Numismatica

Le iniziali dell'incisore Andrea Cariello su alcuni 10 Tornesi di Ferdinando II di Borbone

A cura di Francesco Di Rauso

Si ringraziano per la gentile collaborazione e concessione delle immagini i sigg. Eros Guglielmo, Massimo Bertozzi e Augusto D’Anna.

È strano come si possano passare ore o interi giorni ad osservare le proprie monete nell’intento di scorgere un nuovo particolare involontariamente trascurato a prima vista. In genere ci soffermiamo ad osservare parti di una moneta che per scontato ci fanno stabilire lo stato di conservazione o il grado di rarità, eppure…… quando meno te lo aspetti ti capita di scoprire, talvolta in maniera fortuita, una variante o un particolare inconsueto per quel determinato tipo di moneta. In questo articolo studieremo la presenza delle sigle “A. C.”, iniziali dell’incisore Andrea Cariello[1], su alcuni 10 Tornesi napoletani datati 1847 del tipo “Testa Grande”.

Ritratto di Ferdinando II Re del Regno delle Due Sicilie (olio su tela, firmato “P. La Monica F. 1851” cm 80x64). Coll. Salvatore D'Auria

Eviteremo di riportare in questo articolo la biografia di Ferdinando II di Borbone e delle varie vicende del regno, argomenti questi, abbondantemente narrati e commentati in altre sedi, daremo però brevi spunti a carattere generale sul contesto storico di questo sovrano per comprendere al meglio una delle monetazioni più collezionate e stimate dai numismatici.

Durante il periodo di regno di Ferdinando II, nelle Due Sicilie si vissero anni di prosperità economica e di conquiste socio-culturali, vi fu un diffuso benessere e si raggiunse una serie interminabile di primati economici e tecnologici fino ad allora detenuti esclusivamente da nazioni come Francia e Inghilterra. Nel 1830 il giovane Ferdinando ereditò una situazione difficile ma seppe essere all’altezza, si impegnò concretamente in primis per il bene della nazione emanando leggi di indiscutibile utilità e facendo ricorso in molti casi, alla cassa personale affinché si affrontassero i problemi reali del suo popolo, fu un sovrano di carattere forte e deciso e per questo attirò l’odio e le invidie di coloro che mal sopportavano il suo energico temperamento. Dopo le prime rotture con l’Inghilterra a causa dei mancati accordi sullo sfruttamento dello zolfo in Sicilia e le mire espansionistiche del Piemonte sulla penisola italiana, ebbe inizio oltre confine un inarrestabile danneggiamento dell’immagine del sovrano e del suo regno. Il Borbone venne etichettato come despota o peggio ancora. Un sovrano e un regno vittime di una politica diffamatoria internazionale, uno dei più noti esponenti di questa politica è tristemente noto con il nome di William Ewart Gladstone [2] che nel 1888 ammise di aver fatto simili affermazioni senza mai averne verificato l’attendibilità, queste menzogne si rivelarono poi, efficaci strumenti atti a creare malcontento e a preparare il terreno all’invasione piemontese del 1860.

Attraverso lo studio della numismatica e delle medaglie è facile smentire a distanza di oltre un secolo e mezzo ciò che di negativo venne e viene scritto sulle Due Sicilie. Al momento dell’annessione al Piemonte, nel meridione vi erano gli oltre due terzi delle riserve auree italiane e di numerose strutture industriali che fecero di questo regno una potenza mondiale.

L’abbondante coniazione di monete nei tre metalli che vi fu nei 127 anni di autonomia dinastica meridionale (1734 – 1861), testimonia tale ricchezza e tutto ciò che venne prodotto nella zecca di Napoli e Palermo fu espressione di una arte superiore incentivata e seguita personalmente dai sovrani borbonici. Documenti d’epoca narrano, ad esempio, che Ferdinando II stabilì a lavoro ultimato che alcuni incisori di medaglie percepissero compensi superiori a quelli stabiliti inizialmente (Cfr. Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano del 1939), una forma questa di incentivazione che non poteva essere dettata se non da criteri meritocratici tipici del buongoverno borbonico.

Andrea Cariello [3] fu uno dei più validi incisori napoletani del suo tempo ed è il protagonista principale di questo articolo.

