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I casati del Sud
di
Ciro La Rosa La Rosa
B-BI
BACILE
di Castiglione
Titoli:
barone
di Castiglione, col predicato di Castiglione
Dimora:
Lecce,
Spongano
Originaria delle
Marche, dove ottenne il titolo di conte dall’imperatore Francesco I
d’Austria, ed inserita nell’Ordine di Malta; nel XVI secolo
PELLEGRINO portò la famiglia in terra d’Otranto e poi un Spongano;
GENNARO combattente valoroso contro i turchi nell’esercito
dell’imperatore Carlo VI, ricevendo diploma di privilegio; il casato
ottenne vari feudi, nel 1790 IPPAZIO ottenne la terra di Castiglione,
in Otranto, con Regio Assenso del 26 febbraio dello stesso anno; il
casato ammesso con disposizione Sovrana del 9 luglio ai “Reali
Baciamani” in persona di GENNARO (L’iscrizione nel Registro dei
Cavalieri ammessi ai “Reali Baciamani”, detta “Nota di Palazzo”, si
otteneva attraverso un Regio Rescritto, emesso in seguito ad un
rigoroso esame dei titoli di nobiltà che il Re di casa Borbone delle
Due Sicilie, secondo i tempi, rimetteva alla Real Camera di Santa
Chiara, poi abolita questa, al Ministero della Real Casa ed in fine
alla Real Maggiordomia Maggiore, costituendo vere sovrane
dichiarazioni di nobiltà); con D. M. del 2 aprile 1889 la
famiglia riconosciuta nobile col predicato di Castiglione, e con RR.
LL. PP. (Regie Lettere Patenti) del 20 maggio 1897 del titolo di
barone sul predicato.
Iscritta nel Libro
d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale
Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
d’azzurro alla fascia di rosso bordata di oro e caricata da tre
bacili dello stesso. |
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BACIO TERRACINA e
BACIO TERRACINA COSCIA
Titoli:
patrizio di
Benevento
Dimora:
Benevento,
Napoli, Roma
Nobili Napoletani
“fuori seggio”, le prime notizie certe si hanno con PAOLO, familiare
della regina Giovanna II, che nel 1417 comprò dai fratelli Giovanni
e Pietro Orilia i feudi di Lauriano, Trentola, Filraone e San Nicola
La Strada, dei quali ne venne nominato capitano (governatore) dalla
regina Giovanna II col “mero e misto imperio”. Egli si sposò
con Teresa Capuano dai cui ELISEO e ANTONIA che fu monaca nel
monastero della Maddalena a Napoli; Eliseo sposò la nobile
Bastarella Folliero da cui: PAOLO, GIACOMO, ANTONIO, PROSPERO,
MARIANO, DOMENICO, ALBERICO ed IPPOLITA. Figli di Paolo: LAURA
famosa poetessa dell'epoca, ELEONORA, MARIANO e GIACOMO; da
quest'ultimo per “istrumento del notar Lorenzo Pandolfo” del
12 maggio 1535, donò ai figli maschi case e terreni nel Borgo di
Chiaia, dove oggi una piazzetta conserva il toponimo di Terracina;
figli di Giacomo: GIOVAN BATTISTA, PROSPERO, FRANCESCO,
MARC'ANTONIO, PAOLO, MARZIO, DIANA, ISABELLA e DECIO. PAOLO vescovo
di Calvi nel 1566; MARZIO vescovo di Bisignano in Calabria nel 1564;
DECIO non ebbe discendenza maschile così come PAOLO. Fra PROSPERO
(di Eliseo) cavaliere di giustizia dell'Ordine di Malta con le
commende di Melfi e Lauro. SIMONE nato a Napoli il 28 ottobre 1734,
di GIUSEPPE e di Marianna Ferraro, venne adottato da Domenico
Coscia, patrizio di Benevento e suo prozio, con “istrumento”
redatto dal notaio Nicola Montella in Napoli il 25 settembre 1736
convalidato da re Carlo III con rescritto del 20 giugno 1737, e dal
pontefice Clemente XII (Archivio di Napoli, processi Camera
Reale, fascio 30, n. 428, e atti presso il notaio Nicola Fiorenza di
Benevento), l'adozione prevedeva l'acquisizione di tutti i beni
e la nobiltà del predetto Domenico Coscia, con l'obbligo di
aggiungere al cognome Bacio Terracina quello di Coscia, di cambiare
il nome in Cesare ed inquartare la proprie armi con quelle dei
Coscia. Detto Simone sposò,il 31 gennaio 1754, Dorotea Carissimo da
cui FRANCESCO (1766) maggiore comandante del “Battaglione della
Milizia provinciale di Cavalleria” di Marittima e Campagna istituito
dal governo Pontificio di Benevento, cavaliere di “giustizia”
dell'Ordine di Malta, in virtù della sentenza del Supremo Tribunale
della Nobiltà del Regno di Napoli dell'11 giugno 1805, dal pontefice
Pio IV ebbe la concessione del titolo di marchese “ad personam”,
sposò in prime nozze Giustina Margiacca dalla quale non ebbe prole,
in seconde nozze sposò la contessa Teresa Annuba da cui CESARE,
MARIA CONCETTA, GIACOMO, NICOLA, GIROLAMO, GENNARO; solo GIACOMO
(1822) sposato con Margherita Capasso dei conti di Pastene, in data
23 aprile 1849, ebbe figli: FRANCESCO cavaliere dell'Ordine di Malta
(1850), ANTONIO (1853), PAOLO (1855), RODOLFO (1861). Il titolo di
nobile di Benevento è ereditato dai figli di Francesco.
ANTONIO (Napoli
1823-1892) alfiere del “16° Battaglione Cacciatori” partecipò alla
difesa del Regno dall’invasione piemontese capitolò col il resto
dell’armata a Gaeta il
14 febbraio 1861
Il casato è
iscritto nell'Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922
Arma:
partito: nel
primo d'azzurro al leone d'argento al capo d'oro, caricato di un
giglio di rosso accostato da due rocchi dello stesso (Bacio
Terracina); nel secondo troncato di rosso alla gamba d'oro e
d'argento a tre sbarre di verde, alla filiera spinata d'oro
(Coscia). |
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BAFFA TRASCI
Vedi rubrica "Le
Famiglie Greco-Albanesi del Sud Italia"
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Baffa Trasci Amalfitani
Vedi rubrica "Le
Famiglie Greco-Albanesi del Sud Italia" |
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BAJADA
Titoli:
nobile, marchese di Napoli
Dimora:
Palermo
Famiglia nota
in Palermo dal XVI secolo, diramazione della famiglia Pugiades;
GIACOMO MARIANO giudice della corte pretoriana di Palermo
1748/9, del Tribunale del Concistoro 1753, della Gran Corte
1758/64, avvocato fiscale e maestro razionale del Tribunale del
Regio Patrimonio 1771/2, reggente della Consulta di Stato della
Sicilia e dei domini di Parma e Piacenza presso la Regia Corte
di Napoli nel 1774, presidente del Concistoro 1777 e marchese di
Napoli quale marito di Anna Caterina di Napoli; CORRADO
cavaliere dell’Ordine di Malta, consultore di Stato in Napoli,
maestro razionale onorario di cappa corta del tribunale del
Regio Patrimonio, secreto e amministratore della Regia Secrezia
e dogana di Palermo nel 1805, investito del titolo di marchese
di Napoli in data 25 settembre 1786.
