PENSIERO MERIDIANO

 

Editoriale de Il Portale del Sud

Libiam ne' lieti calici

che la bellezza infiora, e la fuggevol ora, s'inebri a voluttà…

Immagine di Edoardo Baraldi, Micromega.

Premessa

Nelle ultime elezioni europee, le uniche dove si può votare un candidato, Berlusconi si è presentato in tutte le circoscrizioni, dichiaratamente alla ricerca dell’investitura popolare plebiscitaria. Lì ogni elettore poteva dunque votarlo. Mr.B. ha ottenuto 2,7 milioni di voti di preferenza, pari all’8,27% degli elettori: peggior risultato berlusconiano di sempre.

Berlusconi non rappresenta la maggioranza degli Italiani (che fino all’invenzione di una nuova aritmetica resterà quella del 51%). Se ha dei guai con la giustizia, se è perseguitato oppure no, se è stato in contatto con Cosa Nostra oppure sì, se deve dare o meno 3,5 milioni al mese alle ex-mogli, se deve restituire o meno dei maltolti ad altri imprenditori, ebbene sappia che la VERA maggioranza degli Italiani (sempre nelle more di una “riforma della matematica”), sono coloro che NON lo hanno votato – di cui orgogliosamente chi scrive fa parte. Le istituzioni democratiche sopravvivono al singolo. Le leggi valgono per tutti. Si regoli di conseguenza o si adegui a svolgere la sua funzione, spersonalizzandola dai suoi problemi. Nessuno è indispensabile.

Acqua dolce?

Il 6 agosto 2008, mentre gli italiani erano al mare, il Parlamento ha approvato una norma, unica in Europa, anche con il "sì" dell'opposizione. Non se n'è accorto quasi nessuno, ma quella norma obbliga i Comuni a mettere le loro reti idriche sul mercato entro il 2010, e ciò anche quando i servizi funzionano perfettamente e i conti tornano. Articolo 23 bis, legge 133, firmata Tremonti. La stessa legge che privatizza mezza Italia e ha provocato la rivolta della scuola.

A parte la voglia di far regali agli amici degli amici con quel che non è loro, i rappresentanti di questa pseudo-destra che abbiamo portato al potere, si portano dietro un apparato ideologico costituito da idee thatcheriane e reaganiane che hanno ormai fatto il loro tempo e si sono rivelate fallimentari ovunque siano state applicate. Basta pensare alla fine che hanno fatto le ferrovie e la sanità inglesi. E basta pensare alla crisi epocale in cui hanno gettato il mondo intero.

Un paese che crede nel futuro non svende, ma investe nelle proprie infrastrutture, ne ha cura, e le mantiene nelle mani del potere pubblico. L’iniziativa privata è certamente fondamentale per lo sviluppo, e può dedicarsi alle tantissime varietà di beni da produrre ed innovare, di servizi da inventare e sviluppare. Invece sanità, istruzione, sicurezza, giustizia, acqua e quant’altro investa l’interesse e le necessità di tutti i cittadini, dovrebbero essere rigorosamente tenuti lontani dalle speculazioni e dalla logica del profitto. Rappresentano e sono l’asse portante del Paese.

Il trasferimento della gestione dell’acqua pubblica nelle mani di privati, un regalino di circa 7 miliardi di Euro, aggrava ancora di più una situazione critica, senza alcuna ragione visto che l’acqua è già criminalmente privatizzata dalla mafia in alcune regioni del Sud. Certamente non è un caso se proprio in Sicilia la gestione dell’acqua ha attirato gruppi privati noti, come la solita (famigerata?) Impregilo, e meno noti, italiani e stranieri. Con risultati a dir poco desolanti. La gente paga fior di bollette, le più care d’Italia, a gruppi privati ricevendone in cambio un servizio pessimo, con interi quartieri di città come Agrigento che continuano a ricevere l’acqua due o tre volte la settimana o Gela che riceve acqua non potabile comprando l’acqua da bere dalla stessa multinazionale che ne gestisce l’erogazione.

Acqua “salata”!

I servizi essenziali sono già, spesso e per loro stessa natura, dei monopoli. Affidarli ai privati non comporta, in genere, alcun vantaggio per il pubblico, né a breve né a lungo termine. Parlare di libera concorrenza, in settori come l’acqua o la salute, mi sembra una presa per i fondelli. Quale potere negoziale ho, come utente, nei confronti dell’acquedotto della mia città? Che faccio se il servizio diventa troppo caro o carente? Mi connetto all’acquedotto di un’altra città? Faccio la doccia con l’acqua minerale? Sono semplicemente costretto a pagare e subire.

