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Capo Gallo - Isola delle Femmine

 

Capo Gallo - Isola delle Femmine

Area marina protetta

Basta allontanarsi di poco dal centro di Palermo per arrivare alla spiaggia di Mondello, una località turistica col sapore di altri tempi, caratterizzata da ampie spiagge, acque cristalline, eleganti villini e storici stabilimenti balneari in stile liberty. In precedenza Mondello era un borgo di pescatori, ed ospitava una delle numerose tonnare che punteggiano le coste siciliane, testimoni di un antico rapporto col mare. Questo piccolo gioiello è incastonato tra due imponenti montagne: a levante il Monte Pellegrino che domina Palermo, a ponente lo sperone di Capo Gallo. Qui ha inizio l'Area Marina Protetta, e il panorama cambia bruscamente: le spiagge sono sostituite da coste a picco, alte falesie su cui si rompono le onde del mare. Il faro di Capo Gallo dà il benvenuto al visitatore che proviene da Mondello, e domina questo panorama di confine tra il mondo urbanizzato e la solitudine selvaggia. Sembra che il nome Gallo derivi da un'espressione punica (Gal) che significa collina.

Poco prima delle grandi pareti a picco sul mare si incontrano i cosiddetti «marciapiedi a vermeti», considerati ormai una rarità nel Mediterraneo sempre più invaso dalla cementificazione delle coste. Si tratta di una fascia di scogli bassi sul mare, che vengono alternativamente coperti e scoperti dalla marea e dalle onde, dove crescono colonie di alghe bruno-rossastre. La denominazione di vermeti deriva dal fatto che su queste rocce prolificano dei minuscoli organismi che costruiscono tortuosi tubetti di calcare. Col passare del tempo le concrezioni dei nuovi individui si saldano su quelle precedenti, dando luogo a quello che sembra, in apparenza, un intrico di vermi, ma che è in realtà una solida concrezione di gusci calcarei. Questo microambiente costituisce il rifugio di numerosissime piccole creature. Basta proseguire di pochi metri verso il mare che, sott'acqua, lo scenario cambia bruscamente, con esplosioni di colori dovuti al coralligeno e a colonie di spugne.

Qui iniziano le grandi praterie di Posidonia Oceanica, che possono dare l'idea di come si presentava il Golfo di Palermo una cinquantina d'anni fa, prima che l'esplosione dell'urbanizzazione e dell'inquinamento, cancellassero questo ecosistema. L'Area Marina Protetta offre un'ampia serie d'itinerari subacquei guidati, sia per apneisti principianti, che per esperti «bombolari», che presentano difficoltà differenziate, ma sono sempre molto interessanti. In particolare vi sono sette percorsi naturalistici sommersi, tre in Zona-B (riserva generale) e quattro in Zona-C (riserva parziale), che sono stati descritti all'interno della guida «Percorsi Naturalistici» dell'AMP, edita da BlueLife nell'estate 2004 per conto del Ministero dell'Ambiente e del Consorzio di gestione che raggruppa la Capitaneria di Porto di Palermo, il Comune di Palermo ed il Comune di Isola delle Femmine. L'AMP ospita anche un altro gioiello naturalistico che, trovandosi nella Zona-A di massimo rispetto non può essere visitato, ma che è stato ugualmente descritto dalla guida, per farlo comunque conoscere al pubblico. Si tratta della Grotta della Mazzara, una profonda cavità la cui apertura si trova completamente immersa, ma che al suo interno ha un'ampia volta emersa ed una piccola spiaggia. Questa grotta ospita alcune specie singolari che, vivendo in quest'ambiente inconsueto hanno sviluppato a volte caratteristiche diverse da quelle che vivono altrove, come un tipo di spugna bianca, vista l'assenza delle abituali microscopiche alghe simbionti che solitamente conferiscono una colorazione rossastra, o il piccolo gambero vinaio, con un carapace fittamente maculato in nero e giallo.

Le falesie di Capo Gallo ospitano un complesso sistema di cavità carsiche, formatesi per erosione nel calcare. La Grotta dell'Olio è un tipico esempio di questo ambiente. Può essere visitata solo nell'ambito di immersioni organizzate da centri autorizzati, trovandosi in Zona-B. All'esterno della grotta c'è un imponente arco di roccia sommerso, residuo della volta di un'antica caverna. Le pareti della scogliera circostanti all'ingresso sono colorate per la presenza di coralligeno e di numerose attinie. Non mancano le numerose tane di murena con le classiche fattezze minacciose dovute alle fauci sempre aperte per la particolare tipologia della respirazione.