Iscritta
nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
d’azzurro al monte sormontato dal giglio d’oro e la bordura
composta d’oro e d’azzurro. |
| BALSAMO
(1) Titoli: barone della Statera, principe di Castellaci Dimora: Messina È un ramo della famiglia Viperino che assunse il cognome di Balsamo nel XVIII secolo per adozione di GASPARE Viperino in casa del nobiluomo GIUSEPPE Balsamo. GERONIMO, cavaliere di Malta, GIOVANNI SALVO priore di Messina nel 1618; Monsignor DOMENICO arcivescovo di Monreale e fondatore dell’Albergo dei Poveri in detta città; FRANCESCO principe di Bellacera, venne commutato il titolo in quello di Castellaci il 10 aprile 1759, sindaco di Messina nel 1771 e senatore; GIUSEPPE nominato cavaliere dell’Ordine Costantiniano nell’anno 1801, principe di Castellaci, barone della Statera. La signora ANNA con regio Decreto del 21 gennaio 1879 nominata “dama di palazzo” di S. M. la regina Margherita di Savoia. Il casato è iscritto nel libro d’oro della nobiltà italiana, iscritto nell’elenco Ufficiale Nobiliare Italiana anno 1922. Arma: 1° semipartito oro e rosso, troncato d’azzurro all’uccello al naturale, 2° d’azzurro alla vipera d’oro. | |
BALSAMO
(2)
Titoli:
conte
Dimora:
Brindisi
Con Breve
Pontificio (Decreto) del 29 settembre 1877 di S. S. papa Pio X
venne concesso in persona di FEDERICO il titolo di conte, con
successione del primogenito maschile, ed autorizzato nel Regno
d’Italia con R. D. del 11 aprile 1926 e con RR. LL. PP. (Regie
Lettere Patenti) del 13 agosto stesso anno.
Iscritta nel
Libro d’Oro della Nobiltà italiana anno 1933, ed iscritta
nell’Elenco Ufficiale Nobiliare anno 1933.
Arma:
d’azzurro alla torre d’argento, dalla cima della quale escono
tre spighe di frumento d’oro, sostenuta da due leoni d’oro
affrontanti, il tutto sulla campagna sbarrata d’azzurro e di
rosso. |
| BALSANO Titoli: barone di Daina e Opezzinga Dimora: Palermo Si crede che discenda da CLODIO, cavaliere tedesco, stanziato in Trapani, quale milite di Enrico VI. TOMMASO ebbe la castellania di Catania, GIOVANNI ottenne quella di Lentini nel XIV secolo; portata in Palermo da VICARI ottenne l’18 novembre 1771 la cittadinanza di detta città e l’8 dicembre investito della baronia di Daina e Opezzinga. SALESIO fu sindaco di Palermo dal 1861 al 67, e commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. EMANUELE con Decreto Ministeriale del 14 aprile 1903 riconosciutogli il titolo di barone di Daina e Opezzinga. Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922 Arma: di oro al monte di nero, sormontato da un cavallo di nero | |
BARBACCIA VISCARDI
d’Altavilla e di
Antiochia
Titoli:
principe del Sacro Romano Impero
Dimora:
Sicilia, Toscana
Motto:
”Aude Audenda”
Antichissima famiglia discendente da BOEMONDO d’Altavilla
(1050ca.–1111), figlio di ROBERTO il Guiscardo, duca di Normandia,
Puglia, Calabria e Sicilia (riconosciuto tale da Papa Nicolò II nel
Concilio di Melfi del 1059), e Alberada di Buonalbergo, che dopo
aver conquistato Antiochia ne diventa Principe con il nome di
Boemondo I, dando così origine a questo ramo degli Hauteville.
Attraverso COSTANZA d’Antiochia, figlia di BOEMONDO II (1109-1131) e
di Alice di Gerusalemme, nipote di Boemondo I e Costanza di Francia,
reggente del Principato dal 1130 alla sua morte, sposando Raimondo
di Poitiers, la dinastia prosegue con BOEMONDO III (1144-1201), il
quale sposando in prime nozze Orgigliosa di Harenc, genera BOEMONDO
IV, conte di Tripoli. Dal matrimonio di quest’ultimo con Plaissance
de Gibellet si arriva a MARIA (alias Mathilde) di Antiochia che
sposa Federico II di Svevia, divenendone la sua quarta moglie (Bartolomeo
da Neocastro e R. Pirro). Da questa unione nasce FEDERICO,
principe d’Antiochia (1122-1256) - "una delle più seducenti
figure dell'epoca sveva" (Robert Davidsohn), conte d’Alba,
Celano, di Loreto Aprutino, di Capizzi, vicario generale in Toscana
e nel Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, Podestà di Firenze e Re di
Toscana. Titolo del “Re” è attribuito a Federico in alcune cronache,
in atti notarili e in quelli di molti comuni - Robert Davidsohn
(1972) ricorda che nei protocolli del consiglio comunale di San
Gimignano è indicato come re almeno una cinquantina di volte - . Dal
matrimonio di quest’ultimo con Margherita di Poli Romano nasce un
altro FEDERICO (casato
Bartolomeo,/ de San Bartolomeo/ de Bartholomeo de Sicilia,
ramo di Messina), i cui discendenti furono detti “Barbaccia”
(Auria,Vincenzo). La ragione del mutamento del nome si ipotizza che
sia dovuta ad un matrimonio con una discendente del casato francese
di Barbazan. Il Casato "Di Bartolomeo d'Antiochia, regio milite"
( da “Il Blasone In Sicilia” di Palizzolo Gravina, 1871/75), ramo di
Messina, ha adottato il cognome Barbaccia o Barbazza (dal latino
Barbatius-Barbatia -Mongitore e Fantuzzi -) nel XVI secolo a Bologna
con ANDREA I di Bartolomeo, detto Barbazza, (consanguineo di Re
Pietro d'Aragona), diplomato e giurista, denominato dai
contemporanei “Principe e Monarca della Giurisprudenza”, che
insegnò Diritto Civile e Canonico nelle Università di Bologna e
Ferrara, fu Consigliere dei
Re d'Aragona di Sicilia: “I Sovrani di età sua lo colmarono di
onori e lo tennero in alta stima, essendo stato creato dal Pontefice
Nicolò V Cavaliere dello Spron d'oro e dal Re Giovanni d'Aragona nel
1466, suo famigliare e consigliere. Inviato al Concilio di Basilea
sotto Eugenio IV. Da egli si propagò la nobile famiglia Barbazza fra
le prime senatorie di Bologna” (Biografia degli Uomini Illustri
di Sicilia, G.E. Ortolani); ebbe la cittadinanza onoraria delle
città di Bologna e Messina; oratore poderoso parlò spesso alla
Sorbona di Parigi, in vita ebbe coniate medaglie in suo onore. Fu
tumulato in S. Petronio a Bologna, dove una via e un palazzo del
centro reca il suo nome, i numerosi ritratti e immagini dell'epoca
smentiscono l'ipotesi avanzata da Mongitore che il soprannome di
“Barbazza” fosse a lui derivato dal portare una lunga barba.
