Pensiero Meridiano

Il grillo, garante del “bellissimo”

ovvero nebbia fitta: visibilità nulla!

di Antonio Casolaro

A ciò va aggiunto che non è dato sapere quando l’alta pressione recupererà il bel tempo o meglio il tempo che possa consentire di veder più chiaro e quindi monti, dune, colline, mari e fiumi, ma soprattutto uomini, donne, personaggi in cerca di autore, attori o sedicenti tali, comprimari e figuranti, ballerine di prima, seconda e terza fila della commedia che si sta recitando sul palcoscenico del paese, il cui esito l’autore non ha scritto e che proprio per questa ragione può concludersi in tragedia o farsa.

Il nostro, a mio parere, è un paese che forse non è mai diventato adulto. Il percorso che lo avrebbe dovuto portare alla maggiore età, all’età dello sviluppo psico-fisico completo, come pure si dice, si è interrotto ed una sorta come dire d’infantilismo di ritorno ne ha bloccato il cammino.

Tanto per fare un esempio nelle elezioni che si tennero il 16 novembre del 1919 i fascisti non riuscirono ad eleggere alcun rappresentante al Parlamento, eppure nell’arco di nemmeno tre anni Mussolini divenne primo ministro imponendo al paese una dittatura ultraventennale. La contrapposizione tra Nitti e Giolitti, il vuoto di potere che ne derivò per l’incapacità, ma anche per la testardaggine del politico di Mondovì e di quello di Melfi determinarono lo stallo che non trovò efficace soluzione con Facta, il quale proprio per la debolezza caratteriale e politica dopo l’infelice primo mandato successe a se stesso determinando l’incancrenirsi della situazione. Il 28 ottobre del 1922 gli doveva succedere Salandra al quale il Re voleva conferire l’incarico, ma era troppo tardi. Infatti il giorno dopo l’ex socialista massimalista di Predappio, che si trovava in prigione a Milano per l’opera di sobillazione svolta nei confronti di un reggimento di soldati, riceveva l’investitura per formare il governo: il resto è storia nota e amara.

Fin qui il passato, ma alla luce appunto di quello che è avvenuto è lecito chiedersi se quegli eventi possano ripetersi ? Machiavelli come sappiamo ha una concezione ciclica della storia: “Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi” scrisse nel suo “Principe”, motivo per cui non è detto che nel clima di populismo esplicito o sottinteso che sia, il paese, ingabbiato in una crisi che manco a dirlo ha il sapore del déjà vu per le analogie e le simmetrie che presenta rispetto a quella del ’29, non possa incorrere in scelte avventuriste. Il paese, il nostro paese è fermo da anni, anzi regredisce: è una nave alla deriva. In questa realtà è possibile pensare che tanti giovani possano essere esclusi dal lavoro in modo permanente e che tante donne e tanti uomini non pervengano all’età della pensione? Certamente si ! Quanti della classe dirigente degli ultimi vent’anni hanno capito la drammaticità che il paese vive? Stando a come hanno agito, pochi ! Quanti oggi hanno preso coscienza che le richieste delle riforme per stimolare produttività e potenziale di crescita hanno significato per le economie di mezzo mondo risanare il settore bancario ? Ciò ha voluto dire provvedere a trasferire nel sistema bancario in buona parte sull’orlo del fallimento per effetto dei derivati o titoli spazzatura, quantità immense di liquidità sottratte ai lavoratori, ai pensionati, ai disoccupati al sistema di sicurezza sociale in genere e la disperazione quotidiana a cui si assiste, finanche con il suicidio come quello di Civitanova Marche la cui colpa incommensurabile ricade interamente sul ceto politico (partiti, sindacati, chiesa) è la prova del disastro.

Le elezioni del 24 e 25 febbraio hanno spaccato il paese sostanzialmente in tre con una lieve maggioranza del PD, che nell’arco di un mese ha visto via, via diminuire il suo consenso fino al punto che è ragionevole pensare che se il corpo elettorale si fosse espresso quindici giorni dopo il blocco sociale del “corazziere di Arcore” avrebbe anche potuto superare la coalizione di csx.

Il ritorno del “caimano”, al di là delle capacità del personaggio di recuperare e convincere il proprio elettorato, trova supporto e spiegazione nel blocco sociale reazionario che s’identifica in lui e che coinvolge strati popolari importanti. Se ciò è vero come a me sembra commette un grave errore chi si ferma agli aspetti da commedia all’italiana, agli elementi boccacceschi, al ridicolo che “l’immortale” porta con sé. Con questo non s’intende assolvere il folklore, che comunque merita disprezzo, ma proprio perché si tratta di folklore alla fine è qualcosa di popolare. In conclusione il blocco sociale riunisce ceti capitalisti e ceti di classe subalterne uniti da una comunanza d’interessi, che promuovono una ideologia. Molti ancora oggi insistono sul ruolo che ha avuto la televisione nella costruzione della ideologia. Ciò è vero ed il suo ruolo ha concorso a realizzare le coscienze e a creare una visione del mondo corrispondente al sistema di governo del “caimano”. Tuttavia non è stata solo la televisione a formare l’ideologia, ma soprattutto sono state le pratiche reali. La corruzione apparentemente è un’anomalia, mentre per il blocco del “caimano” è una forma disciplinare della società. Corruzione e agire sociale sono correlati ed in forza di ciò è lecito affermare che la corruzione produce potere e quindi consenso. Si può concludere rispetto a quanto fino ad ora descritto ed affermato che il rosario quotidiano dei comportamenti illeciti di politici, amministratori pubblici e privati può essere definito lo spirito del tempo, “la normalità” come la raccomandazione che ha determinato per larga parte la classe dirigente egemone ed il caimano di questo spirito è il suo profeta.