Nell’ottocento furono pochissimi i tipi di monete napoletane ad avere la firma dell’incisore, uno di questi è il 40 Franchi in oro del 1810, qui le iniziali del Morghen sono in rilievo nel taglio del collo di Gioacchino Murat. Si dovranno poi attendere gli ultimi anni di regno per trovare la firma in incuso dell’incisore Luigi Arnaud sui due nominali (di grande modulo) di Francesco II di Borbone (datati 1859).

Ritengo doveroso evidenziare la difficoltà tecnica per la battitura delle due piccole lettere in incuso su un tondello di una moneta; per rendere possibile tale operazione, il conio avrebbe dovuto avere le stesse ma in rilievo, in modo tale da poterle battere in negativo e non in rilievo. Infatti, proprio per questa situazione anomala, si è inizialmente portati a mettere in dubbio l’autenticità di tutto ciò che è in incuso su una moneta. Anche su questo 10 Tornesi vi furono inizialmente dei dubbi ma svaniti subito nel momento in cui, per pura combinazione, si è scoperto che anche su altri esemplari del 1847 “Testa grande” vi sono le stesse sigle…. e per giunta……. ubicate perfettamente nello stesso punto del dritto, una particolarità quest’ultima che ci fa escludere l’apposizione di queste con metodi artigianali. Ipotizzando che fossero state poste successivamente alla coniazione; quale fu il motivo che spinse chicchessia a fare una simile operazione? Con che tipo di attrezzatura fu possibile incudere con precisione maniacale delle lettere così piccole senza lasciar tracce marginali di tale operazione maldestra e senza cambiare posizione da un esemplare all’altro? Se vi sono dubbi sull’autenticità di queste sigle, allora si dovranno mettere in discussione tutte le sigle in incuso presenti nelle migliaia di monete di Francesco II di Borbone. I nominali in argento da 120 Grana e quelli in rame da 10 Tornesi napoletani di Francesco II di Borbone del 1859 hanno in comune lo stesso ritratto e presentano in entrambi i casi le sigle in carattere corsivo “L. A.”, iniziali dell’incisore Luigi Arnaud, altro grande incisore di medaglie napoletane, rimasto in carica a Napoli fino al 1871 [4] e figlio dell’incisore Achille Arnaud.

Opus: Luigi Arnaud

Monete da 120 Grana e da 10 Tornesi del 1859 con l’effigie di Francesco II di Borbone (solo dritto). Clicca sulle immagini per ingrandirle

Andrea Cariello è senza ombra di dubbio l’incisore siglatosi sui 10 Tornesi presi in esame (immagini 2, 3 e 4) e fu un artista di ineccepibile bravura (cfr. biografia in nota 3), alcune documentazioni narrano di un Cariello scultore, decoratore e incisore, sono documentati inoltre, alcuni suoi lavori di precisione su pietre dure. Vengono riportate qui di seguito alcune lettere di archivio riguardanti una sua opera in particolare. Leggendo ciò siamo portati a pensare che la difficoltà sopraggiunta alla coniazione di due semplici lettere in incuso su tondelli da 10 Tornesi fu sicuramente cosa da poco se viene paragonata alle sue opere di inusitata precisione e per le quali vennero affrontate ben più grandi difficoltà tecniche. Con la scoperta di queste lettere in incuso, il Cariello e l’Arnaud, risultano al momento come unici incisori ad aver apposto, arbitrariamente o meno, le loro iniziali su monete napoletane (nell’800 borbonico). Se si prende in considerazione il corpus delle loro medaglie è chiaro che entrambi ebbero in comune qualità artistiche insuperabili. Nel decreto del 20 Aprile 1818 si stabilirono regole ben precise riguardanti caratteristiche e bontà dei metalli per le monete in oro, argento e rame. Nel titolo V di questo decreto, e precisamente nell’articolo 18, vennero stabilite (regnando Ferdinando I) anche le leggende dei dritti, rovesci e dei tagli delle diverse monete, è sottinteso quindi che, in base a quanto decretato, non vennero ammessi ulteriori simboli o scritte. Il motivo della presenza di due sigle misteriose solo su alcuni esemplari e non su tutti è da attribuire forse ad un’iniziativa personale del Cariello e fatta con l’intento di suggellare il suo nome a dispetto delle regole e farle passare inosservate agli occhi della Commissione [5], se queste fossero state autorizzate dalla direzione sarebbero state apposte su tutte le monete di quel millesimo o di quella tipologia e certamente non misteriosamente piccole. A ragion del vero, le iniziali dell’Arnaud sulla monetazione di Francesco II del 1859 furono senza ombra di dubbio autorizzate dal giovane sovrano delle Due Sicilie, diversamente, non sarebbero state apposte su tutti gli esemplari da 120 Grana e 10 Tornesi napoletani.