Il casato Viscardi, deriva dal nome medioevale normanno
Wiscard (in latino Viscardus – l’astuto), del duca Roberto il
Guiscardo (d'Hauteville-le-Guichard), fondatore dello stato normanno
di Sicilia. Un ramo cadetto dei Viscadri “Guiscardo” si
stabilì nel palermitano e da Donna Maria Viscardi (nipote di Ruggero
II, re di Sicilia) nacque Santa ROSALIA Sinibaldi, Patrona di
Palermo e discendente da Carlo Magno. Da questo ramo siciliano
discende Don GIACOMO Viscardi, che sposatosi con Elisabetta
Livaccari ebbe figli: Don GIUSEPPE, Donna Liboria, Donna Rachele,
Don FRANCESCO, Donna Paola, Donna Antonina e Donna Maria. Donna
Paola Viscardi sposò il principe FRANCESCO Barbaccia, nonni di PAOLO
FRANCESCO Barbaccia Viscardi, attuale rappresentate del casato,
originario di Palermo (Godrano) che da 50 anni risiede in Toscana,
in quel di Poggibonsi. Con decreto del 24 novembre 2008 del
Ministero dell'Interno il dottor Paolo Francesco Barbaccia "è
autorizzato ad aggiungere, al proprio, il cognome VISCARDI"
Alcuni dei
Viscardi e dei Barbaccia sono emigrati negli USA e in Australia.
Arma:
inquartata con sovrapposta una corona del Sacro Romano Impero
Germanico
1° d’oro ai tre
leoni di rosso, passanti e sovrapposti in palo (Hohenstaufen-Svevia)
2° inquartato in
decusse: nel primo e nel quarto palato d’oro e di rosso (Aragona),
nel secondo e nel terzo d’argento all’aquila nera; 3° di rosso ai
gigli d’oro sparsi (Antiochia); 4° d’azzurro alla banda di quadri
d’argento e di rosso (Altavilla). Sul tutto: di rosso e di verde
alla banda d’oro (Barbaccia).
N.d.A.: si
ringrazia il dottor Paolo Francesco Barbaccia Viscardi, per le utilissime notizie fornite sulla casato e la gentile
concessione della pubblicazione del blasone.
SANTA ROSALIA
Nata dalla nobile famiglia toscana dei Sinibaldi,
figlia del duca SINIBALDO dei Sinibaldi della Quisquinia, cavaliere
e familiare di Casa Normanna, e dalla nobildonna Maria Viscardi (Guiscardi)
nipote di Ruggiero II re di Sicilia. Alcuni agiografi come il
cronista gesuita Ottavio Gaetani nell'opera “Vitae Santorum
Seculorum” del 1657, afferma che ella era cresciuta presso la
corte Normanna di Palermo, così come il regio notaro del Senato di
Palermo Filippo Aruta nel sui scritti datati anno 1609; ed inoltre
il Gaetani riporta che era stata “ancella” alla corte della regina
Margherita di Navarra, moglie di Guglielmo il Malo - figlio di
Ruggiero II - e che si era ritirata in una grotta sul Monte
Pellegrino sino alla sua morte avvenuta nel 1183. E’ possibile che
sia stata monaca basiliana proveniente dalla chiesa di Santa Maria
dell'Ammiraglio, di rito greco, dell'annesso monastero basiliano
femminile. Sulla sua data di nascita e di morte non ci sono
riscontri, ma l'unica certezza è che sia vissuta nel XII secolo;
anche sulle radici del suo nome ci sono dubbi, poiché si tratta di
un nome insolito per una ragazza, tra le varie supposizioni si
affermò quella della forma contratta di “Rosa e Lia” ossia
Rosa e Gigli, così come espresso nella Liturgia dell'inno dei Primi
Vespri. Si narra che durante una battuta di caccia su Monte
Pellegrino, re Ruggiero fu salvato dall'aggressione di un leone
dall'intervento del principe Baldovino che in premio chiese al re la
mano di Rosalia, ma essendo consacrata a Dio, si ritirò a vivere da
eremita prima sul monte Quisquinia per dodici anni, e poi fino alla
morte sul Monte Pellegrino. La devozione per la Santa, chiamata
confidenzialmente “Santuzza”, è legata alla liberazione della
città dalla peste che imperversò tra il 1624/25 che falciò quasi
trentamila persone.
La città era prostrata, e nel frangente ad una donna
del popolo di nome Geronima La Gattuta, gravemente ammalata, era
apparsa in sogno una fanciulla in abito monacale che gli aveva
promesso la guarigione se si fosse recata in pellegrinaggio sul
monte Pellegrino, sciolto il voto, la fanciulla gli era di nuovo
apparsa in sogno indicandole il luogo in cui scavare per ritrovare
il suo corpo; il 15 luglio vennero ritrovate le sue ossa e poste in
relazione con Santa Rosalia; nel frattempo in Palermo era in corso
la processione per la supplica alle sante patrone della città tra
cui anche Rosalia, i palermitani videro nel ritrovamento delle ossa
della Santa un segno di buon auspicio, ed infatti la pestilenza
cominciò a diminuire. Il 27 luglio del 1624 il “Pubblico Consiglio”
dichiarò Santa Rosalia Patrona di Palermo, ma ci furono delle
riserve da parte delle autorità ecclesiastiche. Mentre imperversava
ancora il morbo, nel febbraio del 1625, un giovane Vincenzo Bonello,
che aveva deciso di suicidarsi, dopo aver perso la moglie di peste,
recandosi su monte Pellegrino, incontrò una fanciulla circondata da
un'aureola la quale gli rivelò di essere Rosalia e che la peste
sarebbe cessata solo se avessero portato in processione le ossa
ritrovate e di riferirlo al cardinale Giannettino Doria. Il 22
febbraio la Consulta medico-teologica riconobbe l'autenticità delle
ossa della Santa che furono custodite in un'urna d'argento,
costruendo ppoi in suo onore una cappella all'interno del Duomo e
un'altra su Monte Pellegrino; il 9 giugno vennero portate in
processione le spoglie di Rosalia e la festa dura 9 giorni, detta
ancor oggi dai palermitani “festino”. Il 4 settembre, giorno
dichiarato della sua nascita, venne pubblicato il “Bando per cessato
male” ossia la fine della pestilenza.
