Pensiero Meridiano

La memoria di Primo Levi

di Nicola Lo Bianco

Meditate che questo è stato

Il nome di Primo Levi (1919-1987), il grande scrittore-testimone di Se questo è un uomo, scritto nel ’46 al ritorno dalla dura prigionia, è legato indissolubilmente all’orrore dei Lager nazisti, al campo di sterminio di Auschwitz, dove venne deportato come ebreo e partigiano nel febbraio del ’44.

Liberato nel gennaio del ’45 all’arrivo delle truppe sovietiche, sopravvissuto più per circostanze fortuite che per “virtù” propria, perché nel Lager<sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della “zona grigia”, le spie>, ci ha lasciato, con la memoria di quella tragica esperienza, frammenti di storia viva, personaggi, pensieri, sui quali siamo chiamati urgentemente a riflettere.

Primo Levi, nel tentativo di capire la “logica” del Nazismo, i meccanismi organizzativi, mentali e comportamentali, che rendevano possibile il “sistema Auschwitz”, ci pone di fronte ad una serie di interrogativi inquietanti, che ci riguardano come singoli uomini e come membri di questa società.

Affrontare tali interrogativi, meditare su quanto è accaduto nel cuore della “colta e civile Europa”, ci aiuta a comprendere meglio, al di là delle apparenze, alcuni aspetti della realtà nella quale siamo immersi.

Perché il sospetto è che “l’ombra di Auschwitz” non s’è affatto diradata e che permane l’ammonimento di chi ha sperimentato l’umore maligno di questo e del secolo appena trascorso:l’impensabile, progettare e scientificamente attuare lo sterminio di un intero popolo <è avvenuto, quindi può accadere di nuovo… può accadere dappertutto… perché la deportazione politica di massa, associata alla volontà della strage ed al ripristino dell’economia schiavistica, è centrale nell’economia del nostro secolo>.

Invero, gli scritti di questo strenuo difensore della dignità umana si leggono sussultando, perché i sintomi di quell’ assurda vicenda sembrano riaffiorare come elementi sparsi nella storia e nella cronaca di questi ultimi decenni in tutto il mondo: il potere che ricorre alla tirannia e al terrore, le vittime innocenti, l’esclusione, la diffusa “violenza inutile”, l’intolleranza, la dominanza degli interessi economici sulle esigenze vitali degli uomini.

Auschwitz è stato il luogo, direbbe il Poeta, della “matta bestialità”.

E chi conosce gli avvenimenti raccontati da un testimone oculare come Levi, legge e ascolta con un brivido di paura quanto accade in giro per il mondo, nelle città in preda a violente convulsioni, negli atti del potere, nel comportamento di tanta “gente normale”.

La destituzione dell’uomo è sotto gli occhi di tutti: difficile è riconoscerne le radici ed estirparle, dentro e fuori di noi.

Ciò che spinge Primo Levi a raccontare, nel desiderio di decifrare la follia dei Lager, è di far sapere, di fissare la memoria <perché, se morremo in silenzio… il mondo non capirà di che cosa l’uomo è stato capace, di che cosa è tuttora capace>.

è perciò impegno quotidiano riaffermare la fiducia nell’uomo, perseguire instancabilmente l’impegno <contro l’inquinamento del senso etico e l’assuefazione alla degradazione dell’individuo>.

Far sorgere domande ed approntare veraci risposte.

I carnefici, sottolinea Levi, <non erano mostri… erano esseri umani medi… avevano un viso come il nostro>.

Da qui la domanda fondamentale sulla natura dell’uomo, sul chi esso veramente sia. La risposta è che, tranne i casi patologici, il nostro comportamento dipende in gran parte dalle condizioni nelle quali siamo costretti ad agire.

Il che ovviamente non esclude, anzi accentua la responsabilità individuale come base della convivenza civile, la vigilante cura da porre riguardo alle strutture sociali che creiamo, al tipo di potere al quale deleghiamo il nostro destino, perché, anche nelle situazioni estreme <una facoltà ci è rimasta e dobbiamo difenderla con più vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso>.

Nicola Lo Bianco


Testo trasmesso dall'autore il 27/01/2012

in occasione della Giornata della Memoria

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