Lettera dell'Archeologo Mons. Galante.Vi sono tenutissimo pel piacere datomi di avermi fatto osservare questo prezioso cimelio del Salvatore, che spezza il pane; lavoro veramente ammirabile, di cui non ricordo di aver veduto mai altro simile. Non solamente è meraviglioso per la rara grandezza della pietra, in cui è lavorato, ma per la squisitezza dell'arte, con cui è condotto. Con sentimento di stima mi riaffermo. Dev.mo Mons. Galante.” Lettera di Boucheron, uno dei principali gioiellieri di Francia.In riscontro alla vostra lettera del 22 corr. (scriveva nel Gennaio 1900 al figlio dell'artista) il signor Boucheron m'incarica dirvi, che gli è affatto impossibile stabilire un valore per la vostra grande gemma mancandogli il paragone per valutarla.” Per F. Boucheron: A. Radine

(La gemma alla quale si riferisce sopra-citata documentazione è citata nella nota 3 di questo articolo riguardo la biografia del Cariello).

Fig.1: 10 Tornesi del II tipo. Coniato a Napoli. Diam. 38mm. Gr. 31,18. Al dr./ FERDINANDVS II . D. G. REGNI VTR. SIC. ET HIER. REX *. Testa del Re a destra. Al rov./ Corona reale / TORNESI / DIECI. All’esergo 1847. (Pannuti Riccio 192. Gigante 194)

Opus: Andrea Cariello

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Fig.2: 10 Tornesi del III tipo (testa grande). Coniato a Napoli. Diam. 38mm. Gr. 31,15. Al dr./ FERDINANDVS II . D. G. REGNI VTR. SIC. ET HIER. REX *. Testa del Re a destra. Nel taglio del collo. A. C. (in incuso). Al rov./ Corona reale / TORNESI / DIECI. All’esergo 1847. (Pannuti Riccio 198bis. Gigante 201)

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Fig. 2a: 10 tornesi 1847 testa grande particolare obliquo

Fig. 2b: 10 tornesi 1847 testa grande particolare obliquo

I 10 Tornesi di Ferdinando II del II e III tipo si differenziano tra loro per l’espressione e le dimensioni del ritratto del sovrano, queste ultime più evidenti nelle superficie delle guance (dette differenze sono riscontrabili anche nei 120 Grana in argento del IV e V tipo del 1841). Nel III tipo le dimensioni dell’effigie sono lievemente maggiori rispetto a quelle del secondo tipo e l’espressione del viso è più colorita. Esistono poi delle varianti per quanto concerne la grandezza dei caratteri al rovescio della scritta TORNESI DIECI ma queste ultime, essendo delle semplici varianti, non influiscono in alcun modo nella distinzione tra i due tipi. Sia nel Pannuti - Riccio che nel Gigante si fa distinzione dei due tipi in base ai criteri sopra-citati e non in base alla grandezza delle lettere al rovescio.