Il 26 gennaio 1630, papa Urbano VIII,
con lo “Scriptam in Coelesti” inserì Santa Rosalia nel
Martiriologio Romano, fissando l'origine palermitana e di stirpe
reale facendola risalire a Carlo Magno con la paternità di Sinibaldo
e la maternità da Maria Viscardi nipote di re Ruggiero II. |
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BARBERI
Titoli:
Barone di San Niccolò
Dimora:
Erice
Questa famiglia è nota già dal secolo XIV. MATTEO de Barberio
ottenne a 9 agosto 1478, maritali nomine, la conferma del
feudo di Raffo del Mastro o Raffudo, feudo del quale ne fu
investito a 29 luglio 1499 il figlio di lui BERNARDO. È degno di
menzione GIOVAN LUCA Barberi, notaio e giurista italiano, noto
per la “Descriptio terrarum in hoc Siciliae Regno existentium”,
in tre volumi, comunemente denominato, anche dallo stesso
Barberi, Magnum Capibrevium. L'opera descrive i feudi
popolati (o terre o contee) siciliani è una fonte cui attingere
per ricostruire la storia siciliana dal feudalesimo al XVII
secolo. La prima data certa che riguarda Giovan luca è quella
del 13 novembre 1484, quando viene nominato Commissario della
Regia Gran Corte, dal 1491 è Maestro Notaro della Regia
Cancelleria, nel 1497 diviene usciere del Provveditore dei reali
castelli e Procuratore Fiscale del Regio Patrimonio, constatò,
nell'esaminare i titoli di possesso del baronaggio, che molti
baroni possedevano i feudi senza alcun titolo e fece profilare
la possibilità che i feudi potessero essere revocati al Regio
Erario. Comunicò la scoperta al viceré Raimondo de Cardona che,
ravvisando il grande utile che ne poteva venire alla corona, lo
incaricò di espletare le indagini e quindi lo inviò in Spagna
per fare presenti al re Ferdinando i diritti della Corona su
quei feudi che i baroni detenevano in maniera illegittima. Il
sovrano approvò e il Barberi che si lanciò nella ricerca. Nel
1509 presentò al re di Spagna il risultati del suo lavoro: il
“Capibreve della Screzia” (redatto nel 1506), il “Magnum
Capibrevium” (1508) e alcune indagini relative ai rapporti tra
Chiesa e Stato raccolte nel “Dignitates Ecclesiasticae” (1506) e
nel “codice De Monarchia” (1508). La misura del gradimento del
sovrano fu proporzionata alla irritazione che l'opera di Barberi
suscitò nella nobiltà siciliana. Non sempre infatti i
beneficiari erano in grado di sostenere con prove certe i loro
diritti. Le loro ragioni erano affidate spesso alla fortuna di
ritrovare i titoli nei vari uffici del Regno e alla obiettività
del Barberi il quale, si era costituito "promotore di tutti i
diritti e le prerogative reali". Già dal Parlamento di
Palermo del 7 agosto 1508 partì la prima contestazione contro il
suo operato. Il Parlamento era stato convocato da Ferdinando per
presentare la sua richiesta di sovvenzioni per finanziare
l'impresa contro i pirati berberi che infestavano le coste del
Mediterraneo. I baroni si dichiararono disposti a dare un
finanziamento di 300.000 fiorini in cambio di alcune grazie, tra
cui quella di essere liberati dalle vessazioni del Barberi e di
avere riconfermato il capitolo di Alfonso. Il re, accogliendo
l'offerta, diede ai baroni una risposta ambigua ed equivoca: li
rassicurò che avrebbe impedito al Barberi di vessarli
ingiustamente. Il lavoro di Barberi non subì arresti, anzi le
rimostranze dei baroni, unitamente ad una serie di accuse anche
anonime che le accompagnarono, riconfermarono il re nella
convinzione che quella intrapresa era la strada giusta. Si
spiegano così i favori accordati a Barberi e ai suoi familiari.
Il 30 luglio 1509 il re gli affidò l'incarico di approfondire le
relazioni fra Stato e Chiesa e l'esercizio dello "ius potronatus
regio". Le informazioni e i documenti, spesso incompleti o
inesistenti, raccolti durante questa missione furono conservati
nella regia cancelleria in un volume dal titolo ”Liber
prelatiarum”. Questo materiale confluì nei Beneficia
Ecclesiastica e portata a compimento nel 1511. Egli interpretava
le molte controversie tra Stato e Chiesa anche alla luce della “bolla
quia propter prudentiam tuam” con la quale papa Urbano II
nel 1098 aveva concesso a Ruggero I il privilegio della
Apostolica Legazia. Questo documento, dimenticato nei secoli
precedenti, era stato ritrovato, non si sa come né dove, dallo
stesso Barberi che lo aveva inserito nel Liber Regiae Monarchiae.
Con il Capitolo CIX del 1514 ilparlamento siciliano sferrò una
serie di accuse circostanziate chetrovarono ascolto presso la
Corte. Barberi veniva accusato di trarre guadagno illecito
facendo pagare, in modo arbitrario, ai beneficiari il
riconoscimento delle ragioni di patronato; secondo gli
accusatori, infatti, l'inquisitore doveva dimostrare l'esistenza
di "ius patronatus" non costringere i beneficiari ad esibire la
prova della loro eventuale autonomia. Un'altra accusa, già
avanzata nel 1508, riguardava il modo in cui Barberi lucrava per
effettuare ricerche nella cancelleria, pretendendo compensi
esosi per il rilascio di copie dei benefici. La terza accusa
riguardava la irritualità delle procedure nel formulare le
allegazioni, tuttavia dal re non fu spesa una parola in sua
difesa e fu accolta la richiesta di togliere valore normativo
alle allegazioni e anche quella di non obbligare i baroni ad
esibire i documenti se non lo volessero. L'incarico a Barberi
non fu revocato, ma non gliene vennero dati altri e la morte di
Ferdinando, infine, concorse a relegare la sua opera in secondo
piano. Barberi continuò a lavorarci fino al 1516 e fino al 1521
produsse aggiunte e aggiornamenti ai capibrevi. Si deve
presumere pertanto che egli sia morto negli anni immediatamente
successivi al 1529.
