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Accenni d’Autunno

di Antonio Messina

 

“Sì, ho scritto poesie d’amore, ho anche sognato… poi ho chiuso gli occhi e mi sono abbandonato all’aria, avevi ragione Nur, non c’è emozione più bella che abbandonarsi all’aria, chiudere gli occhi e dormire tra i cespugli di mirto, avvolti dalla luce calda delle stelle”.

Quarta di copertina

Piani paralleli, manipolazione, scarti di memoria, due universi distanti, quello dei Nerth così falso e corruttibile e l’altro, quello degli Elth, almeno in apparenza così bello e incontaminato; memorie, solo scarti di memorie per costruire un sogno a occhi aperti, e lui era il protagonista, pensava Isaac, mentre camminava sperando di arrivare incolume agli altopiani.

Isaac vive nella città di Anigad, in un lontano futuro della Terra. Misteriose visioni turbano le sere passate a contemplare i Sentieri della Luna e l’Antica Strada della Luce Fluttuante. Nur e Sireus, che sussurrano parole di speranza, fanno parte degli Elth; Nenella la sfuggente, che non concede mai risposte, appartiene ai malvagi Nerth. Finché non arriva Ekta, e allora si scopre che forse è tutta un’illusione. Che Isaac è vittima di un esperimento. Che bisogna cercare la Porta del Vento e varcarla, per poter finalmente “abbandonarsi all’aria”, e trovare la pace “tra i cespugli di mirto, sotto un cielo carico di stelle".

Risvolto di copertina

In questo romanzo troverete atmosfere rarefatte, creature di sogno, varchi spazio-temporali; ma anche misteriose golette che solcano fiumi di nebbia, piani di realtà perfettamente integrati, scarti di memoria riutilizzati per creare falsi ricordi; e ancora rive mediterranee illuminate dalle lampare, il profumo dei cespugli di mirto, la magia dei cieli solcati da milioni di stelle. Troverete soprattutto un protagonista, Isaac, che cerca le sue risposte interrogando fantasmi, varcando Porte del Vento, abbandonandosi infine al flusso della vita. Perché ogni tanto bisogna “chiudere gli occhi e fermare il respiro”, per poi riaprirli, e scoprire che quella realtà che si credeva immutabile, è invece d’improvviso cambiata. ”

Nota Biografica

Antonio Messina è nato a Partanna (TP). Ha pubblicato L'Assurdo Respiro delle Cose Tremule (2003), il fantasy filosofico La Memoria dell'Acqua, nuova edizione (Il Foglio 2010), Le Vele di Astrabat, nuova edizione (Il Foglio 2010), la silloge Dissolvenze (Il Foglio 2008), il fantasy ambientato nel mondo dei videogiochi Ofelia e la Luna di Paglia (Il Foglio 2009), il romanzo di fantascienza Nebular (Il Foglio 2011), e la silloge Mitologie Domestiche dell’Anima ( Il Foglio 2013). Alcune sue liriche sono state pubblicate in antologie poetiche. Vive a Padova.

Sito letterario ufficiale: http://antmessina.altervista.org/; e-mail antonio_messina4@hot-mail.com; tel. fisso 049 8955094; cell. 3453429481.

I mondi liminari di Antonio Messina

di Maurizio Cometto

Ho conosciuto i libri di Antonio Messina qualche anno fa. Ricordo di aver letto nel giro di poco tempo “La memoria dell’acqua” e “Le vele di Astrabat”, rimanendone sorpreso e traendone grande piacere. Una delle varie impressioni che ne ebbi, fu di trovarmi di fronte a libri in qualche modo vivi. Questa impressione è ritornata leggendo e rileggendo “Accenni d’Autunno”. Ogni volta era come se Isaac e Nur e Sireus ed Ekta mi dicessero qualcosa di più, o di diverso; che facessero cose che in un primo tempo mi erano sfuggite; che il paesaggio mediterraneo di Segesta fosse ancora più denso, profumato, assolato; e così via.

Se ogni romanzo crea un mondo, nel caso di Messina bisogna usare il plurale, e dire: mondi. Perché l’azione si svolge sempre al crocevia di più dimensioni. Le radici sono poste nella classicità, nel Mediterraneo; qui per esempio si evoca la Segesta del 413 a.C., nel corso della spedizione Ateniese in Sicilia. Ma attraverso le “Porte del Vento” ecco che si può saltare nel futuro, nella Terra del 2358, ad Anigad, città fantasma reduce da una non meglio precisata catastrofe; oppure ancora più lontano, sul pianeta Athor, nel 4358, dove i malefici Nerth tirano le fila di un esperimento che sembra volto a dimostrare la debolezza della natura emotiva caratteristica dell’uomo.

Questi mondi non sono nettamente divisi: si compenetrano, si fondono, si confondono, cercando di trovare una risoluzione e una sintesi nella mente del protagonista, Isaac.

E così l’azione non può che svolgersi su un piano metafisico. Dubbi, svolte, scelte, inganni, guerre, sono tutte messe in scena all’intersezione tra realtà concreta, sogno, e quella che potremmo definire anima. Al centro della narrazione sembra stare la necessità di fare ordine tra fantasia, sogno e realtà, contrapposta all’istinto di “abbandonarsi all’aria”, di perdere se stessi in una dimensione più pura, legata alla natura e alla classicità.

In questo ambito, grande importanza hanno lo stile utilizzato da Messina, e l’evocazione del paesaggio mediterraneo.

Lo stile, con i lunghi periodi a struttura paratattica, crea un ritmo che culla come le onde del mare di Sicilia, e che potrebbe essere accostato a quello di un respiro che si calma, acquistando profondità. La lettura diviene così simile a una seduta di Yoga “Pranayama”, che ha come obiettivo la presa di coscienza e il controllo del respiro. Non è un caso se l’incipit del libro recita: Chiuse gli occhi e fermò il respiro, poi li riaprì, guardando oltre il vetro appannato…, cogliendo il protagonista in un’azione che diverrà per lui una sorta di “leitmotiv”.

Il paesaggio mediterraneo, evocato magistralmente, con i suoi profumi, i suoi colori, i suoi scorci naturalistici, si lega inestricabilmente alla “classicità”, andando a creare quell’oasi a cui ho già accennato, che sola può accogliere e valorizzare le energie più profonde dell’uomo. Ed è soprattutto questo, che rimane dei romanzi di Messina; il profumo della macchia Mediterranea, l’incanto delle sere sul mare illuminate dalle Lampare, con le onde che cullano i pensieri. E l’impressione di un’esperienza tonificante e consolatoria per la nostra natura più profonda.

Non è solo fantascienza, non è solo fantastico; è la rappresentazione, tramite questi strumenti (e non solo), di alcuni tra i più importanti conflitti umani.

Forse aveva ragione Nur, forse era meglio chiudere gli occhi e abbandonarsi all’aria, vivere, vivere lasciandosi andare alla bellezza, così senza pensare, amando, soffrendo, senza nulla chiedere alla vita, per poi addormentarsi tra i cespugli di mirto, avvolti dalla calda luce delle stelle.

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