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Il bosco bel cuore

Lotte e amori delle brigantesse che difesero il Sud

di Giordano Bruno Guerri

Edizioni Mondadori, 2011

Nella storia del brigantaggio e della durissima repressione scatenata dall'esercito sabaudo per il controllo del Sud, finora è stato dedicato poco spazio alle brigantesse, vittime senza diritto di replica della propaganda risorgimentale. Ridotte, nella memoria collettiva, alla stregua di sbandate immorali e sanguinarie, in realtà moltissime imbracciarono il fucile per passione, rifugiandosi nei boschi e condividendo la vita delle bande. Erano spinte, ci racconta Giordano Bruno Guerri, più che da una volontà politica, dalla forza di un istinto profondo, dettato da leggi ataviche e naturali: "Una donna meridionale dell'Ottocento diventa una combattente pronta a tutto se le si impedisce di vivere, amare, accudire; se le si nega la possibilità di essere donna come erano state la madre e la nonna prima di lei, come le avevano insegnato; se le si toccano i figli, il proprio uomo". La storia di Maria Capitanio, figlia di un ricco proprietario terriero, che appena quindicenne si innamorò del brigante Antonio Luongo e si unì alla sua banda. Processata e assolta, preferì suicidarsi piuttosto che continuare a vivere senza il suo uomo. E quella di Filomena Pennacchio, la più celebre delle brigantesse. In seguito all'uccisione del brigante Schiavone, padre del figlio che portava nel grembo, decise di collaborare con il nemico. La sua straordinaria vicenda, dopo essere rimasta a lungo confinata nel mito, è finalmente ricostruita con rigore storico in queste pagine.

Contrariamente ai luoghi comini sul Sud e sulla condizione della donna nella società meridionale, dalla narrazione storica si evince il ruolo della donna nella lotta armata, che non si limitava ad un mero ruolo logistico e di supporto, ma che al contrario partecipava attivamente alle operazioni militari in maniera paritaria con l’uomo.

Quanto sopra è la naturale conseguenza dell’importanza e della centralità della donna nella società contadina specialmente in Lucania, sia nella vita familiare che nelle relazioni sociali. Non è azzardato sostenere che proprio grazie a tale prevalenza femminile, la Lucania è restata immune dalla malavita organizzata di stampo mafioso-camorristico, tipico invece delle società più arretrate e imperniate sulla violenza del maschio.

Con “Il bosco nel cuore” continua la ricerca del Guerri iniziata con “Il Sangue del Sud”, in cui si mette in evidenza come il Risorgimento, più che un movimento di massa voluto dal popolo, fu piuttosto una campagna di conquista del Regno sabaudo. Per combattere la ribellione delle popolazioni meridionali all'annessione forzata, l'esercito del neonato Regno d'Italia applicò una spietata e violenta repressione, causando almeno cento mila morti e crudeltà feroci da entrambe le parti. In questa documentata narrazione - nelle cui pagine Cavour non mette mai piede a Roma, e Massimo d'Azeglio, dopo aver affermato pubblicamente "fatta l'Italia bisogna fare gli italiani", confessa in privato che "unirsi con i napoletani è come giacere con un lebbroso" - Guerri fornisce un contributo rigoroso e stimolante che aiuta a capire perché "la prima guerra civile italiana", pur lontana nel tempo, rende tuttora complicato il percorso di rinnovamento politico e civile della nazione.

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