A ciò va aggiunto che l’inossidabilità del “caimano” deriva dal fatto che in tutti questi anni – quasi trenta ormai – ha sempre trovato un salvagente lanciatogli da destra o da sinistra che lo hanno tirato fuori dalle sabbie mobili in cui si era cacciato e dove era in procinto di scomparire. La sinistra bisogna dirlo con estrema chiarezza ha condiviso e partecipato al recupero. Ma c’è di più: gli avversari che non hanno infierito e che gli hanno consentito di risollevarsi e che si aspettavano benevolenza e riconoscenza o sono stati distrutti o sono in procinto di esserlo (penso per esempio alla Lega!).

La terza forza è stata espressa dal movimento 5S di Beppe Grillo. Bene su questo movimento forse si sono sottolineati a giusta ragione gli aspetti negativi, le rappresentazioni anche infelici forse di dispute, diatribe e di giudizi negativi nei confronti del PD e del Pdl, che si sono trasformate di fatto in critiche incalzanti e continue verso le istituzioni.

Eppure il M5S non sembra un movimento spurio, una sorta cioè di armata brancaleoni. Infatti secondo uno studio eseguito da uno dei migliori istituti di ricerca del nostro paese all’inizio dello scorso anno – gennaio/febbraio 2012 -, la fascia di italiani che optava per il M5S era composta per quasi i due terzi da un elettorato prevalentemente maschile, residente nel Nord-Ovest e nel Centro-Nord, abitante in città grandi con scolarità elevata. A tale riguardo risultava che il 75% degli aderenti era in possesso di un titolo superiore alla scuola dell’obbligo. Anche dal punto di vista politico l’indagine ha presentato risultati interessanti. Infatti quasi il 70% degli elettori del M5S rispetto al 48% delle altre formazioni politiche avevano interesse per la politica e avevano precedenti storie elettorali di sinistra o, per almeno un quarto, di diserzione alle urne.

Questi primi e sommari dati denunciano tuttavia un fatto che è quello della consapevolezza dell’elettorato del movimento 5S e quindi delle sue richieste, che, fondamentalmente si traducono nella critica senza se e senza ma al PD ed al Pdl, alla loro incapacità di rinnovarsi, di trasformare dalle fondamenta la politica, di recuperare il significato dell’eletto nei vari livelli istituzionali inteso come impegno al servizio del cittadino e non come percorso di arricchimento individuale senza limiti a carico dell’erario e quindi della comunità che vi partecipa mediante il fisco.

Di qui lo stallo nel quale si è lanciato con opportunistica intelligenza “il caimano” che con la proposta delle larghe intese seduce una parte dell’elettorato inconsapevole, che si tradurranno in adesioni al proprio programma, semmai lo abbia, nelle elezioni di giugno - se si terranno - riducendo il possibile bacino elettorale del csx obbiettivamente in crisi, perché incapace di formulare una proposta al paese sulla quale alla fine il Parlamento si sarebbe dovuto pronunciare.

In conclusione, se di conclusione si può dire che l’editoriale di Aprile del Portale trova la sua legittimità nella capacità di aver ben chiarito il limite della strategia del M5S, che è quello di non aver tenuto presente che il paese non ha più tempo e che proprio per questo un’azione di logoramento che dovrebbe tradursi nel continuo abbandono dell’elettorato del PD e del Pdl per spostarsi nelle file del movimento di Grillo non è automatico. E’ più facile forse che il M5S si ridimensioni, certo non in modo eclatante, ma l’exploit di febbraio è difficile che possa ripetersi. In questa prospettiva comunque vada il Paese ha tutto da perdere. Ed hanno da perdere ancor più le regioni meridionali eternamente alla ricerca del proprio riscatto, che se non avviene innanzitutto sul piano materiale cioè liberandosi dal bisogno, dalla precarietà permanente, continuerà a rinnovarsi la subalternità al gerarca locale, al possibile dispensatore del piacere spicciolo o al sostenitore del grande progetto, della cattedrale nel deserto costruita col danaro pubblico incapace per questa ragione di vivere e svilupparsi autonomamente cioè di essere in grado di affrontare l’economia reale con produzioni di eccellenza.

Il 18 Aprile (quello del ’48 fu una debacle per la sx!) iniziano le elezioni a camere riunite per il presidente della Repubblica. Quello che di qui a qualche giorno termina il suo mandato non sarà ricordato, penso, per spirito d’iniziativa. L’ultima trovata, quella della nomina dei saggi, per lo più impresentabili, ha stupito più di uno ed a giusta ragione. La casa brucia e il padrone di casa non chiama i pompieri, così è sembrata la decisione di re Giorgio: buon riposo Presidente !

C’è un vecchio proverbio delle mie parti, il quale dice che “mentre il medico studia il malato muore”. Auguriamoci naturalmente che non sia così e che il medico fatta la diagnosi associ anche la giusta medicina per rimettere in sesto l’ammalato.

Antonio Casolaro - Caserta

Aprile 2013

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