Un altro componente fu SALVATORE Barberi e Merelli della città
di Monte San Giuliano, venne con privilegio del settembre 1767
insignito del titolo di barone di San Niccolò; un barone
GIUSEPPE capitano giustiziere di Monte San Giuliano nell’anno
1790-91. Un Barone ALBERTO, figlio del precedente, dopo il
rovinoso crollo nel 1853 della Regia Madrice, fece arrivare da
Napoli i progetti dell’architetto Dominici, in stile neogotico,
che allora era in voga in tutta Europa e in America. La famiglia
Barberi si estinse nella famiglia Stabile di Monte Naone, che
ancora oggi conserva il titolo di Barone di San Niccolò, mentre
la famiglia Vultaggio vanta il titolo riconosciuto con regie
lettere patenti di Nobile dei Baroni di San Niccolò per
matrimonio con una Stabile di Monte Naone.
Famiglia iscritta nel Nobiliario di Sicilia del 1912.
Si ringrazia il
signor Pietro Vultaggio per le notizie relative al casato.
Arma:
d'azzurro al leone d'oro rampante, su una striscia di terra
marrone, ad un tuono d'oro e tre stelle d'orate. |
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I Capi Brevi |
| BARONE
(1) Titoli: patrizio di Tropea Dimora: Tropea, Napoli Il Palizzolo fa risalire il casato dall’Irlanda col nome di “Byron” italianizzato in Barone; mentre il Toraldo nel suo testo “Il sedile e la Nobiltà di Tropea” fa discendere la famiglia da GERACIO, milite francese proveniente della Provenza al seguito di Carlo I d’Angiò, dal quale ricevette il feudo di La Cattiva e Livaldi in Calabria con concessione del 23 luglio 1279. Il casato si diramò in molte città del Meridione, ma il ramo principale si stabilì in Tropea nel XV secolo. ANTONELLO, difensore della città di Napoli contro gli Acerrani al tempo di Alfonso I d’Aragona; FERDINANDO che ha combattuto e perito nella battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571 contro i saraceni; ANTONIO, padre gesuita, autore di una vita di San Domenico. La famiglia ha dato vari cavalieri all’Ordine di Malta fra il XVI e XVII secolo, ultimo investito fu FRANCESCO nel 1704. Iscritta nel Registro delle Piazze Chiuse di Napoli, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: di rosso con tre fasce ondulate d’oro, al capo di una fascia d’oro di due stelle del medesimo. | | BARONE
(2) Titoli: marchesi di Livari Dimora: Nola, Napoli Antica famiglia di Nola conosciuta già dal XVI secolo. DOMENICO marchese di Livari con privilegio del 28 gennaio 1754; il casato venne iscritto nel Cedolario di Terra di Lavoro il 13 maggio 1777 ed in persona di PASQUALE con i medesimi titoli nel XIX secolo. La famiglia possedette la contea di Casoli. Iscritta nel registro dei Feudatari; iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: d’azzurro alla croce d’oro con 4 rose d’oro | | BARRACCO Titoli: Patrizio di Cosenza, barone Dimora: Cosenza, Napoli Antica famiglia cosentina, originaria della Francia, feudatari di Lattarico e di Eboli. Fece parte dell’Ordine di Malta dal 1592 con MAURIZIO. BARRACCO “famigliare” di Carlo I d’Angiò; ANGELO “famigliare” di Alfonso I d’Aragona; GIOVANNI ambasciatore di re Federico alla corte di Ferdinando il Cattolico; FRANCESCO ANTONIO, padre gesuita. Con Regio Decreto del 14 luglio 1907 venne riconosciuto al casato il titolo di patrizio di Cosenza e di barone riconfermato poi con Decreto Presidenziale del 16 luglio 1927. Iscritto nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana e nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: troncato al 1° d’azzurro al tronco d’albero e due stelle d’oro, al 2° d’oro al corno di caccia nero. |
| BARRILE o BARILE Titoli: barone di Turolifi e San Leonardo Dimora: Napoli, Caltanissetta Originaria della città di Napoli dove possedettero vari feudi nel circondario, con i titoli di baroni di Santangelo e duchi di Caivano. Nobili in Palermo, Messina, Caltanissetta. GIUSEPPE con privilegio del 4 febbraio e del 7 maggio 1643 nominato marchese di Caggi e Mongiuffi; GIOVANNI barone di Turolifi con nomina del 4 maggio 1790; stesso titolo PAOLO con riconferma del 15 settembre 1801; GIOVANNI CALOGERO
cavaliere dell’Ordine di Malta nel 1846;
NICOLA capitano
del “2° Reggimento Dragoni” (cavalleria pesante) partecipò alla difesa
del Regno delle Due Sicilie nel 1860, presente alla battaglia di Caiazzo e del
Volturno. Con Decreto Presidenziale del 30 giugno 1927 vennero confermati i titoli di baroni di Turolifi e San Leonardo. Iscritta nel Libro d’oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: troncato d’azzurro al grifo d’oro con labello di rosso, al secondo d’oro a tre monti di verde sormontato da una rosa rossa. | |
BARTOLI
di Carrara
Titoli:
duca di Castelpoto, col predicato di Carrara
Dimora:
Napoli
Antica famiglia
di Vituliano, si trasferì a Benevento , dove nel 1695 ottenne
onori e l’iscrizione al quel patriziato. Ottenne il possesso
delle terre di Castelpoto nel 1693, di Carrara nel 1730,
decorato del titolo di duca su Castelpoto nel 1718. DOMENICO
ultimo intestatario iscritto nei Cedolari del Principato Ultra;
eredi GENNARO, OTTAVIO ufficiale del Regio Esercito, viventi
nella prima metà del XX secolo.
