Numismatica

Era il 1848 e in Sicilia divampava la rivoluzione…

e Ruggero Settimo batté… medaglia!

di Danilo Maucieri

Ritratto di Ruggero Settimo (Palermo, 19 maggio 1778 - Malta, 12 maggio 1863)

Discendente di un'antica famiglia di mercanti pisani trasferitasi a Palermo nel XV secolo, fu uno dei protagonisti del Quarantotto siciliano. Presidente del Comitato rivoluzionario, la sua persona fu dichiarata "Inviolabile".

(Num. 226) Decreto che permette nella Zecca Nazionale la coniazione di una medaglia che perpetui la memoria del riscatto della Sicilia.

Palermo, 7 settembre 1848.

Parlamento Generale di Sicilia

Il Parlamento:

Veduta la petizione di D. Francesco Antonuzzi, amministratore della Zecca e Garentia, di poter battere in questo stabilimento una medaglia tramandatrice ai posteri dell’epoca del nuovo riscatto della Sicilia, e del Cittadino che ne moralizzò la rivoluzione,

Decreta:

Art. unico. E’ data autorità al Potere esecutivo di permettere, che nella Zecca nazionale sia coniata in quel numero, che sarà ricercato dai commettenti, una medaglia mostrante nel dritto l’effigie del primo cittadino Ruggiero Settimo, colla leggenda “Ruggiero Settimo Presidente del Comitato generale di Sicilia nel 1848” e nel rovescio una ghirlanda col motto “Indipendenza e libertà.”

Fatto e deliberato in Palermo li 7 settembre 1848.

La mattina del 12 gennaio 1848, giorno del trentottesimo compleanno di Ferdinando II di Borbone, il sovrano trovò un bel regalo sul cuscino: Palermo aveva dato il “la” ad una tremenda rivolta che avrebbe sottratto la Sicilia alla corona borbonica per la bellezza di sedici mesi (onore alle quattro giornate di Brescia o alle cinque giornate di Milano, tanto decantate sui libri scolastici: ma come mai non si da il giusto rilievo anche al “Quarantotto siciliano”?); nelle settimane seguenti infatti l’esercito regio lasciò l’isola ritirandosi nel continente, dopo aver cannoneggiato le città di Palermo e Messina: un gesto crudele che destò l’indignazione e le proteste di Francia, Regno di Sardegna, Prussia, Regno di Hannover, Russia, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America, oltre a costare al sovrano l’appellativo di Re Bomba.[1]

Una rivoluzione che vanta qualche primato, come ad esempio l’istituzione a Palermo della Legione delle Pie Sorelle, antenata della Croce Rossa (ne svolgeva infatti le medesime mansioni). Una rivoluzione che però, a differenza di altre, non ha lasciato tracce numismatiche 2 (se si eccettuano le piastre sfregiate di cui alla nota 1): il Comitato rivoluzionario si limitò infatti all’emissione di 300.000 cedole intestate al Banco di Sicilia, nato il 28 ottobre 1848 dalla soppressione delle Casse di Corte di Messina e Palermo, aventi valore di moneta fiduciaria (Cfr. Enzo Fortini, Le cedole siciliane 1848-1849, in Cronaca Numismatica n.122, pagg.69-71).

I quattro Comitati iniziali si riuniscono il 23 gennaio 1848 in un Comitato Generale, eleggendo a Presidente il Cavaliere Ruggero Settimo 3 (28 voti favorevoli, 3 contrari), già Ammiraglio della flotta borbonica, appartenente ad una delle famiglie più in vista del regno; egli si era già distinto nell’ambito delle riforme costituzionali del 1812 (ricoprendo tra l’altro la carica di Ministro della Marina), nonché durante i moti del 1820/21.

