Pensiero Meridiano

 

L’ombra lunga dell’autunno italiano

Editoriale del Portale del Sud

Potere forte

Berlusconi da quando è strato costretto alle dimissioni fomenta, con la forza illecita dei suoi media illeciti, l’idea che esista una categoria internazionale e trasversale nel mondo, quella dei banchieri, che ha attentato al suo diritto divino di governarci, cioè di farsi gli affari propri anche a costo di distruggere l’Italia. Ma chi sono i banchieri? La risposta è semplice: i proprietari di banche, come Berlusconi stesso e famiglia, proprietari di Mediolanum, per esempio.

Si dice e si scrive da più parti, in modo trasversale, a destra e a manca, sulla stampa e sul web, che il governo Monti sia stato voluto, preparato e imposto dai cosiddetti “poteri forti”. Ma quali sono i Poteri Forti? Non certo la Merkel o Sarkozy, se per poteri forti si intendono eminenze grigie che dispongono nell’ombra ed nel segreto dei salotti i destini del mondo. I leaders europei, che hanno contribuito a cacciare Berlusconi, l’hanno fatto pubblicamente, esplicitamente, con spietato sarcasmo. Lo hanno fatto perché evidentemente considerano Berlusconi per quello che è, un vecchio arrogante, incapace e pericoloso per gli interessi dei loro Paesi. Interessi che, per fortuna, coincidono spesso con i nostri nell’Europa dell’Euro.

Di poteri forti i “complottisti” ne mettono in campo per tutti i gusti. Dalla G.S. (Goldman Sachs, la più grande banca d’affari del mondo, americana, legata a doppio filo al Fmi (Fondo monetario internazionale). Poi c’è la Commissione Trilaterale (fondata nel 1973 da Rockefeller e Kissinger, con sede a New York, che per statuto mira a promuovere la “cooperazione” economica e lo scambio culturale tra Europa, Giappone e Nord America), la Bce (Banca centrale europea, con sede a Francoforte, istituita nel 1998 nel quadro del Trattato dell’Unione europea, al fine di coordinare le politiche monetarie dei paesi membri). Inoltre, Merkozy, ossia la Germania di Merkel e la Francia di Sarkozy, i padroni dell’Ue (“governo dell’asse franco-tedesco”). Infine il Vaticano, lo Ior e la Cei (Conferenza episcopale italiana), che nel recente convegno di Todi avrebbero preparato l’assalto catto-clericale al governo e al Parlamento. Senza dimenticare la Confindustria di Marcegaglia, i Sindacati dei lavoratori (Cgil compresa), e, perché no?, la Conferenza nazionale dei Presidi di Facoltà e dei Rettori delle Università italiane. E non dimentichiamo Banca Intesa (quella per cui ha lavorato il neoministro Passera). L’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Scartiamo per piacere questa ridicola ipotesi di complotto internazionale, così cara al vittimismo di stampo fascio-berlusconiano! Un vittimismo secondo solo a quello di “Silvio” (il “perseguitato” più ricco del mondo). Quest’uomo ci ha inchiodato ai suoi problemi per 18 anni, ha avuto più potere lui di chiunque altro nella storia repubblicana, ha gestito più soldi pubblici con i suoi “governi” di tutti i precedenti messi assieme, è stato avvantaggiato dall’avvento dell’Euro, checché ne dica, e ha potuto rastrellare il risparmio privato con una criminale gestione del passaggio dalla lira alla nuova moneta. Ha avuto a sostegno maggioranze assolute “bulgare” (non per i voti degli elettori, sempre minoritari, ma per legge elettorale ). Possiede giornali e televisioni capaci di influenzare la pubblica opinione, disinformandola più che informandola. Ha soldi facili, tant’è vero che si è comprato deputati e “ballerine”, anche minorenni. In 3 anni, dal 2008, ha aumentato il debito dal 103% al 121% (altro che eredità del passato!), la pressione fiscale sotto di lui ha raggiunto il massimo storico, così come la disoccupazione, il degrado ambientale e quello del patrimonio culturale. Ci ha reso ridicoli nel mondo intero. Chi, se non Silvio stesso, è il “potere forte” in Italia?

