Le Pagine di Storia

La rivolta di Palermo del 4 aprile 1860

in una cronaca dell'epoca

a cura di Alfonso Grasso

Palermo, San Giovanni degli Eremiti

Tratto Da La Civiltà Cattolica (Serie IV, vol. VI, anno 1860)

Due Sicilie (Nostra corrispondenza): 1. Tranquillità in Napoli - 2. Conato di rivolta represso in Palermo, non di Palermo.

1. Noi siamo in una grande quiete, checche si possa far credere altrove; e se non saremo disturbati di fuori, non vi è paura per nulla. Solamente Venerdì santo la sera vi fu un po’ di disturbo al largo della Carità: si gridò: viva la Sicilia, viva Palermo, ed una sola voce aggiunse: viva la Costituzione. Chi era presente, ne ha interesse a mentire, mi assicura che i gridatori non erano più una ventina di giovanotti studenti di province; i quali gittate quelle voci si diedero in fretta a gambe per non compromettere il nucleo più importante della rivoluzione napolitana. Fu inutile che uscissero i soldati dal posto ivi vicino: anzi il Comandante, avvedutosi che quell’apparire di armati metteva grande spavento nel popolo pacifico che ingombrava tutta la strada di Toledo, li fece subito rientrare, aggiungendo che dessero agio alla paura di fare il suo corso regolare; altrimenti sarebbe stato pericolo che molte gambe si rompessero. Così rientrato co’ suoi, lasciò spalancata la porta del quartiere, volendo con questo segno mettere fiducia nel popolo. Corse voce che in questo giorno 11 vi sarebbe un’altra dimostrazione. Ma oramai sono tante le volte, che si son fatte queste minacce senza niuno effetto, che non vi si bada più.

2. Assai più grave è stato il tumulto di Palermo il dì 4 Aprile [1860 ndr], del quale certamente avrete letto qualche cosa. Il giorno antecedente i ribelli, barricatesi nel Monastero detto Gancia presso la marina, avevano minacciata e quasi sfidata la truppa per quel medesimo giorno: mandarono poscia ai loro un contravviso pel dì vegnente. Intanto il Generale Salzano fé prendere tutt’i posti anche di fuori la città; poiché si aspettavano bande di montanari. Appena fu giorno, cominciò l’attacco, e sebbene il Monastero fosse diventato una fortezza, tanto era munito, le truppe vi penetrarono, e ne furono padroni. I ribelli erano circa 700, ma però attendevano un gran rinforzo dalle montagne. Di que’ 700 forse un paio di centinaia solamente si resero, gli altri furono schiacciati nella loro temerità. In questo fatto si segnalarono massimamente le reclute di 4 mesi, e, che è tutto dire, colla baionetta gridando: Viva il Rè. In questo bel mezzo, sebbene un po’ tardi, giunsero le bande, contro le quali combatté da prode il maggiore Bosco co’ suoi due reggimenti incalzandoli colla baionetta. Poco ressero quei mariuoli, e fuggirono a rintanarsi ne’ loro noti covili: non mancarono però altri conflitti, e solo co’ dispacci di Venerdì si seppe che tutto era quieto. Nondimeno sono partiti altri rinforzi per purgare le campagne da quella gente facinorosa. Intenderete facilmente donde sia venuto il colpo; poiché i gridi erano di alcuni, Viva l’annessione all’Inghilterra; di altri, Viva l’annessione al Piemonte. Nel Monastero furono ritrovati, dicono, alcune migliaia di fucili rigati di fazione inglese, grandi provisioni di polvere e palle, ed alcuni aggiungono eziandio cannoni. Il meglio fu la cassa dei faziosi con 20 mila once, ossia 60 mila ducati. Vi sarà forse esagerazione: ma se così è, devono essere allegri i soldati del fatto loro. Vi è chi afferma, tra i morti essersi ritrovati inglesi e piemontesi. Non saprei assicurarlo. Il certo è che la città di Palermo non prese alcuna parte nella ribellione: anzi gran numero di cittadini uscì fuori delle mura per protestare contra quel movimento. Ora si dice che sia in istato di assedio per la tutela de’ buoni. Non tacerò finalmente che dalla vicina città di Cefalù si presentò subito al Generale una deputazione di cittadini che si dicevano parati a pigliar parte colle truppe reali per domare la ribellione. Il Generale li ringraziò del buon animo, ma non credé necessario accettare l’opera loro: l’esempio di Cefalù fu seguito da altre città. Dopo il fatto di Palermo si sparsero voci d’altri commovimenti nella Sicilia, massime Messina e Catania: ma furon fole. Il colpo di Palermo farà tacere almeno per un buon pezzo la rivoluzione in Sicilia.

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