Le Pagine di Storia

La rete viaria nella Sicilia Romana

di Rosa Casano Del Puglia

 

Introduzione

Nella Sicilia greca all’arrivo dei Romani, una efficiente rete viaria ricopriva l’intera superficie dell’Isola, mentre grandi scali marittimi la integravano nei traffici dei regni ellenistici e col mondo punico. Una fitta maglia di trazzere, dall’interno dell’Isola, consentiva di avviare i vari prodotti verso gli scali minori e da qui, attraverso un servizio di piccolo cabotaggio, ai grandi porti.

Se queste vie non potevano essere che radiali, cioè dall’interno verso la costa, varie testimonianze permettono di accertare anche l’esistenza di vie paralitoranee come la via Elorina, menzionata da Tucidide, o gran parte della via Selenuntina. L’area centro – orientale dell’Isola, rimasta a lungo sotto l’influenza di Siracusa, godeva di un proprio sistema di collegamenti terrestri, di conseguenza qui il progetto di viabilità romana si limitò a ripristinare il preesistente con interventi sia nella strada principale che percorreva la costa ionica da Messina a Siracusa, sia con i prolungamenti della via Elorina a sud, e della via Selenuntina ad ovest.

L’estrema Sicilia occidentale, poiché in mano ai cartaginesi, era rimasta estranea ad ogni progetto viario delle città siceliote. Ma quando Roma, nel III secolo a.C., si trovò interessata ad una politica economica di respiro mediterraneo, lo scontro con Cartagine divenne inevitabile e, proprio la Sicilia occidentale, in quanto teatro della prima guerra punica, fu per prima, dai romani, dotata di un sistema viario nato per esigenze militari. Quando dopo le guerre puniche la Sicilia perse ogni interesse strategico Roma, coinvolta in una politica di respiro mediterraneo, si limitò a tenere efficienti comodi punti di appoggio costieri, costituiti dai grandi porti quali Siracusa, Messina, Palermo e Catania. Né lo sfruttamento, mai allentato, delle risorse agricole, minerarie e forestali dell’isola valse a migliorare la viabilità interna, in quanto l’uso della “deportatio ad aquam”, soprattutto della produzione cerealicola, finì col potenziare ulteriormente le strutture portuali.

L’economia della Sicilia dal III al V sec. d.C.

La realizzazione della rete viaria si attuò, nel suo insieme negli ultimi due secoli della Repubblica tra la prima guerra punica e l’età di Pompeo. Nel 227 a.C., la Sicilia era diventa provincia romana ed era già servita da un sistema viario che riutilizzava, in parte, i vecchi tracciati greci. Ma nell’ultimo secolo della Repubblica l’istaurarsi della grande proprietà privata dava inizio alla “suburbanitas Siciliae”, che si sarebbe sempre più aggravata con l’inizio del Principato. Sotto Ottaviano si avrà non solo la stagnazione dell’attività economica, ma anche la marginalizzazione della Sicilia, l’Egitto, infatti, era divenuto il nuovo granaio di Roma. In questo periodo si diffonde il latifondo e si volge l’attenzione a quella rete viaria minore necessaria per avviare ai grandi porti la produzione cerealicola.

Segni di qualche risveglio si avranno sotto la dinastia dei Severi che, incrementando lo sviluppo e l’importanza delle province africane, restituiranno alla Sicilia un ruolo economico strategico. Sotto Diocleziano (286-305) la riforma delle province e l’“Edictum pretiis” significheranno per la Sicilia l’istaurarsi di un rapporto istituzionale con la capitale. L’isola ritorna al centro dei traffici del Mediterraneo tra Oriente, Egitto ed Africa da una parte e Roma dall’altra.