Ci vorranno anni e anni per rimediare, semmai sarà possibile farlo, altro che giorni o mesi. Ma… niente da fare, per il vittimismo berlusconiano le responsabilità sono di Bersani, dei comunisti, dei magistrati, degli omosessuali, dei maestri e professori, dei sindacati… State tranquilli, cari berluscones, Silvio non è finito, è sempre lì e conta su di voi per rialzare la cresta e continuare a farsi i cavoli suoi!

A noi ci basta al momento la gioia di averlo visto umiliato dal mondo, dopo aver sopportato anni di derisione per colpa sua. Chi lo sosteneva per convenienza, come Confindustria e Vaticano, alla fine lo hanno espettorato.

Il Vaticano, oggettivamente, non poteva più sopportare la contraddizione di appoggiare Berlusconi da una parte, e predicare rigore morale dall’altra: l’antitesi era troppo visibile, così l’ha scaricato. La forza della Chiesa, occorre a malincuore riconoscerlo, è di pensare e programmare a lungo termine; la gerarchia è scandita soltanto dal ritmo delle morti, il suo potere non è basato sul consenso da alimentare, così può permettersi di pianificare. Nel 2008 ha ri-trascinato Berlusconi al potere assicurandosi l’esenzione Ici e le leggi liberticide ed assolutistiche in materia etica, ma ha lasciato fuori dal governo Casini… Al momento opportuno, ha potuto pertanto liquidare Berlusconi e la sua improbabile combriccola di nani, orchi e ballerine.

Più o meno lo stesso discorso vale per la massoneria italiana, quella che va sotto la lettera P, così diversa dalla fabbrica di idee e di modernità di quella inglese del ‘700… La massoneria italiana è un circolo in cui si distribuiscono prebende, favori, privilegi… una consorteria di furbetti, faccendieri, avvocati incavolati coi giudici, mafiosi e camorristi, generali in pensione che sognano la marcia in ordine chiuso per tutti gli Italiani. Berlusconi, tessera 1816 della loggia massonica “Propaganda 2”, nonché affiliato anche alla massoneria francese, permetteva loro di perseguire i fatti loro, facendosi i suoi e mettendo in atto il programma politico reazionario che aveva appreso dal gran maestro Gelli.

La massoneria non ha però scaricato Berlusconi in maniera eclatante come ha fatto la Chiesa ma ne ha solo preso le distanze. Sostanzialmente il vecchio malato (la moglie ci aveva messo sull’avviso da tempo, ricordate?) è stato accantonato anche dalla massoneria per manifesta incapacità. Così hanno fatto le mafie e la camorra, vista la impossibilità di ottenere le leggi sulla prescrizione breve (che avrebbe coperto i vari prestanome del riciclaggio) e sulle intercettazioni: l’ “errore” relativo di Berlusconi è stato quello di aver portato avanti solo iniziative favorevoli ai fatti propri, dimenticando gli amici e… gli amici degli amici!

Fatto sta che sabato 12 novembre 2011 abbiamo potuto godere della vista del volto tumefatto di Berlusconi che si dimetteva, tra l’esultanza spontanea della società civile scesa nelle strade a liberarsi di un incubo troppo lungo. Una gioia che aspettavamo, coltivata giorno per giorno con la tenacia della speranza, alimentata negli anni dallo sdegno della ragione e del cuore.

Siamo tra quelli che hanno esultato, un po’ ingenuamente è vero, perché in verità l’orco non è morto ma solo ferito. Da ferito è più pericoloso che mai e avrà tutto il tempo per farci dimenticare la sua responsabilità di averci trascinato al quasi fallimento.

La sconfitta di Berlusconi in realtà è iniziata a Milano, con la vittoria di Pisapia, a Napoli, con la vittoria di De Magistris, con i 27 milioni di persone che si sono recate alle urne per il referendum, e prima ancora con quel popolo “rosa” sceso in piazza il 14 febbraio al grido di «se non ora quando». Ma il 12 novembre, per la prima volta nella sua vita politica Berlusconi ha dovuto arrendersi alla realtà. La narrazione di una realtà parallela, la negazione sistematica del mondo qual è che da quasi 20 anni ci propinava con maestria è crollata.