Il 25 marzo 1848, giorno dell’Annunziata, fu riaperto solennemente il Parlamento di Sicilia presso la chiesa di S. Domenico, a Palermo; il giorno successivo Ruggero Settimo fu eletto all’unanimità Presidente del Governo del Regno di Sicilia. Il primo aprile la Sicilia dichiara di voler far parte della progettata Unione e Federazione Italiana, e nello stesso giorno il Parlamento ordina l’invio di tre bandiere nazionali a tre Stati italiani, con la dedica A (nome dello Stato) Sicilia Indipendente e Italiana; furono inviate rispettivamente alla città di Roma, al Regno di Sardegna e al Granducato di Toscana. Il 13 aprile il Parlamento proclama solennemente: Ferdinando Borbone e la sua dinastia sono per sempre decaduti dal Trono di Sicilia. La Sicilia si reggerà a Governo Costituzionale, e chiamerà al Trono un Principe Italiano, dopo che avrà riformato il suo Statuto. Il successivo 18 aprile il Parlamento dispone l’invio in Lombardia di un contingente di 100 soldati, comandati dal Colonnello Giuseppe La Masa, in soccorso ai combattenti impegnati nella guerra per l’indipendenza italiana. Il 29 aprile giunge gradita a Palermo la bandiera inviata dal popolo di Genova; un gesto di solidarietà che i siciliani non dimenticarono: l’11 aprile 1848 il Parlamento offrì la corona del regno ad Alberto Amedeo di Savoia Duca di Genova, figlio di Carlo Alberto Re di Sardegna. Il giorno prima era stata approvata la nuova Costituzione siciliana. Ruggero Settimo, che assunse nel frattempo la reggenza del regno, era stato dichiarato il 10 maggio Inviolabile, e il 10 luglio era stato nominato Tenente Generale dell’Esercito Nazionale.

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Link alla pagina delle medaglie siciliane

Con decreto n. 226 del 7 settembre 1848 il Parlamento siciliano, su suggerimento dell’Amministratore della Zecca di Palermo D. Francesco Antonuzzi, dispose la coniazione di una medaglia dedicata al capo della rivoluzione siciliana: opera dell’incisore Giuseppe Barone, essa riporta al dritto l’effigie di Ruggero Settimo volta a s., e intorno la legenda “RUGGIERO SETTIMO PRES. DEL COMITATO GEN. DI SICILIA”; all’esergo la data (1848), mentre sotto il collo si legge “G. BARONE F.” (Giuseppe Barone fecit). Al rovescio, in tre righe, motto “INDIPENDENZA / E / LIBERTA’” entro ghirlanda di quercia; all’esergo “BARONE DEDICA”.

Secondo il decreto ufficiale la medaglia avrebbe dovuto portare al dritto la legenda per esteso Ruggiero Settimo Presidente del Comitato generale di Sicilia nel 1848 (vedi il testo del decreto, illustrato nel riquadro iniziale).

Il D’Auria (Il medagliere, avvenimenti al Regno delle Due Sicilie già Regno di Napoli e Regno di Sicilia 1735 – 1861) riporta a pag. 281 un esemplare in bronzo del diametro di 53,2 mm, mentre il Ricciardi (Medaglie del Regno della due Sicilie 1735-1861) repertoria al n.188 un esemplare in argento, appartenente alla collezione Vincenzo Tuminelli, del diametro di 52 mm, classificato come raro. Anche il Mondini (Spigolando tra medaglie e date, 1848 – 1870 – 71), a pag.5, riporta un esemplare in bronzo, del diametro di 50 mm. In bronzo è altresì l’esemplare illustrato da Tuminelli Mortillaro (Cenni su alcune medaglie siciliane inedite o rare) a pag.35, il quale non ne specifica però le caratteristiche tecniche; l’autore così commenta il ritratto in medaglia di Ruggero Settimo (pag.36): …il profilo del patriota siciliano è veramente magnifico; la carnagione ha una morbidezza notevolissima, l’espressione è calma e imponente, lo sguardo sereno; nella fronte e nelle guancie stanno i segni della vecchiezza che aggiungono qualcosa di maestoso alla caratteristica figura di Ruggero Settimo…

Nei primi mesi del 1849 Ferdinando II, deciso a riportare la Sicilia sotto l’insindacabile giurisdizione di Napoli, invia un esercito di 16.000 uomini comandato da Carlo Filangieri Principe di Satriano; Palermo, ultima città ad arrendersi, cade il 15 maggio 1849. Ruggero Settimo andò in esilio a Malta, ove venne accolto con tutti gli onori riservati ad un Capo di Stato. Morirà a Malta il 12 maggio 1863, dopo aver ricevuto dal nuovo Regno d’Italia l’onorevole proposta di ricoprire la carica di primo Presidente del Senato.

Lo Stemma dei Settimo

Giarratana, cripta della Chiesa dell’Annunziata e di San Giuseppe: particolare dello stemma della famiglia Settimo, scolpito nell’architrave del monumento funebre dedicato a Carlo Settimo, che grazie ai suoi meriti militari, ottenne nel 1569 l’elevazione della Baronia di Giarratana a Marchesato. Lo stemma si compone dell’aquila nera di Aragona, armata e imbeccata di rosso e coronata d’oro; in petto lo scudetto azzurro a tre scaglioni rossi. Clicca sull’immagine per ingrandire.

