Note e Versi Meridiani

 
 

Vittorio Bodini

(1914 Bari - 1970 Roma)

 

Il canto popolare in Vittorio Bodini

A 40 anni dalla morte

di Marilena Cavallo

“Piazzetta bianca, monaca nera

che suona un campanello e non lo sente”.

“In piazza, accoccolati

sulle ginocchie del Municipio,

stanno i disoccupati

a prender l’oro del sole”.

Cosa rappresenta per Vittorio Bodini la piazza?

La piazza dei disoccupati, che attendono sulla gradinata del Municipio qualcosa che illumini la loro grama giornata è una piazza dall’anima fortemente popolare. Solo il sole, che bacia la piazza può donare ai senza lavoro l’oro dei suoi luminosi raggi.

Nella poesia di Vittorio Bodini (1914-1970) ci sono componenti mitiche che si basano su richiami sacrali e rituali. Fenomeni di una antropologia del luogo. Bodini moriva 40 anni fa. Le fonti di questi richiami, che interessano tutta la prima fase di questo poeta pugliese che ha dedicato a Lecce e al territorio salentino pagine di grande valore estetico e artistico, sono nella cultura popolare.

Mito, sacro e rito sono nella fisionomia dei luoghi. La poesia si fa canto e il canto è il malinconico racconto di un linguaggio cadenzato, lento ma non monotono che fa danzare i ricordi e le immagini. Tra i ricordi e le immagini c'è l'appartenenza ad una terra. Una appartenenza che si fa sentimento: sentimento del tempo perduto che attraversa il linguaggio-canto si fa ritorno alle radici. È proprio l'appartenenza alle radici che fa della poesia di Bodini un paesaggio di valori che vivono dentro la parola, l'accento, il ritmo, il sogno.

Bodini attinge dalle fonti di una cultura popolare in cui è ben presente la religiosità (i santi fanno parte di questa cultura e trovare queste indicazioni religiose, di una religiosità tutta popolare e arcaica in cui sono presenti i simboli e i segni che sottolineano significati provenienti da lontani archetipi, è sostanzialmente penetrare una cultura mitica e mito qui sta come arcaicità e se si vuole come eterno ritorno in termini vichiani) e sono ben presenti i personaggi che fanno di questa religiosità una identità antropologica, ma anche poetica perché nella poesia la magia della parola si incontra sempre con la magia-grazia-simbolo del discorso poetico tout-court.

Bodini racconta una storia e si serve del linguaggio. Il linguaggio si fa recita ma la recita è musica. I temi che campeggiano nella poesia di Bodini sono temi che vivono sul tessuto delle manifestazioni che la cultura della tradizione tende a recuperare.

Il sud, il paese, la piazza, i vicoli: sono tutti luoghi della cultura popolare perché sono luoghi della rappresentazione. In Bodini la rappresentazione vive di una sua particolare fisionomia. E in questa rappresentazione c'è il riappropriarsi della terra e delle radici. Il sentimento del ritorno è un sentimento che non solo esplora i luoghi mitici della cultura popolare, ma attraverso il senso-parola-linguaggio si ritorna a quei luoghi che diventano come vorrebbe Pavese luoghi unici e sono tali perché un giorno lontano o meno sono stati vissuti da noi anche fisicamente. Bodini il suo Salento lo ha vissuto fisicamente. Ne ha catturato gli odori, i segni, le giornate, le albe, le notti, i sapori, i dolori. Ne ha catturato le ironie e le allegorie. Soltanto dopo tutto questo è diventato materiale poetico. Il luogo unico pavesiamo è non solo il luogo del mito-poesia è anche il luogo del mito-realtà-rappresentazione.

In un tale contesto la realtà i segni tangibili di una realtà che ritorna a vivere la si trova nel simbolo. Ad un certo punto la poesia di Bodini parla per mezzo dei simboli. Il paese è un simbolo perché il paese di Bodini parla per mezzo dei simboli. Il paese è un simbolo perché il paese di Bodini è un paese fermo nel tempo. L'infanzia di Bodini è una infanzia tracciata sul cuore del tempo. I viaggi di Bodini sono i viaggi alla ricerca di una centralità da riproporre.

Il sud di Bodini è un sud in cui la memoria ha voci antiche, ma penetranti. E basta poco per raccontarsi (in un incrocio tra linguaggio-poesia e richiami quasi ancestrali che però sono all'interno di una cultura contadina e popolare) in una sola immagine il sud:

"Tu non conosci il Sud, le case di calce

da cui uscivamo al sole come numeri

dalla faccia di un dado"

(da La luna dei Borboni).

