Le mille città del Sud


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Principato Citeriore

Maiori

 

Diciamo la verità: l'impressione che si ha di Maiori è assai diversa se si viene dal mare, cioè dalla costa (da Salerno o da Amalfì), oppure se si scende dalla montagna, passando da Tramonti. È l'impressione diversa, mutati i tempi e certo cambiate le condizioni economiche e turistiche, rispetto a quella che si può avere da un film di De Sica (stile «Pane, amore e fantasia») e da un film di Rossellini (tipo «Francesco giullare di Dio»).

Mettiamo di venire a Malori in compagnia del maresciallo «sciupafemmine», che corteggia Sofìa Loren, e ci basterà guardare la spiaggia, il mare (con un limite per le troppe barche, per i troppi motoscafi) e le file di hotel anni Sessanta che formano il fronte «nuovo» di Malori per sentire che niente è cambiato. E mettiamo, invece, di fare la discesa dalla montagna con una contadina che ha le visioni dei santi, una Anna Magnani fuori dal comune che saliva è scendeva per le lunghe terrazze di Furore incontrando alla fine un santo impersonato da Fellini, e ci verrà necessario guardare il lato fresco di Maiori, il lato boscoso, i molti castagni, che adesso sono carichi di ricci verdi, e i resti di casolari, inglobati, ma poco, dalle costruzioni più recenti; le tracce contadine nelle facce della gente, il clima più fresco, che perde una decina di gradi sull'afa del mattino man mano che si sale verso il valico di Chiunzi. E, del resto, di questa Maiori più interna, più antica, Rossellini si era effettivamente innamorato dedicandole più di una citazione nei suoi film (anche in «Paisà»), raccontando anche della vocazione alla fede dei vecchi abitanti del paese.

Eugenio Siniscalchi, Torre Normanna Maiori, Acquarello

Maiori è, per altro, ricca di antiche chiese e anche di arditi monasteri bizantini scavati nella roccia della costa. Nel mezzo, fra, le due Maiori quella estiva e quella invernale, quella marina e quella interna, c'è oggi la Maiori turistica, affollata di un passeggio che non è quello estero e scelto di Ravello e Amalfi e nemmeno quello più popolare di Vietri. Insomma, un luogo dove le carte si giocano ancora fra chi ha fatto grandi fortune nei lontani anni del boom economico e chi conserva vecchie e sintetiche tradizioni di costa chiusa e silenziosa, tutt'altro che accogliente per la vita quotidiana, quella costiera alta e rocciosa, forse faticosa ma che, a dire il vero, cattura più del suo lato marino, con i versanti di montagna verde, con i fumi di sterpi che salgono verso il cielo fra le coltivazioni e gli alberi da frutto, fuochi di giorno antichi e dal forte odore di bosco.

Insomma, se si sopravvive alla guida assai sciolta di numerosi locali (e non) lungo la strada a tornanti che da Angri sale sul valico e dal valico scende a Maiori, l'atmosfera dei luoghi ripaga. E se sulla spiaggia al mattino si consumano le abitudini marine più consuete, fra ombrelloni, posteggi, giornali e giornaletti, bagni, ghiaccioli e braccioli colorati, dal pomeriggio alla sera si può passare attraverso le abitudini di un paese, ai lati del corso principale e pedonale, sotto cui scorre il fiume Regginna, in un tratto visibile fra vasi di fiori e ringhiere ricciute, trovando, fra negozietti acchiappaturisti, specialità gastronomiche locali e creme abbronzanti, i vecchi seduti in attesa del calare del tramonto, mentre lo sguardo sale su, verso il centro storico e le chiese. A cena, si può stare in perduta adorazione di un piatto di paccheri al sugo di riccio di mare e di un carpaccio di polipo e melone, nella meravigliosa cornice di palazzo Mezzacapo, fra giardini settecenteschi, con la vista della cattedrale illuminata che piomba su di noi. Il clima lo consente, si può proseguire il rituale estivo fino a tardi, con il vento che sale dal Tirreno. Del resto, il triangolo di mare stretto fra le montagne sotto il quale si adagia Maiori è illuminato d'argento, come in una cartolina anni Cinquanta delle Hawaii.

Eugenio Siniscalchi, Maiori, Acquarello

La Costiera è una Ferrari “testa rossa”, guidata da autisti patentati per la cinquecento. Si continua a discutere sulle sorti e i destini di questi luoghi incantati e stregati: la discussione è l'anima del Sud, purtroppo. E tuttavia il tentativo di intelligente riqualificazione turistica a fini culturali in Maiori procede: rassegne d'autore, premi letterari, e ancora: «Malori, vicoli e cultura», cortei storici ispirati al sincretismo fra la Costiera e il Cilento, eventi, degustazioni, incontri. Insomma, sia che si venga fin qui per un bagno mordi e fuggi, sia che le famiglie con bambini eleggano questi luoghi (com'è tradizione) a sicuro rifugio estivo, sia che il turismo estero affolli le strade, Maiori cerca un suo spazio fra le colleghe più illustri della costiera amalfitana, per non parlare di quelle iperaffollate e internazionali della costiera sorrentina e lo fa tentando la via della cultura, sicuramente la più giusta per un patrimonio così vario e ricco.

L'antica Repubblica Marinara, degli eremi, delle chiese mattonellate, delle cupole verdi e dei Saraceni vi aspetta.


liberamente tratto da scritti di Antonella Cilento

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