Ci chiediamo come mai un governo come quello di Berlusconi (il c.d. “governo del fare”!) non si curi di avviare l’opera pubblica della modernizzazione degli acquedotti, che sono dei veri e propri colabrodo, e la persegue invece per altre opere come il ponte sullo Stretto o il Mose a Venezia? E perché inserisce biecamente in un decreto legge la privatizzazione della gestione dell’acqua? Quali interessi protegge? Non è difficile pensare a interessi legati al profitto dei singoli o del singolo. Già in molti posti, gruppi privati si sono dati da anni allo sfruttamento delle fonti idriche naturali per l’imbottigliamento ad uso commerciale, assottigliando e deviando le falde potabili. Alla fine i comuni si troveranno a dover comprare dai privati la loro acqua, l’acqua che sgorga e che nasce nei propri territori. I soldi che i cittadini versano con le tasse alla collettività per usufruire di acqua corrente, passeranno nelle tasche degli affaristi. Questa politica del “fare”, è sempre di più un “fare male”, perché totalmente privo di etica e sempre più lontano dall’interesse comune.

Meno acqua per tutti!

Il governo svincola il patrimonio pubblico: sta vendendo sotto gli occhi di tutti i gioielli di famiglia, pretendendo anche di far credere che agisca in nome della collettività, come nel caso del “processo breve”. Provvedimenti smaccatamente personalizzati ad uso personale del “premier” e dei suoi beneficiati, quindi illiberali, vengono propagandati dagli scagnozzi di regime come “di pubblico interesse”, grazie al monopolio berlusconiano delle televisioni.

Nella più deleteria interpretazione liberista, il governo vuole realizzare soldi, pochi, maledetti e subito, per dare un momentaneo respiro alle asfittiche casse dello stato, immettendo nel mercato il più prezioso prodotto per la vita, l’acqua, liberandolo dal “giogo” statale. Berlusconi e soci vedono infatti lo Stato come una entità negativa, perché prevede leggi che regolano il vivere civile, mentre lui vuole mani libere, essendo convinto che la collettività coincida con il suo ego. Ma il mercato, senza uno Stato che detta le regole, diventa una giungla in cui vige la legge del più forte e del più disonesto.

Il suo proposito, da sempre, non è quello di far rispettare le regole, ma di imporre la propria volontà ed il proprio interesse. Non riesce ad immaginare una società sana, che avverta come priorità l’onestà e la questione morale. Il risultato che va quindi profilandosi e che tutto vada a “escort”!

Non c’è posto per l’interesse collettivo nello Stato berlusconiano, in quanto ogni singolo cittadino, a questo punto, diventa un potenziale cliente alla mercé dello sfruttamento privato. Delle conseguenze a lungo termine per i cittadini italiani, lui se ne frega: “hic et nunc et pro domo mea”, tipico della sua visione “imprenditoriale”.

La stessa politica aberrante si sta operando con i Beni culturali e con la scuola. Arte, Ambiente, Acqua, Istruzione. L’inestimabilità del loro valore è stato tradotto in moneta. Da bene comune a merce il passo è breve, soprattutto quando nei mercati internazionali (e troppo spesso nei mercati neri) c’è richiesta. Figuriamoci che succederà per l’acqua con i tempi che corrono.

Più statista che nano

In Italia è iniziata la caccia all’accaparramento delle ultime risorse: cementificazione dei parchi naturali, requisizione delle sorgenti, privatizzazione dell’acqua pubblica, discariche e inceneritori negli spazi più incontaminati del Paese, ritorno al nucleare, grandi opere imposte con la militarizzazione dei territori e la distruzione di interi habitat. Fiumi già in agonia, disseminati di ulteriori centrali idroelettriche. Impianti eolici “a pioggia” costruiti non secondo un piano razionale e regolato, ma in base alle esigenze di cassa dei Comuni, costretti a cedere spazi di territorio ad una multinazionale dell’energia, che paga un canone da quattro soldi per sistemare pale eoliche alte come grattacieli. Il sindaco del comune indebitato non ha alternative. Quelle pale sono il solo modo per mandare avanti l’amministrazione. Lo Stato si guarda bene dall’intervenire: dovrebbe indicare alternative, invece taglia i fondi. Le Regioni, dal canto loro, si dimostrano per quello che sono diventate: enti-cuscinetto, emblemi di un’organizzazione statale mastodontica quanto inefficace.

Dovrebbero bastare solo queste poche considerazioni a convincere che questo non è un cattivo governo o un buon governo. Semplicemente non è un governo, ma un’associazione a fini di lucro, che tende allo smantellamento della democrazia diretta, alla corsa ad un federalismo irresponsabile ed antimeridionale, alla deregulation legislativa, alla speculazione finanziaria dell’economia, della scuola e dell’università. I danni, forse, potranno essere cancellati soltanto dopo immani sforzi delle future generazioni, sempre che ne avranno la forza.

Perché il problema è quello di sempre, specie se riferito al sud: ci sono dei singoli eccellenti e tanti, troppi “servi”... È questo che non si vuole capire. Non serve l'eccellenza di pochi, se i molti preferiscono vivere di elemosina. Come i lazzari o i vastasi. Fedeli a chi li fa mangiare giorno per giorno, incapaci di realizzarsi giorno dopo giorno.

Fara Misuraca ed Alfonso Grasso

dicembre 2009



Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso

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