la collezione d'arte: Demetrio Di Grado

 

Note sull'artista

Demetrio Di Grado. Una naturale informalità

Del lavoro precedente di ricerca di Demetrio Di Grado, nelle nove opere dal titolo “Una naturale informalità”, rimane, la tecnica, la materia smalto che rende brillante il segno come a frapporre un ultimo diaframma alla diretta comunicazione tra la proiezione dell’artista e la visione dell’osservatore. Per il resto mi sembra che una fondamentale evoluzione si sia prodotta nella sua ricerca e nella volontà di esprimere il senso del sacro e del mistero del mondo, in una modernità senza miti, vissuto in chiave esclusivamente materiale e di costruzione dell’opera. L’essenza gestuale e comportamentale, esalta la pittura nel significato filologico del termine, che dal suo non lontano passato di macchia o segno, approda ora ad una visione quasi paesaggistica, pur se espressa nella sua essenza definitiva. Il progetto di Di Grado, superando la dialettica tutta novecentista tra astratto e informale, restituisce la coincidenza tra forma e contenuto, senza nascondimenti e orpelli che possano velarne i segreti e la poesia. Mentre le linee e i segni danno un’illusione di spazio, le sobrie masse di colore vibrano, producendo una luminosità lunare e malinconica che dà a questa serie assolutamente omogenea e indivisibile di dipinti, il valore di testimonianza. (Domenico Amoroso)

Lavico

Il paesaggio è stato sempre un argomento di grande richiamo pittorico, da Giorgione in poi. Non soltanto pittorico, vorrei dire. Chi non si è emozionato, guardando con gli occhi del cuore il paesaggio serale di Ugo Foscolo, o l’Infinito oltre la siepe di leopardiana memoria. Non a caso anche l’800 è l’epoca del paesaggio. Da Turner a Van Gogh, da Gauguin a Pellizza da Volpedo - per non parlare di impressionisti, macchiaioli e post-impressionisti - tutti hanno cercato, più o meno, il proprio io nelle recondite pieghe del paesaggio. Il 900, di cui Demetrio Di Grado sembra degno epigono e continuatore, non è stato da meno nell’attenzione alle forme che ci circondano. L’Arte povera, tanto mirabilmente analizzata da Germano Celant, mi pare, infatti, l’immediato antecedente dell’operare artistico del Nostro. Qualche cosa di simile potrebbe dirsi anche a proposito degli impacchettamenti di Christo. Demetrio, anziché isolare fisicamente le cose, le ritaglia intellettualmente, facendo confluire dentro la sua tela frammenti che contengono l’infinito. Ci sono squarci di natura, che potrebbero sembrare presi a caso. Ma, non vi ritroviamo le solite forme dei quadri commerciali. In essi non vi stanno le montagne, a schiacciarci con la loro maestosità, o le lingue di mare, a conquistarci con l’eleganza. Quasi sempre, nel quadro campeggia un cielo che appare infinito, con sotto una breve striscia di terra. L’intento del pittore, però, non è quello di disegnare le cose. Forse, neppure di esaltarle. L’intento del pittore è, invece, quello di unire cielo e terra, con un velo di prospettiva aerea leonardesca, che dà alle cose un tocco di energia surreale. Cadono le forme. E al loro posto per tutto il quadro corrono le vibrazioni luminose. Effetti simili mi hanno ricordato alcune straordinarie tele surrealiste di Tanguy. Ed al surrealismo, evidentemente, Demetrio si riallaccia. Anche quando il gioco dei ritagli della natura lo porta quasi all’astrazione, al puro e semplice gioco cromatico di verdi cupi, di azzurri intensi, di rosa sorprendentemente lattei. Pittore astratto, perciò, il nostro Di Grado. Astratto in quanto pittore sognante. Artista dalla pervicace insistenza nella ricerca di una eleganza lirica. Anche quando tratta, secondo precisi echi dell’Arte concettuale, la materia e le sue drammatiche deformazioni. In questo senso, a dimostrarlo, ci sono le linee che segnano cerchi di perle, quasi a decorare il dramma dei toni scuri. Non riuscirebbe, non riesce, non riuscirà ad essere un pittore dell’infelicità, il mio amico Demetrio. Vitalità e giovinezza corrono come sangue pulsante nelle vene dei suoi quadri, secondo i canoni di una bellezza antica, pur nel suo stile, così moderno. (Massimo Faraci)


Tratto dalla presentazione della personale "Una naturale informalità", 5-20 febbraio 2011 presso la Corte Capitaniale di Caltagirone, Via Duomo 11. Vvernissage: 05-02-2011 ore 18. Orari: lunedì > domenica 9.30-12.30/16-19. Ingresso libero. Sito Web: www.demetriodigrado.biz

Demetrio Di Grado (Palermo, 1976).

“Attraverso segni, colori e geometrie la pittura trae il suo spazio nelle metafore del paesaggio. Sono immagini di terre in accostamento, isole, valli, agglomerati urbani, ricordi di sensazioni plastiche registrate in chissà quale volo della memoria. Il gesto pittorico di Demetrio Di Grado è dunque l'orma di un viaggio tra le iconografie della natura o forse il progetto per emozioni da land art. Le tre dimensioni del paesaggio si assottigliano nelle pieghe stratificate di colore: rughe come monti, graffi sulla tela come scorrere d'acqua. L'informalità naturale viene filtrata da un processo di sintesi pittorica che la rende geometria. Così, i segni si legano nell'intento di costruire architetture bidimensionali; impronte di insediamenti dalle maglie circolari, flussi d'incerta ortogonalità sembrano dirigere la crescita di terre in mutamento. Ma di contro c'è anche l'action di inafferrabili prospettive naturali: frastagliamenti di linee strutturano matericità emergenti dalla tela; la necessità di nuove geometrie informali emancipa in senso spaziale la bidimensionalità della pittura. Essendo una registrazione in divenire del paesaggio, la pittura di Demetrio spesso non trova esaurimento entro un solo soggetto visivo; da qui la necessità di raccontare per accostamenti di sequenze tramite polittici.

Dipingendo, l'autore studia le tensioni plastiche che derivano dall'accostamento di entità territoriali; un atteggiamento pittorico che sembra sperimentare sul dato paesaggistico le spiritualità moderne già cristallizzate dalle geometrie di Malevic e Kandjnsky: la pittura come emozione indotta da concerti di forme, colori e geometrie. Sulle ali di una nuova forma di “prospettiva a volo d'uccello”, la visione di Demetrio intuisce le astrazioni nascoste tra le pieghe della terra“.

[Da “Terre mutanti“, Alessandro Di Bennardo]


Tratto dal catalogo della mostra “Diciottoperventiquattro” Galleria PizzArtè Catania 19 dicembre 2006 - 7 gennaio 2007, in collaborazione con TRIBE ART - La Guida / Il Mensile degli Eventi d’Arte in Sicilia. www.tribearl.it info@tribearl.it

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino - il Portale del Sud" - Napoli e Palermo admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2007: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino. Sito derattizzato e debossizzato