Una svolta epocale sarà poi determinata, dalla fondazione di Costantinopoli, intorno al 330, che riversando sulla nuova capitale il grano egiziano determinò la necessità di rifornire Roma dall’Africa e dalla Sicilia, al posto dell’Egitto. Da qui l’importanza che viene ad assumere la rotta Roma-Cartagine che utilizzava i porti intermedi di Tyndaris, Panormo, Lilibeo e Marettimo. Ancora in età costantiniana il mutato clima politico, spingerà le famiglie dei clarissimi a concentrare i loro interessi economici nei latifondi delle province. Segno del mutamento della struttura del latifondo, in Sicilia è la vasta concentrazione di fondi “massae” il cui fulcro è costituito o da villaggi o da ville come quelle di Piazza Armerina o del Tellaro. Tali fondi indicano il passaggio dalla grande proprietà privata a conduzione servile a quella a conduzione coloniaria. Nelle villae si integreranno nuove strutture economiche come fattorie e centri rurali. Una conferma, in sede archeologica, di questo nuovo assetto viene dalla ricerche condotte nel Geloo sulla scorta delle quali è stato accertato che Philosophiana, nel corso del IV sec., assunse la struttura e la funzione di una “statio”, punto di riferimento del grande latifondo controllato dalla villa di Piazza Armerina. Questo nuovo assetto è documentato nell’Itinerarium Antonini dove la Catania –Agrigento tocca solo latifondi. Le “stationes”, in questa via collocate, servivano per l’ammasso delle derrate e ne agevolavano il trasporto verso gli scali marittimi. Quindi tra III e IV secolo si porta a compimento il processo di trasformazione sociale, economico e culturale legato al fenomeno della concentrazione fondiaria che interessa in particolare la Sicilia, terra del latifondo privato del ceto senatorio e nella tarda antichità terra del latifondo ecclesiastico. Nel corso del IV sec. d.C., il “cursus publicus” isolano venne riorganizzato, da quanto si evince dalla menzione dell’istituzione di nuove “mansiones” di cui ben otto non sono più in centri urbani, ma prendono il nome dai latifondi, ciò significa che le antiche strutture cittadine erano già logorate. La Sicilia cambierà condizione quando tornerà a riconquistare quel ruolo tradizionalmente mediterraneo, che il dominio romano le aveva tolto, soprattutto nel V sec d.C., a partire dalla conquista vandalica di Cartagine prima, sotto Odoacre e durante la guerra goto–bizantina dopo.

Le fonti

Per viaggiare i Romani si servivano di diversi tipi di carte stradali: gli “Itineraria scripta” e gli “Itineraria picta”, le prime erano guide scritte, le seconde disegnate. Entrambi i tipi offrivano informazioni preziose, infatti riportavano le distanze che intercorrevano tra i principali centri abitati annotando anche pubblici locali per le soste dei viaggiatori e “mutationes” per il cambio dei cavalli. Tra gli “Itineraria picta”, conserviamo solo la “Tabula Peutingeriana”, di cui ci sono pervenuti undici fogli, staccati l’uno dall’altro, per una lunghezza di sette metri ed una larghezza di 34 centimetri. La “Tabula” è conservata a Vienna. Altri tipi di guide erano forniti da cilindri d’argento, a forma di colonnina stradale, sui quali erano incise le distanze tra le città.

Per la ricostruzione della viabilità nella Sicilia romana, parte le poche notizie tramandateci da Cicerone, le fonti più significative, per approfondirne lo studio sono costituite da due documenti coevi: la Tabula Peutigeriana e l’Itinerarium Antonini.

Itinerarium Antonini

L’Itinerarium dedica un capitolo intero alla Sicilia, presenta alcune note precedute dalla dicitura: “Mansionibus nunc institutis” che riguardano il servizio postale e sicuramente risalgono al IV secolo.

Tabula Peutigeriana

La Tabula Peutigerania è un itinerario “pictum”, contenente anche l’indicazione di varie “stationes”. Non ci sono elementi nuovi rispetto all’Itinerarium, ma interessante è il suo apporto per quanto riguarda le vie della costa sud ove compare l’indicazione della “statio” postale Aquae Labodes, grande edificio termale. Questa rappresentazione è indicativa del gusto, per le cure termali e per i viaggi turistici diffusosi nel IV secolo d.C.

La Tabula Peutigeriana della Sicilia, clicca sull'immagine per ingrandirla

Anonimo Ravennate e Guidone

Indicazioni di minore importanza ci forniscono la “Cosmografia” di un anonimo geografo Ravennate e il Guidone.

