Ferdinando Galiani, economista e pensatore, intuì con straordinario
anticipo sui tempi l'inapplicabilità del liberismo al regno di
Napoli, almeno nelle forme "selvagge" teorizzate dai suoi
contemporanei.
Galiani fu in primo luogo un
economista, e in tale campo fu per tanti versi un vero e proprio
precursore: fu per esempio contrario all’applicazione “selvaggia”
del liberismo economico, in quanto esso dove modularsi a seconda
delle condizioni oggettive dell'economia dei singoli paesi. Sostenne
anche che la ricchezza di una nazione non può essere commisurata
unicamente alla quantità di oro posseduta. Fu scrittore e pensatore
illuminista brillante, polemico sia verso il vuoto accademismo, sia
verso l’eccessiva fiducia nella ragione.
Nato a Chieti il 2 dicembre 1728
da famiglia pugliese, fu avviato agli studi a Napoli dallo zio
Celestino, Prefetto dei Regi Studi. Rivelò ben presto precoci doti
intellettuali, nonché la predisposizione alla critica positiva ed al
metodo scientifico applicato all’economia. Giovanissimo, nel 1735
aveva tradotto e commentato “Le considerazioni delle conseguenze del
ribasso dell’interesse e del rialzo della valuta e della moneta” del
Locke. Da questi studi, e dalla frequentazione di altri esperti di
economia, quali Alessandro Rinuccini, Ferdinando maturò il proposito
di organizzare razionalmente la materia, mettendo a confronto i
diversi pensieri di economia politica. Ne scaturì nel 1751 il famoso
trattato “Della Moneta” [scaricabile da questo stesso sito].
Ferdinando non aveva ancora compiuto ventuno anni!
L’opera riscosse enorme interesse
in tutto il mondo ed il Galiani si impose all'attenzione degli
studiosi d'economia, tra cui il lombardo Beccaria. La notorietà
dell’opera sopravvisse all’autore tanto che finanche Carlo Marx la
cita ripetutamente nel Capitale.
Tra il 1759 ed il 1769 “l’abate”
Galiani fu a Parigi come segretario dell'ambasciata napoletana,
entrando in contatto con gli ambienti illuministici, e fu amico di
Diderot. Dominò i salotti intellettuali della capitale francese con
il suo spirito e il suo brillante ingegno. Al termine del periodo
parigino, pubblicò in francese l'altro importante saggio di economia
"Dialogues sur le commerce des bleds”, 1770 (Dialoghi sul
commercio dei grani), in cui espose la tesi della limitazione delle
teorie liberiste in funzione delle condizioni oggettive
dell'economia dei singoli paesi.
Tornato a Napoli continuò i suoi
studi scrivendo varie opere, tra le quali ricordiamo La
Descrizione della spaventosa eruzione del Vesuvio, 1779; Del
dialetto napoletano, 1779; Vocabolario delle parole del
dialetto napoletano, 1789; Sui doveri dei principi neutrali
verso i principi belligeranti e di questi verso i neutrali,
1782): “Galeota in Parnaso venticinque motti”. Un posto sé
occupa l’epistolario in cui, tra l’altro, il Galiani rievoca i
ricordi dei costumi, le tradizioni e il dialetto della Capitanata.
Morì a Napoli il 3 ottobre del
1787 ed è sepolto nella chiesa dell’Ascensione.
Alfonso Grasso
ottobre 2006
Note
Abbiamo virgolettato il termine che avrebbe potuto trarre in
inganno: il Galiani era un abate laico, non era cioè un
religioso.
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