Fig. 3

Fig. 3a

Fig. 4

Fig. 4a

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Le iniziali in questione, come già accennato, sono ben visibili in altri esemplari da 10 Tornesi del 1847 “Testa grande” (immagini 3 e 4) e la loro esistenza è stata di recente segnalata da un simpatico signore milanese di nome Eros Guglielmo in una determinata sezione numismatica gestita dal sottoscritto sul forum www.lamoneta.it. In realtà questo signore ammetterà successivamente che la moneta stava per essere acquistata da lui ma dopo aver fatto notare al venditore, in fase di trattativa, due taglietti superficiali al dritto, l’incredibile scoperta sotto la lente d’ingrandimento è stata inevitabile! Per la stesura di questo articolo ho ritenuto opportuno contattare il proprietario della moneta (immagine 2) chiedendogli altre immagini più dettagliate affinché l’articolo venisse corredato al meglio, fortunatamente c’è stata molta disponibilità da parte dei due scopritori. L’esemplare in questione è in buono stato di conservazione e quindi le sigle si scorgono in maniera molto nitida, un po’ meno nitide ma evidenti sono quelle sull’esemplare nell’immagine 3 per via dello stato di conservazione (intorno al BB), nell’immagine 4 invece, a causa della bassa risoluzione dell’immagine proveniente da un catalogo d’asta, vi è poca nitidezza, ma quanto basta per scorgere anche qui le sigle.

Riteniamo impossibile, in caso di mancanza delle sigle “A. C.” e di documentazione ad esse riferite, attribuire al Cariello la paternità di questa effigie per tutte le altre monete napoletane da 120 Grana 1841 (V tipo) e da 10 Tornesi 1841, 1844, 1846 e 1847 (III tipo). In numismatica c’è bisogno di certezze e al momento l’unica certezza è presente nelle due sigle …… “A. C.”.

Osservazioni su Andrea Cariello

e sul suo primo lavoro alla zecca di Napoli

Nel Decreto 2329 del 17 Marzo del 1829 firmato dal Re Francesco I di Borbone vi è “il regolamento riguardante i lavori che eseguirsi debbono nel Gabinetto d’incisione dell’Amministrazione generale delle monete, il metodo del servizio e le attribuzioni di ciascuno degl’impiegati” . La riforma entrò in vigore il 1° Gennaio 1830. Secondo l’articolo 6 di questo decreto “Gli alunni si occuperanno a’bozzi dei disegni sotto l’ispezione del Direttore, e s’instruiranno nel bollino presso quegl’incisori che crederà di assegnare loro il Direttore”. In base a quanto decretato è chiaro che agli alunni verrà difficilmente affidata l’incisione l’opportunità di firmare conii per medaglie o monete.

Nel rovescio della medaglia dedicata da Cariello a Francesco I di Borbone, coniata prima del Novembre 1830 (cfr. immagine 5), il ventitreenne artista volle sottolineare il suo contributo come Alunno del Gabinetto d’incisione e non come incisore della zecca. Il Rega e il De Rosa autorizzarono ed approvarono tale opera, tanto da decretare un quantitativo di metallo prezioso a disposizione di un alunno per il suo primo personale omaggio numismatico “all’Ottimo Principe”.

Opus: Andrea Cariello

Fig. 5: Medaglia (1830) in argento. Diam. 35 mm. Coniata a Napoli per omaggio al re Francesco I di Borbone. Al dr./ FRANCESCO I . RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE P. F. A. Testa a destra del Re. In basso A. CARRIELLO F. / F. REGA D. Al rov./ Nel campo: ANDREA CARRIELLO / ALUNNO DEL GABINETTO D’INCISIONE / QUESTO SUO PRIMO LAVORO / ALL’OTTIMO PRINCIPE / OFFRE E CONSACRA. In basso: P. DE ROSA M. P. (Ricciardi 157. D’Auria 161)

Fonte dell’immagine. D’Auria Salvatore. Il Medagliere, avvenimenti al Regno delle Due Sicilie, già Regno di Napoli e Regno di Sicilia, 1735-1861.

Ciò che rende questa medaglia interessante, è la versione del cognome al dritto e al rovescio di Carriello e non Cariello. Un soprannome? Un errore fatto di proposito? Per quale motivo? Il cognome vero fu Cariello e a tal proposito basti ammirare la splendida serie di medaglie napoletane di medio e grande modulo degli anni successivi. Non basterebbe tempo e spazio sufficiente in un articolo per illustrarle e commentarle tutte, cito ad esempio quella datata 1836 per il completamento della basilica di S. Francesco di Paola e per la nascita di Francesco Duca di Calabria, quest’ultima datata 1836 e coniata nel 1842 a causa della bocciatura iniziale da parte del Re del primo progetto e l’approvazione del modello del Cariello. In tutte queste, la firma dell’artista è inconfondibile e ben leggibile “Andrea Cariello” e non “Carriello”.


