Le Pagine di Storia

Il Gabinetto di Fisica del Re

a cura di Alfonso Grasso

La statua di Ferdinando II a Pietrarsa

A partire dal 1840 si va formando, nel Palazzo Reale di Napoli, un particolare museo scientifico: il Gabinetto Fisico del re Ferdinando II di Borbone. Le macchine che lo composero sono oggi in parte conservate al Museo del Dipartimento di Fisica dell’Università di Napoli, mentre l'archivio è conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli.

La nascita del Gabinetto Fisico del Re risale ai primi decenni dell’Ottocento, ma il suo iter di formazione inizia nel secolo precedente, quando l’erede dei Farnese, Carlo di Borbone, diventa, nel 1734, re del Regno di Napoli e nella capitale trasferisce l’eredità della madre Elisabetta Farnese: quadri, oggetti d’arte, libri e, testimoniano le fonti, "diverse macchine matematiche", che vengono collocate nel Palazzo di Capodimonte. Nel sito reale si concentrano libri, dipinti, armi, macchine fisiche.

Il padre somasco Giovanni Maria Della Torre, docente di fisica e matematica e inventore di microscopi, fu il Sovrintendente e Custode di tutte le raccolte. Gli strumenti scientifici a Capodimonte risultano, però, rispetto al contesto artistico delle raccolte "del tutto aliene ed isolate" e pertanto vengono trasferiti, nei primi anni dell’800, all’Accademia Militare della Nunziatella, costituendo così il primo nucleo di un museo scientifico militare. Altre macchine fisiche, commissionate in Francia all’inizio del secolo dall’Accademia delle Scienze e destinate all’istruzione pubblica, all’arrivo dei francesi nel 1805, vengono trasportate a Palermo.

Con il ritorno sul trono del Borbone (1815), tornano anche le macchine, prima depositate alla Nunziatella e poi utilizzate per i gabinetti scientifici universitari. Sull’onda della progressiva specializzazione delle scienze si erano inaugurati a Napoli, nel primo ventennio dell’Ottocento, il Museo Mineralogico, l’Osservatorio Astronomico, l’Orto Botanico, il Museo Zoologico, l’Anatomico e i gabinetti scientifici universitari di fisica e di chimica. Gli archivi di queste istituzioni, conservati nell’Archivio di Stato di Napoli, ne documentano la complessa storia. A Palazzo Reale, dopo il disastroso incendio del 1837 e in seguito ai lavori diretti dall’architetto Gaetano Genovesi, si allestiscono i locali destinati alla Biblioteca particolare del Re; nei locali adiacenti viene collocato il Reale Gabinetto Fisico, amministrato dal Maggiordomo Maggiore della Real Casa.

Fra il 1830 e il 1845 le fonti testimoniano un fervore di lavori e di iniziative e soprattutto acquisti di strumenti dall’Italia e dall’estero, per volontà di un sovrano, Ferdinando II di Borbone, appassionato di astronomia e collezionista di orologi, e soprattutto grande fautore dell’aggiornamento scientifico, da lui visto come strumento di indipendenza e crescita delle Due Sicilie. L'organizzazione fu curata dai direttori Domenico De Miranda e poi Giacomo Maria Paci. Attraverso gli agenti diplomatici napoletani si acquistano fra l’altro in Inghilterra l’igrometro di Daniell, le macchine di Clarke e di Newmann, in Francia gli apparati di Lerebours, il Banco di Newton, il cannocchiale di Conchoix, gli strumenti dei Pixii. E con l’arrivo di nuovi strumenti si determina la necessità di riorganizzarne l’esposizione. E’ evidente l’attenzione che si pone alla collezione, al punto che alcuni strumenti acquistati all’estero vengono restaurati e corretti dai macchinisti napoletani, ma si fa sempre più evidente la necessità di attrezzare il Gabinetto Reale a vero e proprio laboratorio. Le fonti archivistiche documentano le operazioni geodetiche condotte col teodolite di Dollond nella sottostante Darsena; nel Giornale del cronometro di Arnold si annota sistematicamente la longitudine della Reggia di Napoli. Giacomo Maria Paci, il direttore, autore d'appassionati rapporti e documentate memorie scientifiche dichiara che "questo Real Gabinetto, benché privato pure dal canto suo contribuisce al progresso della scienza".