Iscritta
nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
innestato merlato in banda di sei pezzi, il primo d’oro ad una
stella di rosso, il secondo di rosso ad una stella d’oro. |
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BARTOLOMEO o
DI BARTOLOMEO
Titoli:
nobile, signore di Trabia
Dimora:
Palermo
Il casato
godette nobiltà fin dal XIV secolo in Palermo. SIMONE di
Bartolomeo fu pretore di Palermo 1414/5; LEONARDO (Palermo
†1450) dottore in
legge penali e civili, protonotaro del Regno ebbe in enfiteusi
il tenimento di terre nominato la Tarbia (Trabia), che furono
confermate nell’anno 1444 dal viceré ("Biografia degli Uomini
Illustri di Sicilia" di Giuseppe Emanuele Ortolani, anno 1817). A lui succedette NARDUCCIO
(Leonardo) suo figlio, senatore di Palermo nell’anno 1475 ed
ebbe un’unica figlia, che sposò il dottor Blasco Lancea (Lanza)
che, nell’anno 1509, ottenne infeudazione del territorio della
Trabia.
Arma:
d’oro, al castello merlato di tre pezzi di nero, accostato da
due rose di rosso.
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BASILE
Vedi rubrica "Le
Famiglie Greco-Albanesi del Sud Italia" |
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BASSANO
Titoli:
marchese di Tufillo
Dimora:
Napoli
Originaria
dell’Abruzzo, decorata del titolo di marchese nel 1648 che venne
in seguito posto sul feudo di Tufillo in Abruzzo in possesso
della famiglia dal 1719; il casato ricevuto per “giustizia”
nell’Ordine Costantiniano nel 1770; dichiarato ammissibile per
“antica nobiltà” nella “Compagnia delle Regie Guardie del Corpo”; riconosciuto con
il titolo di marchese CARMELO (*1774 †1872) con Regio
Rescritto del 1° ottobre 1851; GIUSEPPE vivente nella prima metà
del XX secolo; ANTONELLO (Roma 1948) alto ufficiale medico della
Marina Militare italiana, ora in pensione, è stato imbarcato
sulle più importanti navi tra cui la Vespucci e la San Giorgio,
su portaelicotteri e sommergibili, specializzato in oculistica,
medico sportivo, ha diretto l'Ospedale Militare di Taranto, ha
prestato servizio presso lo Stato maggiore della Marina,
l'Ispettorato di Sanità e il Collegio Medico Legale della
Difesa, insignito di vari Ordini Cavallereschi, ha pubblicato il
volume "Tufillo una storia in soffita" quale omaggio ai
cittadini di Tuffilo e al casato dei Bassano.
Iscritta
nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
d’azzurro alla testa di carnagione cinta da turbante cimato da
un crescente d’argento. |
| BATTAGLIA Titoli: barone di Nicolosi Dimora: Palermo, Mezzoiuso, Ragusa Nota in Sicilia di antica nobiltà nel XV secolo. VINCENZO coadiutore protonotaro di Palermo nel XVI secolo; BERNARDO vicario generale e Maestro di Cappella nel palazzo reale di Palermo; GRANDONIO barone di Torrevecchia e San Silvestro, proconsole di Ragusa 1726/34; GIUSEPPE giudice della Corte Pretoriana di Palermo dal 1708 al 1716, giudice del Tribunale del concistoro nel 1719; BARTOLOMEO giudice del concistoro nel 1793; IGNAZIO con privilegio del 2 luglio 1806 ottenne il feudo di Nicolosi e il titolo relativo di barone. Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922 Arma: di rosso al braccio destro armato al naturale impugnante una bandiera d’argento astata d’oro | |
BAVASTRELLI
Titoli:
marchese
Dimora:
Messina
Passata da Genova
in Messina nel XVIII secolo; GIUSEPPE senatore di Messina nel 1758,
governatore nobile della Tavola Pecuniaria (Banca Centrale) nel
1760/1, annotato nel ruolo dei donativi del 1766 col titolo di
marchese. GIOVAN AMBROGIO, marchese, vivente nella prima metà del XX
secolo.
Iscritta
nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922
Arma:
d’azzurro alla fascia d’oro, accompagnata da tre stelle dello
stesso, sormontate da un pino al naturale sulla fascia. |
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BELLAROTO
o BALLAROTO
Titoli:
barone di Castelluzzo, barone di Campoallegro
Dimora:
Partinico, Palermo
PIETRO giudice
della corte pretoriana di Palermo 1731, del tribunale del
Concistoro 1743, della gran corte civile 1747; BENEDETTO per
acquisizione matrimoniale con Caterina Sciammacca, ottenne il
titolo di barone di Castelluzzo nel 1769, e nonostante fosse
stato venduto alla famiglia Lucchesi Palli nel 1769, venne
riconosciuto con D. M. del 2 giugno 1898 a PIETRO, il quale
ottenne con lo stesso Decreto il titolo di barone di
Campoallegro; titoli riconosciuti a FERDINANDO e GIROLAMO nella
prima metà del XX secolo.
Iscritta nel
Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco
Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
d’azzurro al sole d’oro. |
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DE BELLIS
Titoli:
marchesi di Laterza,patrizi di Casamassima e Rutigliano
Dimore:
Napoli,Casamassima, Rutigliano
Motto:
“dum pugno et Bello vim vi repello”
La famiglia de
Bellis nasce a Bari col Miles Nicolaus Bellus citato in
un documento angioino del 1282 nobile cavaliere della Terra di
Bari. La famiglia nel XV secolo si dirama nel barese e nel
napoletano creando il ramo baroni di Cervinara e altro un ceppo
nobile a Casamassima e Rutigliano, dove possedettero grandi
tenute terriere ed edificheranno nobili dimore. Col matrimonio
tra il Cavavlier PIETRO e la nobildonna Perez Navarrete, il
casato ereditò il titolo di marchese di Laterza e Bernalda.
Altri membri della famiglia di distingueranno in campo medico ed
ecclesiastico e agrario tra cui il Vescovo DOMENICO BELLISARIO,
il giudice della Vicaria Camera Sommaria DOMENICO, il Cav.
LORENZO, il Cav. PIETRO rettore e patriota, il Cav. NICOLA.
N.d.A.:
si ringrazia il dottor Carlo Longo De Bellis
per le notizie sul casato.
Stemma:
d'azzurro al castello d'oro, torricellato di tre pezzi, aperto e
fenestrato del campo, merlato alla guelfa, la torre di centro
più alta aperta e fenestrata del campo. |
| BELLUCCI Titoli: nobile di Ciolla Dimora: Napoli, Melissano Famiglia originaria delle Calabrie. DOMENICO investito del feudo nobile di Ciolla in data 10 gennaio 1552. Con l’abolizione della feudalità il feudo apparteneva al nobile MICHELE. Il casato venne dichiarato ammissibile nelle Regie Guardie del Corpo del Regno delle Due Sicilie dalla Commissione dei Titoli di Nobiltà in data 3 maggio 1845. Inserito, il casato, nell’ Ordine Costantiniano. PASQUALE
(1819-1888) nato a Melissano, ufficiale delle Regie Guardie del Corpo, decorato per le campagne di guerra sul Garigliano e Gaeta anni 1860/61 quale difensore del Regno delle Due Sicilie nel 1° Granatieri della Guardia Reale.
