Le pagine di Napoli

Palazzo Zapata e…

il “Cuore di Napoli”

di Gherardo Mengoni

 

Non dubitate! Non dubitate! E’ lì, proprio lì il cuore della città di Napoli.

Quella Piazza dove sotto la tutela secolare della nobile Chiesa di S. Ferdinando convergono Via Toledo e Via Chiaia  che  poi proseguono per S. Carlo e per il Largo di Palazzo, lì proprio è il cuore di Napoli!

Si quella è la Piazza pulsante che riposa solo poche ore a notte fonda e per il resto del tempo vive, vive in quell’incessante avvicendarsi di popolo che respira tra i miasmi del traffico ma ne attenua gli effetti con il caffè, che viene sospinto a volte dalla stessa marea di corpi e il singolo si allontana borbottando, ma  poi si rimescola ai tanti turisti estasiati tra Sole e sfogliatelle. Qui la gente si incontra, si industria, si crogiola inerte al Sole o prega. Sembra un paradosso ma si va a S. Ferdinando anche per rilassarsi, per immergersi in quel caleidoscopio di volti e di pietre antiche; di negozi alla moda e di botteghe della tradizione; di saltimbanchi improvvisati e di “vu cumprà”; di eleganti borghesi e di umili popolane; di eleganti giovanotti e di sfaccendati bulletti. Tutto questo è folclore, eppure è lì a testimoniare che se cerchi le sensazioni, gli odori  e le immagini veraci di un popolo che resta “sovrano” nonostante i tanti dolorosi servaggi, ebbene sei nel punto giusto. Adesso sei pronto ad alzare lo sguardo verso Palazzo Zapata.

a sinistra Palazzo Zapata

A vederlo dall’esterno così imponente ed austero mette una certa soggezione. La prosopopea della facciata sontuosa da la misura della  sua nobile  estrazione eppure i grandi balconi e le diafane vetrate sembrano attendere una mano “restauratrice”. Nonostante  quell’incessante brusio che ti circonda e che dovrebbe accompagnarti e forse rassicurarti,  attraversi il portale di accesso con sguardo intimidito. Lo scalone classico, con i due ranghi di colonne in stile sui tre ballatoi, si profila sul fondo ma a destra l’orripilante ascensore vetrato distrugge la preesistente armonia barocca.

Ecco che a quel punto ti fermi per capire, per cercare spiegazioni, anche perché tra i numerosi trattati sui “Palazzi di Napoli” non trovi che qualche labile richiamo. Su “Napoli Nobilissima” non c’è traccia di Cardinal Zapata e della sua monumentale dimora. Succede, talvolta, che i manufatti “rimaneggiati” ovvero soggetti a successivi rifacimenti o restauri non vengono presi in seria considerazione dagli studiosi più severi ai quali le sovrapposizioni di stili, seppur migliorative sul piano estetico e funzionale, non piacciono.

E pare infatti che  il caso di Palazzo Zapata ricada in queste volontarie negligenze accademiche. Tuttavia non ti arrendi e ritrovi che i primi elementi di riconoscimento e forse le ragioni stesse della sua  origine, per nulla nobile, vanno attribuite all’importante funzione che il Palazzo svolse, dal 1600 al 1606, durante i lavori di costruzione della Nuova Reggia  su progetto del grande Domenico Fontana. L’area del nuovo manufatto comprendeva anche quella della vecchia Reggia fatta erigere  da don Pedro de Toledo. Era necessario, dunque, demolirla e trovare a breve distanza un ricovero temporaneo  per gli  uffici Centrali del Viceregno. Il Viceré Fernando de Castro, Conte di Lemos commissionario della nuova opera, non ci pensò su che un secondo e fece attuare sollecitamente le modifiche occorrenti al futuro palazzo Zapata rendendolo idoneo ad accogliere gli uffici di Governo. Quindi  ai fini del trasferimento si attuò  un primo rimaneggiamento e adattamento all’uso “ministeriale” del nostro manufatto. Bisogna arrivare al 1620 quando il Cardinal Antonio Zapata si insedia come Viceré, incarico che svolgerà per due anni. Ecco che si può supporre, a buona ragione, un nuovo considerevole intervento al fabbricato che diventerà dimora dal 1622 del Cardinale Zapata e prenderà, quindi, il suo nome quale denominazione storica.

Ma il tempo scorre veloce. Dal Palazzo si vedranno passare trionfante Masaniello  e poco dopo i monatti della grande  Peste del 1656.

Intanto la famiglia Sarnelli subentra al Cardinal Zapata e mantiene la proprietà  del palazzo negli anni tra fine  ‘600 e primi del ‘700. Nel 1702 nasce tra quelle mura il redentorista  Gennaro Maria Sarnelli morto nel 1744 e proclamato venerabile  da Papa Giovanni Paolo II. Ma la storia del Palazzo Zapata verso la fine del secolo XVIII si muta ancora  perché l’edificio viene acquistato dal medico chirurgo  Domenico Cotugno, scienziato di chiara fama. Fu di certo Cotugno che chiese all’amico Carlo Vanvitelli, quasi suo coetaneo, di intervenire con un ampio rifacimento per rendere il palazzo, in particolare la facciata e lo scalone, in linea con l’imperante neoclassicismo dell’epoca.

E così fu e il fabbricato assunse le forme odierne.

Ma anche nel ‘900 vi furono ulteriori lavori interni che consentirono, tra l’altro, la realizzazione dell’attuale Salone di ricevimento posto al 2° piano, opera pregevolissima realizzata dall’arch. Comencini. 

Ed eccoci, quindi, ai giorni nostri. Ti aggiri curioso in  quella prestigiosa  Sala e negli ampi locali adiacenti  dove alle pareti  ritrovi tanti  quadri e tante firme famose di pittori la cui memoria viene custodita con amore e dedizione. Sei entrato nel Circolo Artistico Politecnico, divenuto Associazione Onlus di recente, che da 125 anni opera con instancabile  impegno per la diffusione e la conoscenza  delle Belle Arti .  

Che dire al termine di questa carrellata di opere e di nomi illustri? Niente altro che un sincero grazie a coloro che curano almeno parte di Palazzo Zapata, manufatto di importante funzionalità e di monumentale bellezza che domina quella Piazza dal giusto appellativo di “Cuore Di Napoli”.

Marzo  2015

Gherardo Mengoni

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