Le mille città del Sud


menu Sud


Calabria

Gerace

 

A cura di Giuseppe Improta [1]

Lo scrittore Leonida Repaci, qualche tempo fa, inventò una parabola per descrivere la sua regione. Più o meno questa. Dio crea la Calabria. Le dona una quantità enorme di bellezza, risorse, monumenti, il mare, le montagne, i templi, le chiese, i castelli e via dicendo - poi, stanco di tanta fatica, si addormenta.

A questo punto subentra il diavolo. E il diavolo assegna alla Calabria la malaria e i pirati, i briganti e l'onorata società, la miseria e il latifondo, i terremoti e l'abusivismo. Quando Dio si sveglia, è troppo tardi per cancellare queste piaghe. La Calabria si terrà i primi doni, e anche i secondi. La ricchezza della storia e della natura, la povertà e la malvagità degli uomini. Io voglio provare a raccontarvi dei doni di Dio, senza lasciarmi accecare da quelli del diavolo.

Risaliamo da Reggio Calabria verso la Locride sulla famigerata strada statale 106, teatro di continui incidenti mortali. Se si ignora la sottile linea della costa, sfregiata dal cemento di uno sviluppo edilizio scriteriato, e si ammirano i villaggi abbarbicati sulle balze dei monti (nei quali si parla una forma arcaica di greco), ci si rende conto che la Calabria è salva. Sul versante ionico non ci sono fiumi ma fiumare, ovvero corsi d'acqua senza sorgenti, gonfiati solo dalle piogge. La parte più a monte è spesso un canyon, una gola, un vallone profondo; la parte più prossima al mare, una distesa ampissima e assolata di sabbia, ciottoli e ghiaia. La fiumara più spettacolare è l'Amendolea, che scende dall'Aspromonte perquaranta chilometri. Ma anche la fiumara di Gerace è magnifica. Per difendersi dalle incursioni dei saraceni e dalla malaria, tutti i borghi calabresi sorgono arroccati sulle colline: dopo la costruzione della ferrovia ionica, alla fine dell'Ottocento, si sono sdoppiati sulla marina.

Anche Gerace è divisa in due città: quella superiore, antica, e quella costiera, moderna. La Marina di Gerace dal 1934 si chiama Locri, come la fiorente colonia della Magna Grecia che vi ha lasciato importanti vestigia - il teatro, le mura ciclopiche, i resti di numerosi templi. Oggi si possono visitare gli scavi archeologici, ai quali è annesso un museo ricco di reperti, dai corredi funerari alle statuette fittili, dalle ceramiche alle monete. Ma i reperti più affascinanti scoperti nel santuario di Persefone sono al Museo Nazionale di Reggio Calabria - tesoro non meno prezioso dei Bronzi di Riace. Sono i pinakes, tavolette votive di terracotta destinate alla dea, con figurette a rilievo di indicibile grazia e bellezza.

La Gerace superiore sorge al termine della fiumara. È uno dei borghi più suggestivi d'Italia, nobile e fortunosamente intatto. Il suo nome deriva forse da una corruzione del bizantino Aghia Kiriakés, divenuto Hierax, sparviero. Dominata dalle rovine dei castello, appollaiata come uno sparviero appunto su un'amba di arenaria, Gerace conserva la struttura medievale: un susseguirsi di archi, piazzette, palazzi nobiliari nei quali si aprono bifore, e soprattutto chiese (ce ne sono ottanta, fra le quali San Giovannello e l'Annunziatella di origine bizantina, e San Francesco, gotica). Ma la più notevole è la Cattedrale, la chiesa più vasta della Calabria: le tre navate sono scandite da colonne classiche, tutte diverse tra loro per altezza, colore e capitelli.

Dopo il periodo bizantino, Gerace ha vissuto la storia del Regno di Napoli, condividendone le sorti.


[1] Testo ed immagini ci sono stati trasmessi dal dr. Giovanni Improta, che li ha tratti da un articolo di Melania Mazzucco, Ventiquattro n.8, 3.7.04

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino - il Portale del Sud" - Napoli e Palermo admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2008: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino.

Sito derattizzato e debossizzato