Cilindro in argento sulla cui superficie sono incise informazioni sul percorso Cadice-Roma (Km 2.725), in numeri romani si può leggere la distanza tra le varie Stationes.

Vie costiere

Nelle notizie tramandate oltre che dal Ravennate, da Guidone si traccia un possibile itinerario da Hybla a Morgantina a Centuripe, cui segue l’elencazione di alcuni centri ignoti con l’aggiunta di quattro termini che sembrano adombrare di una iscrizione che potrebbe così sintetizzarsi: “Artemis Divia, Apollinis Septus” i termini di questa iscrizione sul tempio, non furono compresi quali indicazioni di un “temenos”, ma furono considerati isolatamente ed inclusi erroneamente entro la serie delle città. L’Uggeri, continuando nella sua attenta disamina, precisa che Divia è la divinità legata alle antiche feste romane, cui venivano eretti tabernacoli ai crocicchi, protettrice dei viandanti al bivio. Sulla direttrice della via Valeria, nel suo tratto settentrionale, in uno snodo, per eccellenza, è il bivio che porta o al “traiectus” del Peloro a sinistra, oppure a Messina attraversando i Peloritani. Proprio nel nome odierno di questo luogo “Divieto” (frazione di Villafranca Tirrena) si conserva un’ inequivocabile testimonianza dell’antico culto di Artemia Divia. Dietro quei termini si cela l’indicazione di un “Temenos” (Luogo sacro recintato) nel quale era venerata la coppia divina Artemis–Apollo.

1) Via Valeria (Messina – Lilibeo)

La via Valeria, da Messina a Lilibeo, nacque per le esigenze militari della seconda guerra punica, Nella “Geografia” di Strabone viene denominata Valeria con riferimento o al console Marco Valerio Levino, che nel 210 a.C., riorganizzò la Sicilia in modo da incrementarne la ripresa economica ed agricola, o a qualche alto magistrato della “Gens Valeria”, precisamente a Lucio Valerio Flacco, pretore in Sicilia nel 199 a.C. La via Valeria, sulla costa nord, dal traiectus sul Fretum Siculum a Lilibeo, diventerà la bizantina “Strata Regia” così come è ricordata presso Patti e presso Milazzo dall’XI secolo d.C.

Quest’arteria congiungeva Messina con Tindari, porto d’imbarco per le isole Lipari, Agatirno, Calacte, Alesa (Tusa), Cefalù, Termine Imerese, Solunto, Palermo, Partinico, Segesta, Trapani, ed infine il porto di Lilibeo (Marsala). Presentava due varianti una interna nei pressi di Carini, evitava Trapani e, raggiungeva Lilibeo dalla parte di Salemi, questa variante sembra essersi perpetuata in parte, da Hyccara a Lilibeo, nell’odierna Strada di Salemi. Un’altra variante costiera per “marittima loca”, invece, andava da Hiccara a Drepanis, attraversando Sirignano di Alcamo e le Aquae Pertiniacenses, seguendo il litorale del Golfo di Castellammare.

2) Via Pompeia (Messina – Siracusa)

La Strada ionica da Messina a Siracusa, presunta via Pompeia, prenderà poi la denominazione di “dromos”, “strada principale”; congiungeva lo stretto di Messina con Taormina, Aci, Catania, Lentini, e Siracusa, quest’ultima importante scalo marittimo e nodo viario.

3) Via Selenuntina (Siracusa – Lilibeo)

La strada costiera meridionale “per marittima loca” congiungeva Siracusa a Lilibeo riprendeva la vecchia via Selenuntina, attraversando prima il massiccio Ibleo per Acre (Palazzolo Acreide) e Ibla (Ragusa) e proseguendo, poi, lungo la costa per Calvisiana, Agrigento, Sciacca (Aquae Alabodes). Una variante di questa via aggirava la cuspide del Pachino ricalcando la vecchia via Elorina. La via Selenuntina, a partire dal fiume Dirillo, era in gran parte costiera e toccava Gela, Agrigento, Heraclea, Minoa e Selinunte.