Note

[1] L’attribuzione di queste sigle al Cariello è confermata dal fatto che questo artista nel 1847 fu un incisore nel pieno della sua carica alla zecca partenopea e l’usanza di siglare una moneta nel dritto (in questo caso nel taglio del collo) fu tipica degli incisori dei dritti e non di funzionari della zecca come ad esempio Maestri di zecca o di Prova. Tuttavia, queste sigle meritano ulteriori indagini ed approfondimenti e saranno oggetto di eventuali prossimi studi successivi alla consultazioni da parte del sottoscritto degli archivi storici e della zecca (Napoli).

[2] In Italia Lord Gladstone è tristemente famoso per la lettera che inviò nel 1851 a Lord Aberdeen, intrisa di concetti sprezzanti nei confronti dei Borbone, definiti addirittura: "Negazione di Dio". La lettera ebbe larga eco in tutta l'Europa, contribuendo in modo sensibile alla campagna diffamatoria nei confronti della Casa Regnante. In realtà essa fu concepita ad arte su iniziativa di Palmerston, come lo stesso Gladstone dichiarò in occasione del suo ritorno a Napoli, nel 1888. Amante dell'Italia e della sua lingua, a partire dal 23 dicembre 1893 Lord Gladstone fu socio corrispondente dell'Accademia della Crusca. Fonte: Wikipedia

[3] Andrea Cariello (Padula, 1 dicembre 1807 - Napoli, 1870) è stato uno scultore e incisore italiano. Figlio di un modesto artigiano, dimostrò molto presto spiccate tendenze artistiche. A quindici anni era allievo di uno scultore in legno a Napoli; passò poi alla scuola di glittica di F. Rega all'Istituto di Belle Arti e si distinse come incisore di pietre dure e medaglista. Il re delle Due Sicilie Ferdinando II lo chiamò come incisore alla Zecca Reale dal 1831. In questo periodo coniò molte medaglie, tutte caratterizzate dalla classica compostezza dei ritratti. In materia di scultura si cimentò nei busti marmorei di Ferdinando II e nel ritratto della Regina Madre. Lavorò inoltre agli stucchi che decorano le volte del palazzo reale di Napoli, particolarmente nella sala del trono. Nel 1843 passò a decorare la Reggia di Caserta insieme con altri artisti. Divenuto molto noto anche fuori del Regno delle Due Sicilie, venne invitato dal Primo Ministro C. Moore a Londra per assumere l'incarico di direttore della Zecca britannica, ma rifiutò per rimanere a Napoli. Tra le numerose altre opere di scultura (bronzetti, terrecotte, gessi) ed incisione (medaglie e monete). Il capolavoro del Cariello consiste in una incisione su un topazio del peso di 1,591 kg raffigurante "Il Redentore che spezza il pane eucaristico", la cui foto compare nella rivista "La Tribuna Illustrata" del 31 agosto 1902. Di tale inestimabile pietra preziosa, definita da una commissione francese di esperti "il più grande gioiello artistico del mondo", dopo il 1914, anno in cui verosimilmente fu messa in vendita, non si hanno più notizie. Fonte Wikipedia.

[4] La zecca di Napoli batté la sua ultima moneta nel 1866 (5 Lire argento) ma il gabinetto d’incisione funzionò anche dopo tale data per la coniazione di sole medaglie. L’ultima medaglia firmata dall’Arnaud è quella del 1871 per l’esposizione internazione delle industrie marittime in Italia. Cfr. asta Varesi 49 – Utriusque Sicilie, Aprile 2007, lotto 366.

[5] La Commissione, come citato nell’articolo 19 del Decreto del 20 Aprile 1818: Le monete fabbricate nella nostra zecca non potranno essere messe in corso se prima non ne sia stato verificato il titolo ed il peso, a’ termini della presente legge. …… Art. 22: I saggi di titolo saranno fatti con tutte le regole chimiche, e saranno depositati nella nostra zecca. In caso di frode nella esecuzione dei saggi, gli autori, fautori e complici saranno puniti come monetari falsi. ………. Le sigle A.C., in considerazione dei controlli sul solo titolo e peso passarono sicuramente inosservate.


Articolo pubblicato nel mese di Marzo 2010

Pubblicazione on-line di Luglio 2010

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