Rivolgo un pensiero di gratitudine al dr. Adolfo Modesti ed a Salvatore D’Auria, per la preziosa consulenza generosamente prestata. [Danilo Maucieri]


Note

(1) Un nomignolo che Ferdinando II non dimenticherà facilmente: durante la rivoluzione furono infatti sfregiate piastre e mezze piastre con epiteti ingiuriosi (Bomba, Boia); la quantità degli esemplari sottoposti a sfregio fu talmente ingente che il Governo, dopo la restaurazione della monarchia borbonica, avendone ordinato il ritiro dalla circolazione, si accorse che se li avesse sottoposti al taglio al pari delle monete false, la finanza ne avrebbe avuto un danno non indifferente; per questo motivo il Luogotenente Generale dispose di metterli da parte assieme alle monete logorate dall’uso, in attesa di inviarle a Napoli per la riconiazione.

(2) La decisione del Parlamento di Sicilia di battere moneta arrivò relativamente tardi: soltanto con decreto emanato a Palermo il 14 marzo 1849 (due mesi prima della restaurazione borbonica!), infatti, si dispose la coniazione di monete in oro, argento e bronzo secondo l’antico sistema monetario di Sicilia. Le monete avrebbero portato al dritto l’emblema della Sicilia (la Trinacria, preferita all’aquila in quanto evocatrice dell’antica libertà delle poleis siceliote), e al rovescio l’indicazione del valore e la data circondate da una corona d’alloro; le monete in metallo nobile, inoltre, avrebbero portato nella ghiera il motto Sicilia indipendente. Naturalmente il provvedimento non ebbe seguito per il rapido evolversi degli eventi; non si conoscono nemmeno prove o progetti.

(3) I Settimo discendevano da un’antica famiglia appartenente al ceto mercantile pisano, città ove per molti anni giocarono un ruolo determinante nella scena politica ricoprendo varie cariche; si trasferirono a Palermo nel 1431, nella persona di Antonio, figlio di Nicolò, e della moglie Polissena Ciampolini, assieme al figlioletto Nicolò di appena 5 anni. A Palermo la famiglia ebbe modo di proliferare (nasceranno altri 9 figli) e di affermarsi sempre più nella vita pubblica aprendo banchi, acquisendo titoli nobiliari e stringendo nel tempo alleanze e vincoli di sangue con le altre famiglie in vista del Regno di Sicilia: la mossa più importante è rappresentata dall’acquisizione dell’intero patrimonio dei Principi Calvello, padroni di Fitalia, attraverso il matrimonio dell’ultima ereditiera del casato (Laura, figlia di Bartolomeo) con Giovanni Antonio Settimo, discendente diretto del capostipite Antonio (1482); altra mossa di rilievo fu l’acquisizione nel 1454 della Baronia di Giarratana, elevata nel 1569 a Marchesato da Filippo II di Spagna grazie ai meriti militari di Carlo Settimo, distintosi nella lotta contro i Turchi.


 Bibliografia

  • Archivio di Stato di Ragusa – documentazione varia riguardante i moti siciliani del 1848/49.

  • Santi Correnti, Storia della Sicilia, Roma 2004.

  • Salvatore D’Auria, Il medagliere, avvenimenti al Regno delle Due Sicilie già Regno di Napoli e Regno di Sicilia 1735 – 1861, Napoli 2006.

  • Nunzio Lauretta, I Settimo a Giarratana, da mercanti a Marchesi, Palermo 1998.

  • Vittorio Lorioli, Paolo Fernando Conti, Medaglisti e incisori italiani dal Rinascimento a oggi, Bergamo 2004.

  • Antonio Mango di Casalgerardo Nobiliario di Sicilia, Palermo 1915.

  • Raffaello Mondini, Spigolando tra medaglie e date (1848 – 1870 – 71), Livorno 1913.

  • Francesco Palazzolo Drago, Famiglie Nobili Siciliane, Palermo 1927.

  • Vincenzo Palizzolo Gravina, Il Blasone in Sicilia, raccolta araldica, Palermo 1871/1875.

  • Eduardo Ricciardi, Medaglie del Regno della due Sicilie 1735-1861, Napoli 1930.

  • Melchiorre Tuminelli Mortillaro, Cenni su alcune medaglie siciliane inedite o rare, Palermo 1922.


Cfr. Cronaca Numismatica n. 206, Aprile 2008, pagg. 62/63 per gentile concessione dell'Editoriale Olimpia - Firenze"


Pubblicazione web del marzo 2009 a cura de Il Portale del Sud, su gentile concessione dell’autore.

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