Le Pagine di Storia

Il Regno di Ferdinando II di Borbone

Atto sovrano 11 gennaio 1831

a cura di Alfonso Grasso

Il Palazzo Reale di Portici

 

FERDINANDO II

Per la grazia di Dio

Re del Regno Delle Due Sicilie

di Gerusalemme, ec

Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec.

Gran Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.

Fin da' primi momenti del nostro avvenimento al Trono, Noi dichiarammo esservi nelle finanze delle piaghe profonde. Promettemmo di applicarci a curarle, e recare nel tempo stesso qualche alleviamento a' pubblici pesi.  Le conseguenze fatali della straniera usurpazione, gli avvenimenti disgraziati del 1820 hanno in prima rivolte le nostre cure alla parte de' nostri domini al di qua del Faro. Queste speranze rimasero deluse. Per le conseguenze degli avvenimenti del 1820 esisteva un deficit che di anno in anno si aumentava per gli interessi di cui era gravato. Sotto il titolo misterioso di debito galleggiante ammesso dalle nuove teorie di finanze, non lascia di essere un debito: è tanto più grave, tanto più molesto, perché non trova nei fondi di ammortizzazione un perenne presidio, perché le sue scadenze non sempre possono differirsi. La somma ne ascende a D. 4.345.251,50. Il primo passo indispensabile alla prosperità delle finanze è quello di estinguerlo a gradi. Posta così al nudo la cosa, il vuoto effettivo ch'esiste nello stato discusso da formarsi pel 1831, inclusa una parte del pagamento del debito galleggiante di sopra indicato è di 1.128.167.

Noi ne fummo profondamente rattristati, ma non disanimati: confidando nel divino aiuto, che abbiamo invocato al cominciar del Nostro Regno, e nell'amore del nostro popolo. Noi siamo sicuri che con ferma costanza godremo di un avvenire più lieto. Fedele alle nostre promesse di fare ogni personale sacrificio, noi abbiam già conceduto un rilascio dalla nostra borsa privata di D. 180.000 - Altro ne facciamo dall'assegnamento della nostra Real Casa di D. 190.000. - Conciliando il mantenimento ed il benessere di tutte le nostre attuali forze di terra e di mare col perfetto ordine in cui sono stati rimessi i rami di marina, e guerra, abbiamo ottenuto una diminuzione di D. 340.000.

La severa riforma fatta negli esiti de' diversi Ministeri ha prodotto un' economia di D. 531.667.

Sono di D. 1.241.667. Pareggiati in tal modo gl'introiti e le spese dello stato discusso pel 1831 rimanendovi una somma disponibile di D. 113.500.

Noi ci siamo proposti di impiegarla al sollievo della parte più bisognosa del nostro popolo. Il dazio sul macinato imposto col citato decreto del 28 maggio 1826 richiamava la nostra prima attenzione. Ma questa imposta ascendendo a D. 1.253.000 non avrebbe in tal modo ricevuto che un poco sensibile alleviamento. Non potendo chiedere né alla proprietà né all' industria altri sacrifizj, senza portare grave ferita a queste sorgenti della pubblica prosperità, ci siamo per necessità rivolti ad una nuova ritenuta delle spese dette di materiali, ad una ritenuta su' soldi e su' godenti le pensioni di grazia e giustizia. Essendo questa classe particolarmente rivestita della nostra fiducia, godendo le preminenze della pubblica considerazione, degli onori, delle beneficenze, e de' soldi che le danno più facili mezzi di sussistenza. Noi non faremo a questa classe il torto di crederla poco impegnata al pubblico bene. Questa nuova ritenuta non toccherà gli impiegati ed i pensionisti che godono un appannaggio di D. 25 mensuali in sotto. Crescerà con moderate proporzioni per le classi ascendenti, e se parrà grave per gli impiegati e pensionisti che trovansi alle sommità, in risultato la somma che loro rimane non sarà certo inferiore agli antichi soldi, alle antiche pensioni della Monarchia delle Due Sicilie; e allorché le vecchie costumanze di uno Stato possono utilmente rivivere, è prudente cosa il farlo, ed è indispensabile nella nostra posizione attuale.