Ed a malincuore oggi siamo costretti a fare il tifo per Mario Monti. Dopo la volgarità al potere, il disgusto quotidiano e lo strepito da caravanserraglio, i troppi nani e ballerine, le paillettes e cotillon nel cuore dello Stato, la sua normalità sembra un miracolo. È duro e non lo diciamo con gioia, ma ci dissociamo dalle truppe d'assalto pronte a fucilare il nuovo governo prima ancora che questo abbia presentato il suo programma e avuto il tempo di metterlo in pratica: si tratta di un anno, un anno e mezzo al massimo, cos’è di fronte al tempo che ha avuto a disposizione Berlusconi? Niente.

È da pazzi pretendere che la situazione migliori in pochi giorni, dopo che il Paese è stato meticolosamente demolito per quasi un ventennio. Come è assurdo il tentativo della Lega di far finta di non aver governato con il nano! O l’atteggiamento disfattista di Di Pietro che riporta indietro al tempo di Bertinotti che allegramente riconsegnò il Paese a Berlusconi.

Diamogli tempo e vediamo come si muovono prima di processare… e giudicare. In fondo, consentiteci di essere banali, se per curare un malato di cuore ci vuole un cardiologo per curare un malato di "economia" ci vorrà un economista o preferiamo un idraulico?

Una cosa però ci rende ottimisti: vedere un Calderoli o un Castelli che hanno perso il loro ghigno strafottente e arrogante o una Santanché in gramaglie. Se non piace a loro ci sarà pure almeno un motivo, uno solo, per piacere a noi! E pensate alle sedi dei ministeri soppressi a Monza! Dai, c’è di che gioire!

Monti oppure tutti a mare

Monti a Palazzo Chigi, secondo noi, è l'ultima possibilità. Non c'è un'altra soluzione politica possibile (un campagna elettorale piena di roboanti promesse non sarebbe servita a molto), per tentare di non arrivare all'insolvenza dello Stato, alla sospensione del pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici, al blocco del credito bancario, alla paralisi del sistema produttivo.

Non sappiamo se il governo del “sobrio” Monti sarà sufficiente a metterci al riparo, almeno temporaneamente, dalla tempesta che ci infuria intorno. Ma è necessario tentare, e per citare il nostro amico scrittore Roberto Alajmo "Chi si lamenta che il governo è controllato dalla Bocconi, pensi che fino a ieri era controllato dal Cepu"! Pensi a Brunetta o a Biancofiore!

Berlusconi ci ha trascinato nel baratro. Il massimo dell’arroganza l’ha raggiunto al G20 di Cannes, dichiarando che nessun italiano avrebbe potuto sostituirlo nel ruolo di premier… Come può, alla luce di dei fatti oggettivi prima riportati, non discutibili perché reali, uscirsene senza una condanna di infamia politica?

Non dobbiamo tuttavia nascondere la gravità degli avvenimenti di questi giorni. È indubbio che introducono un carattere di discontinuità nella vicenda della nostra Repubblica. Anche se nessuna regola della nostra Costituzione è stata violata nei convulsi passaggi di questa crisi di governo grazie alla perizia del Quirinale. Costituzionalmente noi nasciamo e siamo una Repubblica Parlamentare: la sede in cui nascono e muoiono i governi è il Parlamento. E qui il Parlamento e il Governo è stato “commissariato”, in un'evidente situazione di emergenza, dalla Presidenza della Repubblica. Ma c’è una giustificazione solida: il Parlamento inteso come luogo della decisione politica, era imploso sotto i colpi di un uomo che comprava e di altri che si vendevano. I Partiti si erano neutralizzati e il Parlamento è stato bloccato da una pseudo maggioranza, non più politica ma costruita di volta in volta a colpi di compravendita degli Scilipoti di turno. È in un tale Parlamento che l'iniziativa è passata ad un altro potere costituzionale, messo li apposta per garantirci, che ha deciso.