Bodini lavora sui luoghi e sulle voci che sono all'interno del sentimento del ritorno. Nella cultura popolare il senso del ritorno equivale a tutto ciò che non è andato perduto. Tutto ciò che non è perduto ritorna a sottolineare l'identità delle dimensioni dalle quali il mito si fa protagonista. Nella cultura popolare in fondo c'è l'identità del mito, la quale come in questo caso, si fa ridefinizione poetica. Una coralità che richiama l’onirico della piazza – luogo reale – luogo metafora.

“Una chitarra al centro d’una piazza:

una piccola piazza

posta fra i muri bianchi come una foglia,

come un sorriso dimenticato”.

Bodini attraverso la sua poesia (e ci riferiamo sempre alla sua prima stagione poetica: La luna dei Borboni del 1952, Dopo la luna del 1956, La luna dei Borboni e altre poesie del 1962; la seconda stagione comincia con Metamor del 1967) porta sulla scena un percorso sul quale il sentimento popolare richiama viaggi nella magia, nel sogno, nella storia di un profondo sud, che riemerge con la tastiera dei suoi simboli e con il sangue di intere generazioni.

È “l'andalusismo salentino”, individuato da Donato Valli nella poetica bodiniana.

Lo si avverte nella spiritualità della rappresentazione, nel barocco, nell'impressionismo tutto meridionale, nella ricerca della favola e della fantasia che si fa mistero, nelle sottolineature della memoria che diventa presenza costante attraverso i simboli, nel sottolineare la presenza dei santi e di Cristo, nel recupero della metafora anche quando la passione poetica si fa realtà e mistero: si ricorda a tal proposito il verso sibillino dedicato a San Giuseppe da Copertino: "Un monaco rissoso vola tra gli alberi".Bodini allora percorre un tracciato ben preciso che affonda la sua meditazione nel campo dello spirito popolare. Uno dei simboli prioritari della sua poesia è la luna. Ma la luna anche per la cultura contadina è stata un simbolo dal quale poter ricavare tradizioni e riti. Un simbolo-messaggio, un simbolo-poesia, un simbolo-indicazione. Un simbolo che ha raccontato una storia personale ma ha anche raccontato la storia di una e di un recupero dell'anima antica del popolo che si serviva appunto dei simboli per catturare la vita nella sua quotidianità e nel suo presente. Un simbolo, il simbolo lunare in questo caso, come proiezione di una interpretazione e come chiave di lettura per fissare nella memoria i segni di una cultura ma che più che cultura era ed è vita. La luna è parte integrante di quel paesaggio di simboli e di valori che sono dentro la poetica del sud.

In Bodini la linea di una cultura popolare ha radici risorgimentali. E’ appunto nella linea risorgimentale che va inquadrato il pensiero estetico e critico di Bodini. In uno scritto apparso su "Esperienza poetica" Bodini ha affermato: "Vi sono epoche in cui, a somiglianza delle favolose età dell'oro, la società porge spontaneamente alla poesia il suo nutrimento; e la nostra età non è di quelle; dobbiamo lottare sul doppio fronte dell'espressione poetica e della elaborazione culturale, sempre col rischio di sbagliare, e con tale inquietudine, date appunto l'insicurezza e la contraddittorietà delle indicazioni che dà di sé la società in cui viviamo. (...) Fra tanta incertezza, ci atteniamo a questi termini forse un po' logori, forse poco fantastici: storia e geografia (ma non separate), e qualche altro concetto: il senso della letteratura nazionale e quello dell'identità nazionale-popolare, che giunge fino a noi da quella linea risorgimentale attraverso clandestinità e prigioni non metaforiche, come risultati di un ininterrotto travaglio di adeguazione al reale".

Nella concettualità di questa espressione si apprende come per Bodini l'anima nazionale-popolare ha segnato veramente una tappa importante per la sua formazione e per la sua identità poetica. Tutta la prima stagione della poesia di Bodini è all'interno della cultura e dello spirito popolare.

Bodini parla della provincia come tessuto all'interno del quale l'incontro tra cultura contadina-popolare e cultura dell'industria mostra tutta la sua differenziazione. La provincia dice Bodini, facendo la differenza tra il centro e la periferia e quindi tra due modelli di cultura, "ci sembrava insomma assai più autentica che la nazione, i cui problemi e linguaggio non riuscivano più a investirla e modificarla". Anche dal punto di vista della cultura la provincia costituiva, dice Bodini, un asse fondamentale che implicava problemi linguistici.