Riconosciuta la necessità di queste misure dopo maturamente esaminate nel nostro Consiglio ordinario di Stato se n'è a Noi rassegnato il corrispondente progetto. Considerando che i soprassoldi, le gratificazioni, le identità cumulate da' soldi sono un favore d'eccezione, che per qualunque titolo concedute non può essere continuato ne' gravissimi bisogni dello Stato, che debbono pur nondimeno essere conservati i soprassoldi militari solo a distinguere il servizio attivo dal servizio sedentaneo, o di riforma, le indennità di alloggio de' militari medesimi, come del pari le semplici e necessarie indennità di scrittojo; Considerando che l'unione di diversi uffizj in una stessa persona non concede per i regolamenti in vigore se non che la scelta del soldo maggiore, e che avendo onorata origine da un attestato di nostra fiducia ne' talenti e nello zelo degli impiegati, dà ad essi il titolo alla nostra Sovrana considerazione negli ascensi;

Considerando che gli attuali soldi avendo ottenuto nella prosperità di cui lo Stato godeva prima delle fatali vicende del 1820 il considerabile aumento relativamente agli antichi soldi, possono oltre della ritenuta già esistente soffrirne una nuova;

Considerando che nelle nuove ritenute giova esentarne gli averi cumulati non maggiore di D. 25 mensuali, convenga proporzionalmente tassar gli altri in modo che il peso maggiore ricada su di quelli che sono più elevati;

Considerando essere opportuna una nuova ritenuta sulle spese di materiale;

Considerando che le pensioni di giustizia possono essere tassate colla stessa proporzione de' soldi e quelle di grazia possono soffrire un peso maggiore;

Considerando che nell'alleviamento promesso 'a nostri sudditi l' imposta sul macino richiama le nostre prime cure, essendo quella che grave è per sua natura alla classe più bisognosa e più povera;Sulla proposizione dei Nostri Ministri Segretarj di Stato delle finanze e degli affari interni:

Udito il nostro Consiglio di Stato ordinario;

Abbiamo risoluto di decretare quanto segue:

Art 1.  Sono abolite le cumulazioni tutte di soldo con soprassoldo, pensioni ed altri averi, per qualsiasi titolo conceduti, e sotto qualsivoglia denominazione, la cui somma riunita oltrepassi i D. 25 per mese, di modo che restino conservati per tutte le diverse spettanze i predetti D. 25 mensuali. Sono di questa disposizione eccettuati i soprassoldi ed indennità di alloggio e mobilio de' militari, non che le indennità di scrittojo.

Art 2. I soldi e le pensioni di giustizia che non oltrepassano D. 25 mensuali saranno esenti dalla nuova ritenuta a' termini dell'Art. 1, la quale per le classi ascendenti da D. 25 ed un grano verrà regolata giusta la seguente tariffa: da mensuali D. 25,01 a D. 50 al 2,50 per cento - Da 50,01 a 100 al 5 - Da 101,01 a 150 al 7,50.

- Da 150,01 a 200 al 10 - Da 200,01 a 300 al 15 - Da 300,01 a 400 al 20 - Da 400,01 a 500 al 25.

- Da 500,01 a 700 al 30 - Da 700,01 a innanzi al 40.

Art 3. Le ritenute sulle pensioni di grazia (osservate le prescrizioni dell'Art. 1) saranno fatte al doppio della tariffa contenuta nell' art. precedente. 

Art 4. Sarà ritenuta una seconda decima sulle spese di materiale.

Art 5. Il decimo che in atto si paga sulle pensioni e su' soldi, ed in generale sugli esiti tutti della tesoreria continuerà a ritenersi. Le ritenute soprindicate sono state approssimativamente calcolate per D. 474.030. I quali uniti a' D. 113.500 avanzo precedente formano la somma di D. 587.530.

Art 6. Il dazio sul macinato imposto a' termini degli art. 7 ed 8 cap. 3 del decreto de' 28 Maggio 1826, calcolato allora per D. 1.253.000 è diminuito per metà, seguendosi la ripartizione fattane in esecuzione del citato real decreto.

Art 7. Essendo l'importo della metà del dazio sul macinato che si sopprime in D. 626.500, la somma che manca in D. 38.968 sarà prelevata dalle economie, che nel corso dell' anno si eseguiranno da' nostri Ministri nei rispettivi dipartimenti.

Art 8. Il nostro Consigliere Ministro di Stato Presidente interino del Consiglio de' Ministri e tutti i nostri Ministri Segretarj di stato sono incaricati della esecuzione del presente decreto.

Firmato: FERDINANDO

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