Cosa possiamo aspettarci da questo governo così nato? Il prof. Monti, lo sappiamo tutti, è un uomo dei “Mercati”. Non ci potrà dare, quali che siano le sue buone intenzioni, "libertà e giustizia". Quello che possiamo aspettarci è un riallineamento economico e finanziario, soprattutto in termini di credibilità e autorevolezza, all'Europa. Non sarà facile. Il suo governo dovrà governare sopra e contro una società politica fallita ma ancora dotata di un forte potere di interdizione. Una impresa improba, perché si troverà davanti un Parlamento frammentato in 34 gruppi, un Parlamento rissoso, miope e irresponsabile. E, soprattutto, con il fantasma del vecchio premier Berlusconi, umiliato, ferito ma non cancellato né domo.

Ciò che tuttavia ci preoccupa maggiormente è la mancanza di volontà, a livello europeo, di interrompere il circolo vizioso della speculazione. Fino a quando la BCE presterà soldi alle banche e non agli Stati e questi saranno costretti ad indebitarsi sempre più con prestiti usurai non ne usciremo. Questo debito che ormai investe Europa e US, ha messo in crisi democrazia e conquiste sociali. Marchionne insegna. Tutti i governi occidentali sono soggetti alle stesse scelte e agli stessi indirizzi economici ed è impossibile non accettare questo ricatto. Siamo quasi certi che il governo Monti ridurrà qualche privilegio e questo servirà a giustificare i sacrifici sociali che ci chiederà. Ma dubitiamo che possa riuscire a far ripartire l’economia. La ricetta liberale ha fallito, questa è la verità. Nata per polarizzare il capitale in funzione del reinvestimento, è finita agonizzante per mano degli speculatori, ai quali non passa neanche per l’anticamera del cervello reinvestire e concorrere allo sviluppo.

Alla fine è tutto il Paese in ginocchio anche dal punto di vista ambientale e della conservazione dei beni culturali ed archeologici, nostro impagabile patrimonio. Peccato, aver pensato al ponte sullo Stretto ed al nucleare, mentre il territorio cedeva in Veneto come in Sicilia, da Ischia a Monterosso. È ormai troppo tardi per intervenire? Il momento sembra indicare la sopravvivenza come priorità... ci invece da mantenere le portaerei e comprare i cacciabombardieri..!

In realtà, l'Europa intera, dopo la svolta a destra di inizio secolo, appare ormai preda della paura, alla mercé dei faccendieri. Le scelte fatte si pagano! Sarebbe stato troppo bello conservare lo Stato Sociale, la sanità per tutti, la solidarietà interclasse, la cultura del collettivo. Ma speriamo almeno che quanto sta avvenendo serva almeno da lezione, perché ci ricordi sempre che anche noi possiamo diventare poveri, indifesi, sfruttati, avviliti… che forse conveniva essere meno individualisti quando le cose andavano bene, che sarebbe stato più conveniente continuare con il perseguire l’uguaglianza, il diritto al lavoro, l’emancipazione del terzo mondo… o no? In fondo siamo in vantaggio sulla Spagna, a cui tocca ora subire il Sarkosy di turno democraticamente eletto… noi abbiamo già dato! Confidiamo in un impeto di riscossa dalla società civile. Mai arrendersi! Perché contrariamente a quanto dicono nostri tanti amici (o ex amici) qualunquisti, non sono “tutti uguali”, e da quando se n'è andato mister B. si rivede almeno lo stile italiano ed ascoltiamo un linguaggio consono. Sono piccole cose, ma speriamo che crescano. Mentre negli ultimi tre anni non era successo niente. Ma proprio niente niente. Tranne il nostro declino.

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Novembre 2011


Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso

Il commento di Antonio Casolaro

C'è aria di tempesta in giro

Bello, chiaro, direi educativo, almeno per me, l’editoriale di Novembre. Un racconto che ha descritto in modo intellegibile forse uno dei periodi più oscuri della storia di questo paese.