Per il VII Congresso degli Scienziati tenutosi a Napoli nel 1845 e negli anni a seguire, Paci lavora all’allestimento delle sale, ma anche al costante aggiornamento della collezione e alla realizzazione di esperimenti significativi, in continuo contatto con quanto veniva sperimentato all’estero, nel campo dell’ottica, dell’elettricità, della meccanica. Dal 1850 Il Gabinetto Fisico del Re va assumendo una diversa fisionomia. Il direttore Paci, ricordando come finora abbia procurato macchine inerenti "alla parte trascendentale della scienza, atteso l’eminente soggetto a cui la collezione appartener dovea", si ripropone di corredarlo, nel giro di tre anni, delle macchine necessarie per un corso completo di Fisica e per l’istruzione del Principe ereditario, il futuro Francesco II, già impegnato nello studio delle scienze esatte. Tre anni dopo il Museo-laboratorio è completato, con gli acquisti dell’epoca del Congresso e con le nuove macchine, soprattutto quelle sperimentate dal fisico Macedonio Melloni, primo direttore dell’Osservatorio Meteorologico Vesuviano: il galvanometro, l’apparato del calorico raggiante con la sua lente a scaglioni, il magnetoscopio e l’elettroscopio.

L’inventario del ‘53 ne è la fotografia, con l’elenco degli strumenti disposti in ventiquattro armadi e per classi, con gli strumenti più belli e quelli di notevoli dimensioni disposti, in bella mostra, nelle sale della Biblioteca privata del Re, riproposti come oggetti d’arte, decoro e prestigio della dinastia. La fine del Regno delle Due Sicilie determina anche il destino del Museo che, il 20 settembre 1860, pochi giorni dopo l’entrata di Garibaldi a Napoli, viene formalmente consegnato al professore universitario di Fisica Filippo Cassola. Dal 1879 e fino al 1887 gli strumenti saranno conservati nel Palazzo di Capodimonte. Nell’inventario che li descrive viene annotata la cessione, fra l’87 e il ‘92 di quasi tutti gli strumenti all’Università, dove saranno riuniti agli oggetti del gabinetto di fisica. Oggi la collezione di strumenti antichi del Museo di Fisica del Dipartimento di Scienze Fisiche, Università degli Studi di Napoli "Federico II", comprende circa 400 strumenti originali. La maggior parte degli strumenti è databile a partire dal 1820, ad eccezione di una lente per cannocchiale di Evangelista Torricelli realizzata nel 1645, una meridiana portatile realizzata a Napoli nel 1769, una doppia lente di Brander della fine del XVIII secolo ed altri oggetti tra cui un pirometro a dilatazione e due bussole nautiche. Vediamo alcuni strumenti in dettaglio.

Meridiana portatile in argento ed oro (Giuseppe Maria Cavaliero) Questa meridiana, a forma di tronco di piramide, poggia su viti calanti in modo da poter essere facilmente livellata. Lo strumento, le cui cinque facce sono marcate con le ore solari, va orientato per mezzo di una bussola alloggiata, insieme con due livelle a bolla d’aria, in un piccolo vano chiuso dalla faccia superiore della meridiana stessa. Nella parte interna del coperchio del vano sono incise istruzioni dettagliate sull’uso dello strumento. Su ogni faccia della meridiana agisce da gnomone il braccio sollevato di un piccolo angelo in argento; in tal modo è possibile sempre rilevare l’ora solare contemporaneamente su tre facce. La meridiana fu ideata e realizzata a Napoli nel 1769, come è riportato in una incisione sulla faccia orientata a Nord insieme alla latitudine di Napoli: "Instrumentum Solare Horarium a Josepho M.a Cavaliero Barone S.cti Caetani adinventum atque delineatum A.D. 1769 ad Latit: Bor: Neapolis Grad.: 40.50.". E’ in argento, con gli spigoli rinforzati con ottone placcato in oro; è custodita in una scatola di legno foderata all’interno con velluto verde ed all’esterno con velluto cremisi, dotata di piccole maniglie e sormontata dallo stemma borbonico, il tutto in argento.