Itinerario turistico attraverso la Agrigento – Siracusa

Nell’Itinerarium Antonini si trova anche tracciato un itinerario “per marittima loca” riferito alla Agrigento –Siracusa, che non tocca nessun centro urbano e che sicuramente serviva ai ricchi signori che soggiornavano ai Bagni di Sciacca e si recavano a visitare Agrigento, per poi proseguire lungo la costa meridionale della Sicilia, si snodava solo Santuari quali il Dedalion, l’Heraion l’ Apollonion e forse anche il Poseidon di Ispica non toccando nessuna delle città greche, che avevano motivato la costruzione delle strade, ma solo sontuose ville. Quest’uso non può non richiamare alla memoria l’odierno turismo religioso.

I Romani dell’età imperiale amavano la vita comoda, e proprio per il suo clima e le sue bellezze La Sicilia era diventata luogo di “otium”, soggiorno prediletto di letterari e di filosofi pagani quali Porfirio (270 d.C. circa) o di cristiani come Firmico Materno. In questo smodato clima di agi e di lusso, viene realizzata la stazione postale presso i Bagni di Sciacca “ad aquas Labodes” evidenziata nella Tabula Peutingeriana.

Viabilità interna

1) Catania - Termini

La Catania –Termini correva alle falde meridionali dell’Etna fino a Paternò, poi proseguiva per Centuripe, Agira ed Enna.

2) Agrigento- Palermo (Via Aurelia)

La Agrigento–Palermo, chiamata via Aurelia, fu la prima strada costruita dai romani nell’Isola. Congiungeva Palermo con Agrigento attraverso lo Zuccarone, in territorio di Corleone dove è stato rinvenuto il miliario. L’arteria è da mettere in relazione con le operazioni militari della prima guerra punica, trovandosi Corleone al centro della zona contesa ai Cartaginesi tra Palermo, Agrigento e Lilibeo. Il miliario rinvenuto a Corleone è di un Aurelio Cotta console del 252 e del 248 a.C.

3) Catania - Agrigento

La via interna Catania–Agrigento sembra essere conservata in parte dalla trazzera Canicattì-Vito Soldano-Castrofilippo–Favara, dove nel 365 d.C., sarebbe sorta la “statio” di Rocca Stefano.

Questa via tocca solo latifondi, ciò induce a pensare che sia stata tracciata nel IV secolo d.C., in conseguenza della fondazione di Costantinopoli, per rispondere ad esigenze di rilancio della campagna siciliana, dato che l’Isola era diventata granaio di Roma. Nel IV secolo si registra l’introduzione di nuove “mansiones” sulla Catania–Agrigento, la loro creazione può essere nata dall’esigenza di migliorare il servizio postale, abbreviando la distanza tra le varie stationes, questo per volontà dell’imperatore Costanzo prima e Giuliano l’Apostata dopo, quest’ultimo incaricò il prefetto del pretorio Mamertino, nel 362 d.C., di controllare e migliorare il servizio postale siciliano. Lo scopo dell’imperatore era solo quello di infittire le fermate per migliorare i collegamenti, non di tracciare nuove strade. Le nuove stationes potrebbero anche essere sorte, per rimediare i danni del terremoto del 365 a.C., questo sembrano suggerire gli scavi archeologici intorno a Favara, che mostrano il trasferimento di una “statio” a tre Km. di distanza da contrada Saraceno a Rocca Stefano.

4) Alesa – Enna

Ricordata da Cicerone, presenta tappe intermedie ad Herbita, Malistrata, Prachara ed Agira. Tra Fiumara di Tusa e e il fiume Salso è stata ripresa dalla S.S. n° 117 per Mistretta e Nicosia.

Stationes e Mansiones nella Sicilia romana

Nel II sec. a.C., la politica espansionistica di Roma causò uno smisurato ampliamento dell’“ager publicus”, e uno straordinario incremento del numero degli schiavi, condizione alla quale erano destinati i prigionieri di guerra. Conseguente fu la rovina dei piccoli proprietari terrieri che, arruolati nell’esercito, avevano dovuto abbandonare i campi ritrovandosi al loro ritorno indebitati e costretti a vendere il loro podere ai grandi proprietari; questi ultimi, preferendo impiegare nei lavori agricoli gli schiavi, avevano ridotto i contadini senza terra e senza lavoro. La piccola proprietà scompariva a vantaggio dei latifondi, che divennero la forma dominante dell’attività agricola.

