“Forse anch’io come la materia
vagavo da un posto all’altro, forse anch’io viaggiavo nel tempo, forse
anch’io ero una particella di quel mondo in rovina e mi spostavo, morivo
e rinascevo. Forse la mia anima voleva migrare per cercare conforto alla
sua sofferenza, forse voleva incontrare altre anime cui chiedere aiuto.
Chissà, magari ero caduto nell’abisso, laddove la luce non giungeva, non
riuscendo più a controllare la malattia, sapendo che tutto era
provvisorio e che presto sarei stato cancellato, energia in
decomposizione tra una moltitudine di altre energie che perivano tra gli
angusti passaggi della memoria. Forse non ero riuscito a parlare con la
parte più profonda di me stesso per assaporare le ultime gocce della
vita, pensando stoltamente che la morte fosse l’unica soluzione al male
che mi stava succhiando le forze. E così andavo avanti e indietro,
apparivo e svanivo assieme alla materia, in un viaggio allucinante e
mortale tra i segreti della mente, soggiogato dal potere dei cristalli e
sottomesso ai voleri di due orribili grumi di vento, Sahar e Joel, i
perfidi Sacerdoti dell’antica Cattedrale di Sur.
E lì agonizzante e senza
memoria, raccogliendo strani cristalli, viaggiavo tra i segreti del
pianeta Sur, un’anima errabonda in un mondo ostile, un luogo forse
creato dalla mia mente malata e sotto il vorace controllo degli
adoratoti della grande divinità della Pietra, Eddacch”.
Il pianto della nube, il
canto della rinascita, del risveglio, la forza poetica dell’impeto e del
temporale! Gocce di pioggia che scivolano sopra un tappeto rigoglioso
(versi, idee, rime pensieri), un enorme prato verde
accarezzato/tormentato da correnti d’aria che si sviluppano lungo un
tragitto pregno degli influssi magici della meteorologia; tutte le
poesie della raccolta, sembrano collegate da un unico cordone
ombelicale. Parole che compiono un tragitto breve, che tentano di
addolcire i vari strati della sofferenza, di mitigare la malvagità,
percepita dall’autore come preponderante e “Suprema”.
Il pianto della nube, un
delicato scivolar di versi all’interno di un contenitore dove alte
parole, armonie e altri suoni amorevoli si fondono all’unisono con quel
tempo che, spesso sfugge alla logica, rifugiandosi nel grembo della
Grande Musica Madre, ch’è Madre di tutti quei poeti mistici, che dalla
parola traggono, linfa lirica, assoluta e vitale.
Dalla prefazione di Fabio
Strinati
Antonio Messina, è nato a
Partanna TP e vive a Padova.
Ha pubblicato narrativa e poesia
(il fantasy per ragazzi “Laura e il treno per Elintur e altri racconti”,
edito dalle Edizioni il Foglio è stato adottato come testo di narrativa
dagli Istituti Levi-Montalcini Partanna TP/Tommasi di Lampedusa S.
Margherita Belice AG. Alcune sue liriche sono state pubblicate in
antologie poetiche. |