Sestante in custodia di legno (prima metà dell’800) Il sestante serve a misurare l’altezza del sole, o di una stella, rispetto all’orizzonte. Uno specchio ed un cannocchiale sono rigidamente collegati fra loro e fissati ad un supporto a forma di settore circolare, su cui è riportata una scala graduata in palladio. Su di essa scorre un’alidada, cui è solidale un secondo specchio. Tenendo lo strumento per un’apposita impugnatura lo si dispone verticalmente e muovendo l’alidada si fa in modo che attraverso il cannocchiale appaiano allineati la linea dell’orizzonte e l’immagine dell’astro, ottenuta per doppia riflessione sullo specchio fisso e su quello mobile. Lo strumento è custodito in una scatola di legno sagomata ed è firmato: "Troughton & Simms, Opticians & Mathematical Instrument Makers to the Honourable Board of Ordnance, London".

Pirometro (Antoine Hippolyte Pixii Parigi, 1830) Per le misure di alte temperature si utilizzano particolari strumenti detti pirometri; il principio di funzionamento di alcuni di essi si basa sulla dilatazione termica dei metalli, come in quello qui illustrato. Infatti l’allungamento di una sottile asta di metallo, dovuto alle variazioni di temperatura, viene amplificato da un sistema di leve e trasmesso ad un indice mobile lungo una scala di porcellana a forma di corona circolare. Il sistema è fissato su di una lastra di marmo posta su una base di legno dotata di un piccolo cassetto, in cui sono custodite varie aste di metalli diversi. Lo strumento è stato successivamente modificato con l’aggiunta di un sistema per il riscaldamento dell’asta realizzato con un filo metallico percorso da corrente elettrica. In tal modo è possibile studiare la dilatazione dei metalli con la temperatura: dilatometro.

Modello di locomotiva a vapore (Robert Stephenson & Co. Newcastle1840) Il 3 ottobre del 1839 fu inaugurata la prima linea ferroviaria italiana, che collegava Napoli con Portici. Essa fu realizzata a proprie spese, in cambio della concessione, dall’ing. francese Armand Bayard de la Vingtrie, mentre i vagoni furono costruiti a Napoli e la locomotiva acquistata dalla società Longridge Starbuck e Co. di Newcastle-Upon Tyne, "fatte a somiglianza delle più perfette del celebre Robert Stephenson". Un modello della locomotiva fu inviata dai "Sig.i Robert Stephenson e Comp.i di Newcastle sul Tyne a Sua Maestà il re delle Due Sicilie" come recita una nota di accompagnamento "sul miglior modo di far camminare la macchina locomotiva brevettata con cilindri da fuori". Il modello di locomotiva, che faceva parte dell’arredamento dell’appartamento reale, passò al Gabinetto di Fisica il 29 novembre 1843. E’ un esempio di modellismo industriale molto in voga nel XIX secolo, il cui fine era quello di riprodurre in scala ridotta le conquiste realizzate dalla tecnica. Le successive locomotive per le ferrovie delle Due Sicilie furono realizzate dallo stabilimento di Pietrarsa, e molte furono esportate, anche in Piemonte.

Macchina di Atwood (Fortin Parigi, 1825) Fu ideata da George Atwood (1746-1807), professore di chimica al Trinity College di Cambridge, per studiare la legge oraria dei moti uniformemente accelerati. Questo esemplare, costruito e firmato da Fortin a Parigi (fondata da Nicolas Fortin, 1750-1831), fu definito ben fatto dal famoso fisico Arago in una lettera che ne accompagnava la spedizione, curata da N.P. Lerebours nel luglio del 1842. Nel 1851 il direttore del Gabinetto Reale, Giacomo Maria Paci, propose al marchese Luigi Imperiali, direttore della Reale Biblioteca, la riparazione della "macchina per la discesa dei gravi di Atwood" per 17 ducati da parte di Giovanni Bandieri: "... la base è aperta nelle connessure e così il corsoio di legno ... il regolo di legno che sostiene la scala graduata storto, i pezzi di ottone macchiati dalla polvere e dalle mosche." Lo strumento è costituito da una colonna di legno, alla cui sommità vi è una puleggia in ottone, nella cui gola passa un filo recante ai due estremi due piattelli circolari identici, che possono essere variamente zavorrati. Un pendolo contasecondi è fissato sulla parte superiore della colonna. Se si pone una massa su uno dei due piattelli, questo inizia a scendere mentre l’altro sale. In queste condizioni la forza motrice è costante, come anche l’accelerazione, che però è inferiore a quella di gravità. Se si misurano gli spazi, lungo un regolo verticale fissato sulla colonna, ed i tempi, si verifica la legge oraria del moto uniformemente accelerato. Se si fa scorrere il filo senza masse aggiuntive, quindi con forza motrice nulla, si ha un moto uniforme. L’apparecchio ha in dotazione una doppia serie di masse custodite in un cassettino di legno rivestito internamente di velluto verde.