Situazione analoga ebbe a verificarsi tra la fine della Repubblica e l’inizio del Principato di Ottaviano, nel 27 a.C., periodo in cui la situazione economica della Sicilia subisce marcati mutamenti. Cesare, infatti, aveva concesso all’Isola lo “Ius Latii” (diritto di cittadinanza), ora con Ottaviano la Sicilia pagava lo scotto di aver parteggiato per Sesto Pompeo; infatti il Princeps, durante il suo soggiorno nell’Isola, tra il 22-21 a.C., insediò i suoi coloni nelle cinque più fiorenti città costiere: Thermae, Tyndaris, Tauromoenium, Catina e Syracusa. Il provvedimento favorì, ulteriormente, il consolidamento della grande proprietà privata; la situazione si aggravò ancora nel 30 a.C., data epocale per l’Isola, quando Ottaviano fece dell’Egitto il nuovo granaio di Roma riducendo alla marginalità politica ed economica la Sicilia. Alla nascita del latifondo si accompagnò la crescita del numero di fattorie, stationes, e mansiones e la riattivazione di una rete viaria minore, sicuramente già esistente nella Sicilia greca, che consentiva sia il collegamento tra i latifondi in mano allo stesso proprietario, sia il collegamento con le arterie viarie principali. Le “stationes”, sorte nei latifondi e provviste di veterinari e agenti di polizia, venivano utilizzate per l’ammasso delle derrate, che in seguito attraverso una fitta maglia di trazzere e la rete fluviale (“deportatio ad aquam”), venivano avviate verso gli scali deputati. Le “mansiones” Calvisiana, Philosophiana, Comitiana assieme a tanti siti ancora poco esplorati, si presentano come epicentri di latifondi produttivi, non è, infatti, un caso che siano collocate nella zona centro-meridionale della Sicilia e che la direttrice viaria Catania-Agrigento tocchi solo latifondi.

In Sicilia sono stati individuati circa 100 insediamenti tra fattorie, stationes e mansiones. Sulla litoranea per “marittima loca”, in prossimità di Gela, ritroviamo le fattorie Calvis, Chalis; sulla Catania –Agrigento le “stationes” Philosophiana, Calvisiana, Comitiana, Capitoniana, Calloniana, Corconiana, Petiliana ed altre ancora. Connessa a queste fattorie è una rete viaria minore, portata alla luce durante gli scavi degli anni ’60, tra Butera e Gela, tale rete remota collegava le zone interne tra loro e con le principali arterie di comunicazione stradali.

Lo studio dei bolli incisi su manufatti fittili, rinvenuti in questi siti, e l’analisi prosopografica, che ha permesso di risalire ai proprietari dei latifondi, hanno consentito una attendibile ricostruzione dell’assetto viario nel territorio agrario di questa porzione dell’Isola. Il rinvenimento di tegole con le stesse sigle, venute alla luce in più latifondi, fa supporre verisimilmente che essi appartenevano allo stesso proprietario e che fossero collegate sia tra loro, sia con la viabilità principale. La complessa organizzazione del lavoro, della produzione e del commercio nel latifondo si avvalse, certamente, di quell’intricato sistema viario remoto di cui si diceva più sopra, costituito da un labirinto di trazzere e vie fluviali attraverso cui il raccolto veniva fatto confluire negli scali più importanti. Attraverso il labirinto di trazzere e vie fluviali il raccolto veniva fatto confluire negli scali più importanti della Sicilia. I trasportatori e i viandanti nel lungo, lento e faticoso viaggio su questa viabilità secondaria, si dovevano necessariamente avvalere, come le emergenze archeologiche testimoniano, di luoghi di sosta e di ristoro come le “stationes” e le “mansiones”, ove potevano trovare veterinari, carpentieri e agenti di polizia ed ove era possibile anche il cambio dei cavalli.