MICHELE ufficiale superiore dello Stato Maggiore (1826-1908),
figlio del colonnello di cavalleria FRANCESCO, fu tra i migliori
ufficiali durante l'assedio di Gaeta, alla resa della
piazzaforte avvenuta il 14 febbraio 1861 si ritirò a vita
privata, decorato nel 1848 della medaglia d'oro per la campagna
di Sicilia e della croce di cavaliere di diritto di San Giorgio,
distintosi nella battaglia del 1° ottobre 1860 sul Volturno
ottenne la croce di Cavaliere dell'Ordine di San Ferdinando. Iscritto nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: d’azzurro all’Elefante sormontato da una ruota con tre stelle 2 a 1 il tutto d’argento. |
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DE
BELLIS
Titoli:
barone
di Malaspina
Dimora:
Napoli,
Cervinara, Avellino
Famiglia originaria
di Cervinara, riconosciuta del titolo di barone di Malaspina in
persona di BERNARDO con Decreto del Capo di Governo del 31 gennaio
1929; INNOCENZO, ufficiale del Regio Esercito, decorato della
medaglia commemorativa guerra 1915/18, dottore in legge, vivente
nella prima metà del XX secolo.
Iscritta nel Libro
d’Oro della Nobiltà Italiana e iscritta nell’Elenco Ufficiale
Nobiliare Italiano anno 1933.
Arma:
d’azzurro al leone d’oro, rivolto e posto a destra, affrontato ad
una vipera al naturale, ondeggiante in palo, col sole d’oro al capo. |
| BELTRANI Titoli: patrizio di Salerno e Trani Dimora: Napoli, Salerno, Trani Il casato è di origine spagnola, nobili nel XV secolo, un ramo della famiglia, con regio decreto, venne investito del titolo di conte di Mesagne. Aggregata alla nobiltà di Salerno al seggio di Portanova nell’anno 1791, in quella di Trani al seggio di San Marco nell’anno 1799. Inserita nell’Ordine di Malta. Ascritta nel Registro delle Piazze Chiuse anno 1801. GIOVANNI BATTISTA titolato di patrizio di Salerno e Trani con trasmissibilità in linea maschile. Iscritta nell’elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922 Arma: d’azzurro allo scaglione d’oro con un sole dello stesso alla punta. | |
BENEVENTANO
(del Bosco e della Corte) Titoli : barone del Bosco, barone della Corte Dimora: Napoli, Catania, Palermo. Nota già nel XIV secolo in Lentini, Siracusa, Modica. VINCENZO barone del Bosco nominato proconservatore di Lentini nel 1620; GIUSEPPE con regio decreto del 30 aprile 1652 ebbe il titolo di barone della Corte; VINCENZO nominato con privilegio del 12 febbraio 1729 barone del Bosco di Schifano, con Regio Decreto del 20 aprile 1736 e del 30 marzo 1746 ottenne i feudi di Monteclimato, Didini, Frescura, Belfronte, Casalgerardo, Moriella; FRANCESCO PAOLO possedette il feudo di Montone con privilegio del 22 agosto 1788; FRANCESCO MARIA barone del Bosco con Regio Decreto del 10 luglio 1799, capitano di giustizia in Siracusa nell’anno 1808. FERDINANDO, figlio del barone Aloisio ramo del Bosco e Marianna Roscio, Generale di Brigata dell’Esercito del Regno delle Due Sicilie, del quale fu difensore estremo nella campagna 1860/61 contro l’invasione del Regno delle Due Sicilie da parte dei piemontesi del Regno di Sardegna. Il casato è diviso nei rami dei Beneventano del Bosco e Beneventano della Corte. Il ramo della Corte con Regio Decreto del 16 agosto 1900 e del 29 settembre stesso anno ottenne la riconferma del titolo. Il ramo del Bosco con Regio Decreto del 10 agosto 1906 ottenne anch’esso la riconferma del titolo. Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: d’oro ai tre monti di verde, con un leone ed un orso affrontanti di rosso |
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BENTIVEGNA
Titoli:
marchese di Ganzeria
Dimora:
Palermo
Antica e nobile
famiglia di Corleone nota dal XV secolo, possedette i feudi di
Celso e Marosella; FRANCESCO deputato al Parlamento Siciliano
nel 1848, capo di diversi movimenti rivoluzionari, fu vittima
della repressione governativa nel dicembre del 1856; il titolo
di marchese di Ganzeria proveniente dalla famiglia Guccia in
virtù delle RR. LL. PP. (Regie Lettere Patenti) del 26 luglio
1929 venne autorizzato in persona di FRANCESCO.
Iscritta nel
Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco
Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1933.
Arma:
troncato:
1° d’azzurro al triangolo equilatero sormontato da due stelle il
tutto d’argento; nel 2° mareggiato d’azzurro e d’argento di due
pesci d’argento nuotanti uno sopra l’altro. |
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BENZO
Titoli:
duca della Verdura, nobile dei duchi
Dimora:
Palermo, Sciacca
Originaria di
Genova, portata in Palermo da STEFANO senatore in Palermo,
barone di Santo Stefano con privilegio del 13 maggio 1652 e
marchese di Alimena, titoli che la figlia Dorotea portò in casa
del Bosco per acquisizione matrimoniale; GIULIO senatore di
Palermo dal 1708 al 1746, per “maritali nomine” da
Eleonora Landolina Leofante acquisì i titoli di barone e duca
della Verdura, ultimo investito GIULIO in data 26 luglio 1808;
FRANCESCO duca e barone della Verdura, pretore della città di
Palermo 1849, intendente dal 1850 al 1858, gentiluomo di camera
di re Ferdinando II di Borbone; GIULIO pretore di Palermo nel
1860, sindaco per molte volte di detta città, senatore del Regno
d’Italia.
Iscritta
nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
d’azzurro a tre conchiglie d’oro, poste due a uno - alias
d’argento al capo di rosso, caricato da tre conchiglie d’oro
ordinate in fascia. |
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BERLINGIERI
di Valle
Perrotta
Titoli:
marchese, nobile di Cotrone, col predicato
dei marchesi di Valle Perrotta
Dimora:
Cotrone, Napoli, Roma
Antica famiglia
di Cotrone iscritta da antico tempo al suo patriziato nel
seggio di San Dionigi.
