, durante la navigazione costiera tra Chipiona, Rota e Cadice. L'iniziativa della CNQ non ebbe tuttavia fortuna, a causa delle continue avarie all'apparato motore; quindi il Real Fernando venne radiato dopo meno di un anno di servizio. Così un destino del tutto simile accomunava il borbonico Ferdinando I alla prima unità  a vapore costruita in Spagna.

Per concludere è bene aggiungere che una nave a ruote denominata Real Ferdinando navigò qualche anno più tardi nel Mediterraneo sempre sotto la bandiera del Regno delle Due Sicilie: dislocava 230 e disponeva di una macchina della potenza di 144 cavalli.

Il "Real Ferdinando", olio su tela di S. Fergola, 1828 ca. Napoli, Museo di San Martino

Costruita a Glasgow nel 1823, a differenza del Ferdinando I era attrezzata con tre alberi (con una randa per albero oltre a un trevo ed una gabbia al trinchetto). Acquistata dalla Amministrazione Privilegiata dei Pacchetti a Vapore del Regno delle Due Sicilie (istituita con il Decreto Reale n° 876 del 2 dicembre 1823), giunse a Napoli il 14 giugno 1824 e sei giorni più tardi dava inizio al collegamento di linea con Palermo, al comando del già citato alfiere Andrea De Martino.


Note

[1] Articolo tratto da: Ressmann Claudio, Rivista Marittima, Febbraio 2007

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