Ecco allora il ruolo della provincia: non come ghettizzazione o come emarginazione culturale e fisica ma come stimolo per una riscoperta della cultura del territorio. Attraverso la rivalutazione di questa cultura tutto un mondo ritorna ad essere vivo:

"tutto il paese vuole far sapere

che vive ancora

nell'ombra in cui rientra decapitato

un carrettiere dalle cave. Il buio,

com'è lungo nel Sud! Tardi s'accendono

le luci delle case e dei fantali".

Sono versi da "Foglie di tabacco"

in La luna dei Borboni e altre poesie

"Le donne portavano

fichi e uva passa

in fazzoletti dai colori sbiaditi

per il troppo lavarli"

(da Lecce- Bari).

"Sulla piazza di Torchiarolo

dalle case rosse e blu

le anime sante del purgatorio

invocano Maria e Gesù.

I ragazzi bussano ai vestri,

i vestri bussano all'ombra,

l'ombra chiede al setaccio

chi sarà il suo fidanzato.

Cade un tramonto ammantato

d'un sarape verde e viola"

(idem)

“In piazza, accoccolati

sulle ginocchia del Municipio

stanno i disoccupati

a prender l'oro del sole"

(da La luna dei Borboni).

La provincia allora diventa il luogo intorno al quale si muovono i simboli e le ironie. La provincia diventa l'identità delle radici. La provincia diventa serbatoio di una cultura popolare da riproporre attraverso, nel caso di Bodini, la parola, il canto, le assonanze e le immagini che sono magia e mistero, così come sono tali gli archetipi che sono alla base delle radici dello spirito popolare. La provincia e una espressione che condensa una cultura e un'anima.

È proprio la griglia simbolica primitiva e popolare che fa della poesia di Bodini una poesia del ritorno: una poesia che chiede al mito la restituzione di antichi archetipi. I luoghi unici sono i luoghi dell’infanzia e della giovinezza. Sono i luoghi che hanno lasciato la realtà per restare indicazione mitica. Solo attraverso il paesaggio simbolico la poesia si fa mito.

Vico e la sua lezione sulla memoria mitica è nello spirito popolare della poesia di Bodini. La dissoluzione del mito è nella consapevolezza della memoria.

"Quando tornai al mio paese nel Sud,

io mi sentivo morire"

Canta Bodini. C'è la dissoluzione dei miti e c'è la memoria che non è più partecipazione ma soltanto consapevolezza. Nonostante tutto si ha sempre bisogno di ritrovarsi in ciò che siamo stati. Bodini parla del sonno. Recita:

"Ma lasciamo un momento questa città.

Andiamo nel sonno andiamo a vedere che succede".

Questo andare nel sonno è un andare ai primordi, è scavare nella preistoria della coscienza, è penetrare l’alba o meglio il sogno antelucano. Occorre ritrovare la fede in questi valori.

"Siamo in un'età

di grandi riepiloghi"

È questa una delle incisioni profonde che fanno di Bodini un poeta che trova nella memoria, nella grande memoria del tempo, il ritorno alla religione dell'uomo. La parola di Bodini è parola che resta. L'appartenenza ad una terra è appartenenza a madre-natura grazie a un filo simbolico che lega la magia al mistero e la vita alla morte. Bodini è poeta di una ironia tutta meridionale e va all'interno del sonno per catturare la veglia del tempo. Il senso della primitività della parola è nel simbolo e nei segni che ci accompagnano e accompagnano l'uomo nella sua storia tra il passato e il futuro. La poesia di Bodini è canto è nella luce del passato e nel futuro che domanda di capire il passato. Lo spirito di una cultura è in questo viaggio.

Un viaggio che segna la clessidra dell’andare e ritornare e ritrovarsi.

Nella piazza sempre ci si ritrova.

“Lingua di fuoco pallido e sapore

di mela era sul viso della piazza

la luna”.


Marilena Cavallo

Testo messoci a disposizione dalla gentile autrice, che ringraziamo, nel mese di febbraio 2010

Tutto ciò che ti dono

 

Tutto ciò che ti dono

non t'interessa.

Guardi le grandi siepi

gialle,

e il ponticello senz'acqua

o la grottesca ira del pungitopo,

e pensi a un cielo più alto,

non quello su cui corrono

pattinando i miei occhi,

o le gare fra case ed erba, e i gialli

e rossi dei suoi fiori.

Un contadino catafratto spruzza

d'azzurro le sue viti:

se ne tinge il vento

capelli e dita per gioco.

E non è bello? E dunque? Noi viviamo

assieme da tanti anni,

e non posso sapere

cos'è che ti rattrista,

che respingi ogni cosa:

se è l'orgoglio e i belletti del piacere

o se il dispetto di non essere eterno.

 

Tratto da: Da Dopo la luna (1952-55)

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