Bilancia idrostatica (Bonaventura Bandieri Napoli, 1845) Bonaventura Bandieri ebbe nel 1842 l’incarico di costruire una bilancia idrostatica, che fu consegnata al Gabinetto Reale nel dicembre del 1845 dietro il pagamento di 898 ducati. Giacomo Maria Paci, direttore del Gabinetto, nel prenderla in consegna così la descrive: "(Bandieri) ha saputo riunire quanto l’arte e la scienza poteano suggerirgli per congiungere l’eleganza alla perfezione e render così il suo lavoro degno di questo Real Gabinetto; meritevoli di particolare attenzione sono il moto ascendente dell’intero sistema, la correzione agli estremi delle braccia di leva. Essa è migliore della bilancia docimastica della Regia Zecca e di quella dell’Università, costruita a Parigi da M. Le Conte ed è la migliore di quelle costruite a Napoli per sensibilità e precisione". Fu inviata all’Esposizione Universale di Londra del 1862. Il funzionamento della bilancia idrostatica si basa sul principio d’Archimede, secondo il quale il peso di un corpo immerso in acqua è pari al suo peso in aria diminuito del peso dell’acqua spostata. Essa permette, quindi, di misurare il volume dei corpi solidi e la loro densità. Lo strumento è costituito da una bilancia a bracci uguali montati su una robusta colonna. All’esemplare descritto manca uno dei due piatti, che fu sostituito con una carrucola per trasformarlo in bilancia di Poggendorff, atta allo studio della "forza d’inerzia". Il piatto rimasto è in effetti un doppio piatto, in cui quello inferiore è smontabile mentre quello superiore è munito di un gancio per la sospensione dei corpi in misura.

Le Bussole di Herny Prudence Gambey Nell’agosto del 1841 il famoso costruttore parigino Henry Prudence Gambey spedì a Napoli, per il Gabinetto Reale, un eliostato e quattro bussole: una bussola d’intensità, una d’inclinazione, una di declinazione ed una delle variazioni. Esse "presentano gentilezza di lavoro e lodevolissima costruzione". Le bussole, nel 1843, furono poste su piedistalli, disegnati dall’arch. Gaetano Genovese, sormontati da un piano di marmo e protette da gabbie metalliche ricoperte di velo verde. Le bussole servivano alla determinazione della posizione geografica del Gabinetto Reale e alla continua rilevazione della declinazione magnetica del luogo. Le operazioni erano eseguite sullo spianato sottostante il Palazzo Reale e contiguo a Castelnuovo (Maschio Angioino).

Bussola marina (Gregory & Wright Londra, inizi dell’800) La bussola è costituita da una scatola cilindrica d'ottone, sostenuta da una sospensione cardanica all’interno di una cassetta di legno. Ciò consente alla bussola di mantenersi costantemente orizzontale malgrado le oscillazioni a cui è sottoposta la cassetta. Al centro della scatola è fissato un perno su cui è sospeso l’ago magnetico della bussola. Su di esso è incollato un disco di carta, dove è riprodotta la rosa dei venti ed è riportata l’indicazione del costruttore:

Calibro dell’artigliere (Napoli, primo quarto XIX secolo Galiani e Sterlich) Lo strumento veniva usato dagli ufficiali di artiglieria per misurare il calibro dei propri cannoni ed il diametro dei proiettili. Lo strumento è interamente in ottone tranne le due punte, che sono in ferro per preservarle da deformazioni e rapida usura.