Si sa che gli uomini e le donne sono portati in larga misura a dimenticare e quindi inconsapevolmente ad assolvere. Bene hanno fatto allora gli autori del saggio ad assegnare il carattere come dire di unicum alla stagione del “sultano”, dell’anticomunista viscerale diventato però l’uomo più ricco d’Italia quando nel paese c’era il partito comunista più forte dell’Europa occidentale (nulla di nostalgico in ciò, ma solo una semplice constatazione). Certo l’uomo delle comiche – verrà giorno che le sue gaffe, la sua stupidità, le sue bugie, il rimangiarsi il mattino dopo quanto detto la sera prima, saranno raccolte in appositi video che imperverseranno su youtube. Già oggi gira un filmato della solitudine per non dire dell’isolamento che i partecipanti al G20 di Cannes hanno riservato al “sultano” in occasione della chiusura dell’assise dei potenti del mondo del 4 novembre scorso – per un periodo che potrebbe terminare anche nella primavera del 2013 non sarà più sul proscenio del teatrino della politica italiana, e ciò è già qualcosa perché permette almeno di respirare.

In conclusione penso che un uomo incapace, per le intrinseche deficienze culturali, ma dotato di una notevole furbizia che gli ha consentito di fiutare anzitempo il cambiar del vento, e che di fronte ad eventi giganteschi assolutamente da lui inaffrontabili lo abbiano costretto a fare un passo indietro, nella speranza che dopo la tempesta possa recuperare, insieme alla sua corte dei miracoli fatta di guitti ed escort il dominio del paese: sta al paese appunto impedirglielo.

Da quanto accennato il quadro che ne è derivato con l’allontanamento del dominus è ancora frammentato e scomposto, anche se, in sostanza, l’ombra reazionaria della seconda Repubblica, col suo mix di caudillismo e populismo, si allunga consistentemente anche sulle nuove dinamiche tecnocratiche e neoautoritarie.

Il punto per il momento più appariscente sul quale si può concordare è la sostituzione, ai vertici dello Stato e nei compiti di governo, dei politici di partito coi tecnocrati e con personale proveniente direttamente dalle amministrazioni pubbliche – prima contraddizione: i pubblici che privatizzano ? -. In ordine a ciò si ricava che insieme al sultano sono i partiti ad essere stati invitati oggi a fare un passo indietro, di modo che la politica venga declinata sempre più direttamente dall’amministrazione statale. Ciò significa anche che la politica si allontana se non proprio si distacca dalla realtà della vita civile del paese, ridimensionando notevolmente le occasioni della mediazione sociale.

Il contesto storico complessivo innegabilmente ha i caratteri della eccezionalità. Esso infatti è segnato da una crisi virulenta che, di per se stessa, scompone e riordina l’insieme delle relazioni economiche e sociali.

Cominciata come crisi finanziaria nel 2008, della quale “il sultano” non ha mai capito niente, e continuata in crescendo con la recessione degli anni successivi, senza che “il sultano” riuscisse ad intercettarne nemmeno un’eco, oggi essa affronta un nuovo tornante situato nella parte più difficile e quindi distruttiva per gli esiti che possono derivare dal suo incedere.

Questo tornante è costituito dalla prova di forza in atto tra i sistemi-paese e i singoli segmenti degli assetti del sistema. Questi ultimi ossia i fondi di investimento, i grandi pacchetti azionari, le grandi banche, le grandi compagnie assicurative, le grandi imprese industriali e commerciali, che pure hanno un ancoraggio nazionale, nel senso che afferiscono comunque a un sistema-paese, sono strenuamente impegnati a riparametrare i rapporti di forza fra le dinamiche di compravendita che caratterizzano la loro azione, ovvero il valore del denaro concentrato, e la più complessiva capacità produttiva degli stessi sistemi-paese.

Il denaro, messo alle strette dalla crisi finanziaria e impossibilitato ad operare ancora col sistema dei derivati, e cioè ipotecando continuamente il futuro attraverso mutui e contratti assicurativi sulla produzione e i redditi degli anni a venire, ha ora urgente bisogno di una remunerazione quale che sia. Molti fondi di investimento e moltissime banche sono con l’acqua alla gola: non solo perché possiedono nei loro caveau titoli “tossici”, ma proprio perché si sono fatte più strette e quindi più difficili le vie della remunerazione del denaro. Per arrivare a questa valorizzazione gli Stati sia essi di dx che di cd sx hanno costruito il processo di far valere di meno i sistemi-paese e cioè i macchinari e il lavoro. Questo ridimensionamento si è manifestato attraverso la politica della riduzione dei debiti sovrani, e dunque col tentativo di togliere dal tavolo, per così dire, la materia del contendere.