Una campagna di scavi relativamente recente ha portato alla luce, a poca distanza sia da Gela che da Niscemi, l’insediamento di Piano Camera, il cui latifondo apparteneva allo stesso proprietario di quelli che insistono in contrada Petrusa, in Contrada San Michele (Canicattì) e in contrada Gadira (San Cataldo), è verisimile pertanto che i tre latifondi fossero collegati tra loro e che fossero dotati di qualche luogo per le soste dei viandanti.

Il sito di Piano Camera presenta tre livelli di insediamenti, il più antico di età arcaica, il secondo di età imperiale risale al II-III sec. d.C., il terzo al IV sec d.C. Nel secondo livello si riscontra un complesso di sette vani, una cucina e un cortile, a questa fase insediativa sono stati attribuiti i numerosi tegoli con bollo GALB o GALBA; essi offrono la testimonianza epigrafica dei “praedia Galbana”, estesi anche nell’area di Niscemi, in contrada Petrusa., ove recenti scavi hanno portato alla luce un complesso termale dotato di calidarium e frigidarium, all’esterno del quale resti di strutture murarie confermano l’esistenza di una “mansio”, utilizzata come tappa dai viaggiatori. I tegoli con bollo Galba, ivi rinvenuti, fanno supporre che sia la mansio di Piano Camera sia questa di Petrusa appartenessero allo stesso proprietario e fossero collegate, molto verisimilmente, tra loro attraverso una rete viaria minore.

Alla terza fase insediativa di Piano Camera, che risale al IV–V sec. d.C., appartengono tre ambienti di cui uno isolato dalla fattoria, ad essa si attribuiscono tegoli con bollo EGNATI. Tegoli con identico bollo, sono stati rinvenuti, da Paolo Orsi, nella contrada Petrusa di Niscemi. Secondo Wilson l’iscrizione può essere sciolta in: E (x praediis) CN. ATI(LI), altri propongono di scioglierla in EGNATIANA, riferendosi ai praedia di Egnatius, forse esponente dell’ordine senatorio. Le fonti, infatti, accennano alla famiglia Egnatia, alla quale apparteneva un certo Egnatius Lollianus praefectus urbi nel 342.

Il rinvenimento di tegoli con sigillo Egnati, nella fase tra IV e V sec., a Piano Camera, testimonia un cambiamento di proprietà da Galba a Egnatione possessore degli insediamenti in contrada Petrusa e Piano di Camera che ricadevano in complessi rurali collegati tra loro tramite trazzere.

Insediamento di Bitalemi, Mansio Calvisiana

Bitalemi era sicuramente un insediamento di tipo commerciale, un approdo o un luogo di ancoraggio presso la foce del fiume Gela.

Nel sito, scavato dall’Orlandini, è stato rinvenuto un edificio del V secolo dotato di due grosse macine la cui presenza ha permesso all’archeologo di identificarlo con una fattoria. I tegoli con bollo CAL e CALVI ivi rinvenuti,. confermano la presenza a Bitalemi, della mansio Calvisiana citata due volte nell’Itinerarium Antonini, una prima volta come tappa tra Ibla e Agrigento, una seconda volta come tappa lungo la strada per “marittima loca” da Agrigento a Siracusa. Il nome potrebbe derivare da Calvisianus, corrector Siciliae nel 304 d.C., Si tratta di due mansiones del “cursus publicus” che ricadevano lungo i confini del latifondo il quale si estendeva fino a Casa Mastro, contrada a N-E di Gela, ove sono stati rinvenuti bolli identici. Il sito di Bitalemi potrebbe essere stato luogo di smistamento, dei prodotti provenienti dall’interno e dal centro di raccolta di Casa Mastro, e base di partenza per Lilibeo. A Bitalemi, sicuramente, era un insediamento di tipo commerciale, un approdo o luogo di ancoraggio presso la foce del fiume Gela. I complessi di Bitalemi e Casa Mastro dovevano essere serviti da strade.

Altri insediamenti sono stati rinvenuti a Poggio, Barbuzza, Casale di Monaco, Monte Saraceno, Baronessa, sono fattorie o mansiones collegate da vie, utilizzate in età molto antiche e in età romana, che saranno poi ricalcate dalle Regie Trazzere. Una di queste strade, ripresa dalla statale 626, si trova segnata sulle più antiche mappe topografiche, negli atti conservati presso l’ufficio tecnico per le trazzere ed è riconosciuta come un’antichissima trazzera “ab immemorabile” continuamente transitata da bestiame, passeggeri, vetturali.