Decimetro in platino In una scatola di legno, rivestita internamente di velluto rosso, si fa notare questo prezioso regolo di platino di circa 15 cm con scala incisa. Non si hanno notizie circa il costruttore e la data di realizzazione, che si può porre nella epoca ferdinandea.

Bussola di declinazione (Henry Prudence Gambey Parigi, 1840) Lo strumento serve per la misura della declinazione del campo magnetico terrestre, ovvero dell’angolo formato dal meridiano magnetico del luogo con quello geografico. La rilevazione si effettua determinando, su un cerchio graduato, l’angolo compreso tra la direzione del campo magnetico e l'azimut di una stella. La bussola si compone di un cerchio graduato, che può ruotare sul piano orizzontale, cui sono fissate due colonnine di rame; alla loro sommità è sospesa, mediante un fascio di fili di seta, una lunga barra magnetica. Un cannocchiale, posto al di sopra delle colonnine e libero di ruotare in un piano verticale, serve per traguardare sia un astro di riferimento sia le estremità della barra magnetica. Mediante le rotazioni del cerchio graduato si determina la declinazione magnetica del luogo dall’angolo tra l'azimut dell’astro e la direzione della componente orizzontale del campo magnetico terrestre. Una cassa di legno smontabile, dotata di piccole aperture chiuse da vetri per rilevare la posizione della barra magnetica, la racchiude completamente per preservarla dai moti dell’aria. La bussola fu spedita a Napoli nell’agosto del 1841 dallo stesso costruttore insieme alla bussola delle variazioni, alla bussola d'inclinazione ed all’eliostato.

Bussola delle variazioni (Gambey Parigi, 1840) Lo strumento serve per la misura delle piccole variazioni diurne della declinazione del campo magnetico terrestre. Una barra magnetica lunga circa 60 cm, che porta alle estremità due placchette d’avorio con una scala incisa, è sospesa mediante un fascio di fili di seta all’interno d'una scatola di legno, per essere preservata dai moti dell’aria. Le piccole rotazioni della barra, dovute alle variazioni diurne della declinazione magnetica, sono rilevate, attraverso finestre di vetro, da due microscopi, montati su regoli graduati. Essa fu utilizzata insieme alle altre bussole di Gambey per le rilevazioni e gli studi sul campo magnetico terrestre.

Bussola di inclinazione (Henry Prudence Gambey, Parigi, 1840) Con questo apparecchio si determina l’inclinazione magnetica, ovvero l’angolo che la direzione del campo magnetico terrestre forma con il piano dell’orizzonte. Un ago magnetico lungo 24 cm può ruotare in un piano verticale all’interno di un cerchio graduato. Quest’ultimo è fissato ad un supporto d’ottone che, a sua volta, può ruotare orizzontalmente. Il supporto è dotato di livella a bolla e piedi con viti calanti per un preciso posizionamento nel piano orizzontale. Per una precisa misura occorre dapprima determinare il piano meridiano magnetico del luogo. Questo si ottiene ruotando il supporto finché l’ago non si disponga verticalmente (in tale posizione la componente orizzontale del campo magnetico terrestre è nulla) ed effettuando poi una seconda rotazione di 90 gradi, per disporre il cerchio graduato nel piano del meridiano magnetico così determinato. L’inclinazione magnetica si legge sul cerchio graduato. Lo strumento è racchiuso in una teca di legno e vetro, attraverso cui si effettuano le misure; in tal modo esso è preservato dalle perturbazioni dell’ambiente esterno. La bussola fu spedita a Napoli nell’agosto del 1841 dallo stesso costruttore insieme alla bussola di declinazione, alla bussola delle variazioni ed all’eliostato. Tra il 1841 ed il 1843 essa fu riparata, per 3 ducati, dal Bonaventura Bandieri, in quanto presentava un difetto nell’asse grande di rotazione.


Articolo liberamente tratto da scritti di Rossana Spadaccini, Edvige Schettino

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