BERTERAYMO, per
gli alti servigi resi a re Carlo I, ammesso nel possesso della
baronia di Torre Montanari e di Palena in Calabria; ANSELMO
storico della città di Cotrone; CARLO e SCIPIONE nobili nel
seggio di San Dionigi nel 1647 e 1663; CARLO capitano di truppe
equestri; GIULIO giureconsulto in Napoli; CARLO arcivescovo di
San Severino nel 1678, esperto di diritto civile e canonico.
Nel
1740 la famiglia venne decorata del titolo di marchese sulla
terra di Val Perotta, che passò in seguito ad altra famiglia,
nuovamente decorata del titolo di marchese il 6 marzo 1910 in
persona di ANNIBALE deputato al parlamento Nazionale, cavaliere
d’onore e devozione S.M.O. di Malta, grande Ufficiale
dell’Ordine della Corona d’Italia, commendatore dell’Ordine
Mauriziano; ANSELMO decorato del titolo di nobile di Cotrone per
riconoscimento del 1908 e del predicato dei marchesi di Perrotta;
ARTURO cavaliere “d’onore e devozione” del S. M. O. di Malta,
cavaliere dell’Ordine Mauriziano, commendatore dell’Ordine della
Corona d’Italia, cavaliere dell’Ordine Teutonico, maggiore di
complemento del Regio Esercito, medaglia commemorativa della 1ª
guerra mondiale, vivente nella prima metà del XX secolo.
Nella
città di Napoli esiste tutt’ora, secolo XXI, un rione, con il
toponimo del casato, sorto sull’antico territorio di loro
proprietà.
Iscritta nel
Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco
Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
d’argento
a tre bande scaccate d’argento e rosso, accompagnate in capo da
un lambello a tre pendenti del medesimo. |
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BERMUDEZ DE
CASTRO e BERMUDEZ DE CASTRO
di Santa Lucia
Titoli:
duca di Ripalda, duca di Santa Lucia
Dimora:
Napoli, Spagna, Inghilterra
Famiglia
spagnola di antica nobiltà, con R.D. del 8 ottobre 1859 re
Francesco II di Borbone delle Due Sicilie concesse al marchese
di Lema cavalier SALVATORE Bermudez de Castro, inviato
plenipotenziario a Napoli e ministro della regina di Spagna, il
titolo di duca di Ripalda, trasmissibile nella primogenitura
maschile, titolo riconosciuta inseguito anche dal Regno d'Italia
con D. M. del 5 maggio 1887. Nella prima metà del XX secolo era
investito del titolo il figlio di Salvatore: SALVATORE EMANUELE;
la figlia MARIA SALVATORA con RR.LL.PP. del 1886 ottenne il
titolo di duchessa di Santa Lucia.
Il casato
iscritto nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana e nell'Elenco
Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
scaccato
d'oro e di nero di quindici pezzi con la bordura d'argento
caricata da una catena d'azzurro. |
| BERTONETitoli: barone di Giandilardi, nobile dei baroni Dimora: Vittoria Nobili nel XVI secolo in Vizzini. PAOLO GIOVANNI con privilegio del 19 giugno 1670 venne nominato barone di San Leonardo; il barone FILIPPO ebbe l’incarico di Capitano di Giustizia dal 1754/55; GIUSEPPE stessa carica dal 1807/8.
GIUSEPPE 2° tenente del “4° Battaglione Cacciatori”, partecipò alla
difesa del Regno delle Due Sicilie nel 1860, presente alla battaglia del
Volturno il 1° ottobre, alla difesa di Gaeta capitolando il 14 febbraio
1861 Con Decreto Ministeriale del 20 marzo 1901 venne riconfermato il titolo di barone di Giandilardi, con Decreto Ministeriale del 1903 venne riconfermato anche il titolo di nobile dei baroni. Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: d’argento, filettato di rosso, 1° mare d’azzurro alla barca con due vele al naturale, 2° al cappello sormontato da tre stelle di rosso. | | BIANCHITitoli: patrizio di Trani e di Donnasibillina Dimora: Trani Motto: “post fata resurgo” Antica famiglia risalente al XIV secolo, possedette il feudo di Donnasibillina nel 1618, venne aggregata al patriziato di Trani il 5 ottobre 1751. Ammessa nelle Regie Guardie del Corpo in base alla Commissione per i titoli di Nobiltà del regno delle Due Sicilie riconoscendola di”nobiltà generosa” in persona di GIACOMO; RAFFAELE alfiere del “12° Reggimento di linea Messina” ha partecipato alla campagna del 1860/61 per la difesa del Regno delle Due Sicilie contro l’invasione piemontese. Ascritta al registro delle Piazze Chiuse di Trani. Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922. Arma: d’azzurro, al sole d’oro nel cantone, alla colomba al naturale svolazzante sulle onde del mare dalle quali sorge una antenna di nave affondata. | |
BISOGNITitoli: marchese, nobile dei marchesi Dimora: Napoli Originari di Brescia con ORAZIO, sopracomito (ufficiale di marina) dell’Armata Veneta, morto in uno scontro contro i Turchi nel 1570; GIOVANNI, condottiero nell’esercito di Carlo V, si trasferì in Calabria nel XVI secolo nella città di Monteleone, dove ottenne, per speciali meriti, di essere inserito nella Mastra Nobile di dette città. Con RR. LL. PP. (Regie lettere patenti) del 4 novembre 1737 GREGORIO, caporuota della Real Camera di Santa Chiara, ricevette il titolo di marchese, riconfermato con Regio Decreto del 15 settembre 1841 in persona di ONOFRIO segretario della Consulta Araldica del Regno delle Due Sicilie. Iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, Iscritta nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922. Arma: troncato. 1° d’azzurro alla spada d’argento, due monti e colombe dello stesso, 2° fasciato di rosso e oro. |
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DE BISOGNO
Titoli:
marchese
Dimora:
Napoli, Ercolano
Il casato venne
decorato del titolo di marchese con successione primogenitale maschile
con R. D. del 29 marzo 1854 in persona di VINCENZO, da cui ALFONSO
(1827-1899); il casato ricevuto per giustizia nel S.M.O. di Malta nel
1860 in persona di MICHELE (Gran Magistero Roma, 346, Priorato di
Napoli).
Rappresentanti
viventi nella prima metà del XX secolo: GIUSEPPE (1876) colonnello,
cavaliere d'Onore e Devozione dell'Ordine di Malta (bolla del 1922),
commendatore dell'Ordine Mauriziano, delegato del regio Governo del
Ministero degli Esteri per l'isola di Calino nell'Egeo.
Il casato iscritto
nell'Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922.
Arma:
troncato nel primo
d'azzurro al tronco galleggiante sul mare d'argento fluttuoso del campo,
sostenente due colombe d'argento affrontanti e fissanti una cometa d'oro
in palo; nel secondo fasciato di rosso e d'oro. |
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