All'interno della grotta, la cui volta a cupola ha un'altezza di circa 10 metri, il visitatore può scoprire lo strano effetto del silenzio in cui si distingue in sottofondo, tuttavia l'eco del mare amplificato dalla volta rocciosa. Sul cielo della grotta una fenditura permette l'entrata della luce, dando luogo ad un vero e proprio spot luminoso, che valorizza l'intenso color turchese dell'acqua ed il candore del fondale di sabbia bianca.

Poco lontano dalla Grotta dell'Olio vi è un altro anfratto sommerso a una profondità di 13 m, un vero e proprio tunnel sottomarino, testimone di antichi crolli. Il percorso subacqueo consente di osservare numerose colonie di invertebrati, talvolta molto colorati, che testimoniano la buona qualità di queste acque non toccate dall'inquinamento. Si consiglia di non penetrare all'interno del tunnel, per evitare che le bolle emesse dal respiratore possano danneggiare le creature che vivono sulla volta. L'uso dell'autorespiratore ad ossigeno (ARO) è peraltro poco consigliabile, dato che la profondità è al limite di sicurezza per questo tipo di apparati. Agli ingressi del tunnel è possibile osservare aragoste e cicale di mare ed i minuscoli pesci dall'intenso colore rosso, noti come «re di triglie».

Il successivo percorso subacqueo porta alle cosiddette Paleo-rive, ovvero a due bruschi gradini, situati a circa 300 m dalla costa, ad una profondità di 25 m e di 35 m. Questi gradini alti un paio di metri, sono la testimonianza della linea di costa durante l'ultima glaciazioni tra i 10 mila ed il 20 mila anni fa. L'immersione, nel blu dell'acqua limpida, porta ad esplorare queste piccole pareti verticali sul fondale sabbioso coperto da alghe. I piccoli anfratti sulle pareti, causati dall'antica erosione del moto ondoso, offrono riparo a numerose creature. Non mancano di conseguenza anche i predatori di scoglio, come le cernie, anche alcuni esemplari piuttosto grandi, gli scorfani, ed i branchi di saraghi.

Il fondale

L'Isola delle Femmine è l'unica delle coste settentrionali della Sicilia. Secondo alcuni il nome non deriva dalla (poetica?) presenza di fanciulle pronte ad accogliere i marinai, ma da un termine arabo fim che significa fenditura. La parte occidentale dell'Isola delle Femmine si trova nella Zona-A di massima tutela, mentre il resto è in Zona-B. La bassa costa dell'isolotto precipita verticalmente verso il fondale. Dopo i primi 20 m, ricoperti da una fitta vegetazione di alghe, si incontrano gli spettacolari ventagli ramificati della gorgonia rossa. Il risultato, almeno esteticamente, non ha nulla da invidiare alle più «nobili» colonie di corallo che crescono in acque profonde. È abbastanza frequente trovare abbarbicate a questi rami le uova dei piccoli squali gattucci. La presenza di grandi branchi di piccoli pesci costituisce un inevitabile richiamo per i più grossi predatori stanziali, come la cernia bruna, o per quelli pelagici, tonni, ricciole, palamite, e talvolta pesci luna, dalla grande ed inconsueta pinna dorsale triangolare, che in alcune occasioni crea ingiustificati allarmi tra i bagnanti.

Sferracavallo

Al largo della punta di Sferracavallo su di un fondale di quasi 50 m, s'incontra il relitto di un velivolo da trasporto tedesco (uno «Ju-52») abbattuto durante la seconda guerra mondiale. L'aereo giace sul dorso, con il timone di coda e la cabina invisibili perchè immersi nella sabbia. Come tutti i relitti è sicuramente una meta emozionante, ma accessibile solo a subacquei esperti e ben equipaggiati. La fusoliera è divenuta la casa di numerosi gronghi, polpi e murene, che hanno colonizzato ogni anfratto, compreso i motori.

Se i fondali dell'AMP offrono grandi attrattive sono stati intelligentemente preservati e valorizzati, lo stesso non si può dire di alcuni tratti della costa vicina. All'estremità occidentale della riserva ci si imbatte in un'accozzaglia di orribili villini squadrati costruiti abusivamente sulle spiagge, e gli stabilimenti balneari sorgono all'ombra di ciminiere e capannoni industriali. Un progetto di espansione dell'area protetta potrebbe portare invece all'allargamento verso Est collegandosi alla Riserva marina di Capo Zafferano, auspicabilmente comprendendovi anche zone di sicuro pregio ambientale quali la Secca di Chianca e lo Scoglio Formica.


Articolo tratto dal Supplemento alla Rivista Marittima, agosto 2005

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