Il presupposto dal quale partono la BCE e le cancellerie dei governi, da Obama alla Merkel a Sarkozy a Monti, è di lasciare sostanzialmente inalterata la distribuzione della ricchezza per come è adesso – l’1% della popolazione del mondo detiene l’intera ricchezza del mondo. Di qui lo slogan degli indignati americani “we are the 99%” -.

In questa realtà il futuro è tutto da leggere perché al di là degli immensi sacrifici cui saranno sottoposte le masse popolari non è detto che ciò basti e soprattutto non è detto che l’aumento delle tassazioni indirette – le più crudeli perché colpiscono indiscriminatamente tutti e tutte -, l’aumento delle età pensionabili insieme alla riduzione delle pensioni stesse – l’applicazione del contributivo a tutti – l’assoggettamento all’Ici anche della prima casa, l’aumento della sanità saranno accettate impunemente dai pensionati, dai lavoratori e dalle lavoratrici, dai disoccupati che sono tanti, dagli studenti.

Di fronte a questo possibile scenario in mancanza di riferimenti credibili sono possibili opzioni avventuriste. Soluzioni che troverebbero accelerazioni in presenza di ulteriori sconvolgimenti nei paesi arabi. L’egemonia dell’islam è ormai un fatto assodato. Si tratta di capire e verificare se la forza moderata dei Fratelli Musulmani riuscirà ad assicurarsi il potere nei paesi attraversati dalle cd rivoluzioni arabe. Non è detto però che ciò avvenga dal momento che i salafiti sono presenti ed anche in modo significativo, per esempio in Egitto, e potrebbero con la loro azione politica orientare in chiave antioccidentale e soprattutto antisraeliana i governi a cominciare appunto dall’Egitto a finire all’Algeria. Quali saranno i contraccolpi in paesi deboli come è oggi il nostro ? Meglio non pensarci.

A. Casolaro - Caserta

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Il commento di Nicola Lo Bianco

L'ombra lunga dell'Autunno italiano

Il Vs editoriale coinvolge, appassiona, fa riflettere.

Chi ha vissuto questi due decenni con l'onta, l'indignazione, il disgusto di essere "governati" dalla delinquenza legalizzata, dalla cialtroneria spudorata, dall'incultura, non può che esultare insieme a Voi delle dimissioni di Berlusconi.

Ma, a parte che il nuovo governo di "bello stile" è purtroppo ancora nelle mani di quei "gentiluomini" (vedi opposizione e minacce sulla patrimoniale), per il prossimo futuro mi pongo due domande.

La prima: questi ulteriori "sacrifici", che già soffriamo e patiamo almeno a partire dai primi anni '90, serviranno davvero a riqualificare il paese, o sarà soltanto un tamponare il debito con un debito più pesante e a più lunga scadenza?

La seconda: attendere certo, anche noi con "sobrietà", le scelte del governo Monti e su quelle prendere posizione caso per caso (come tra l'altro dichiara Di Pietro), ma, oltre al debito, non c'è anche una inderogabile questione sociale da non sottovalutare, da tenere sempre presente in primo piano? La canaglia berlusconiana è appostata, in agguato, pronta a ricominciare come e peggio di prima, e bisogna prepararsi a fronteggiare questa minaccia che accompagna e si muove all'ombra del governo Monti.

La cosiddetta sinistra, tutta l'area dell'opposizione a Berlusconi, la società civile nel suo complesso, dovrebbe chiedere a Monti, nel mentre che cerca la soluzione finanziaria, una nuova legge elettorale, un primo passo al ripristino di un minimo di democrazia.

Puntare tutto sul debito favorisce di fatto il berlusconismo.

Nicola Lo Bianco

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