Di recente è stato scoperto un insediamento di età bizantina in contrada Minelli. 2 km a sud di Mazzarino e 5 a sud-ovest di Sophiana. È probabile che questo insediamento si possa identificare con Macarina, toponimo citato da Cicerone e Claudio Tolomeo. Esso fa supporre l’esistenza di un’arteria viaria che lo collegava alla vicina Sophiana con la quale ha in comune le fasi di vita e da cui dista 10 km. Il complesso termale ivi esistente e di cui parlano le fonti e l’annesso complesso artigianale inducono a riconoscervi una “mansio” per la sosta dei viandanti che da lì potevano riprendere il viaggio lungo le vie interne della Sicilia o per altre destinazioni.

Conclusioni

Nata, in un primo momento, per esigenze militari, la rete viaria della Sicilia non interessò mai fino in fondo Roma, infatti dopo le conquiste, le uniche opere di cui abbiamo notizia le ritroviamo nelle “Verrine” di Cicerone, che scrive di un intervento, dovuto a Pompeo Magno, tra l’ 82 e l’80 a.C., a cui si deve la realizzazione della via Pompeia, in partenza da Messina.

Anche un’iscrizione mutila, rinvenuta a Siracusa, fa accenno, tra 88-87 a.C., a qualche restauro, a scopi militari, nella vecchia via Selenuntina. Non abbiamo altre informazioni né riguardo la creazione di nuove strade, né della manutenzione di quelle esistenti.

Sappiamo che durante il principato di Augusto fu riorganizzato il servizio postale, riutilizzando la rete viaria greca, in seguito per circa 360 anni, nel corso dell’impero non abbiamo più notizia di interventi sulla viabilità sulla isolana. Nel IV secolo, pochi provvedimenti furono presi da Giuliano l’Apostata prima, e da Valentiniano dopo; ma dovremo aspettare i tardi epigoni dell’impero quali Teodorico e Narsete per riscontrare qualche novità nella politica stradale, questi, infatti, prescrissero la manutenzione delle strade tra gli obblighi delle comunità e dei proprietari dei terreni attraversati.

A partire poi, dall’invasione vandalica del 440 d.C., alcuni fattori di disgregazione dell’Impero romano, come la mancanza di interventi del potere centrale si sommarono, per quanto riguarda la politica stradale, ad una inconfessata quanto operante volontà di evitare il ripristino delle grandi arterie: si trattava di reazione di autodifesa, in quanto le strade sembravano avvicinare il pericolo di rapide incursioni; la viabilità tornava ad essere a fondo naturale e dovette presentarsi in condizioni non dissimili dalla vecchie trazzere o mulattiere di epoca arcaica riprese in parte da alcune odierne strade statali come la S.S. N° 117 per Mistretta e Nicosia, gran parte delle vie Aurelia tra Palermo e Agrigento e della via Valeria tra Messina e Marsala, strade che ancora oggi si presentano a tratti dissestate, polverose e qualche volta impercorribili.


Bibliografia

  • G. Uggeri “Itinerari e strade della Sicilia tardo antica” in “Kokalos” n° 43 -44, 1997/98.

  • E. Gabba, G. Vallet “La Sicilia romana” Ed. Storia di Napoli e della Sicilia

  • Cicerone “Verrine” Ed. BUR

  • E. Sergio – G. Perez “Un secolo di politica stradale in Sicilia”, Palermo 1963

  • M. Finley “Storia della Sicilia antica” Bari, 1975

  • P. Pelagatti “Archeologia nella Sicilia sud – orientale”, Siracusa 1973


Testo ed immagini di Rosa Casano Del Puglia. Riproduzione, anche parziale, vietata. Pubblicato dal Portale del Sud nel mese di febbraio dell'anno 2012

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino - il Portale del Sud" - Napoli e Palermo admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2012: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino.

Sito derattizzato e debossizzato