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Il Romanzo, esercizio letterario

…in caduta libera

di Gherardo Mengoni

 

Premessa

«Non c’è nulla di peggio che scrivere una autobiografia ritenendo di poter riuscire ad essere “interessante”.

Dei fatti tuoi nessuno se ne frega salvo quando dalle parole si sprigionano i pochi e radi bagliori per mezzo dei quali si sviluppa la specularità tra te e l’altro da te che chiami pomposamente “lettore”.

La simmetria speculare in tal caso determina la partecipazione, fa sorgere il senso di condivisione quando l’altro da te individua le affinità, l’universalità di certe sensazioni, l’insorgere di certi sentimenti e, non ultima, la comunione all’etica che li sostiene.

In questa forma la narrazione che ne deriva non è più “intima” ma spazia nel fluire degli accadimenti che formano la “vicenda umana “e può ricadere nel minuscolo reliquato del tuo vissuto ove si possono accomunare sensazioni di entità differenti, di individui distinti. Può così scaturire un certo interesse alla scrittura riferita a fasi di vita rilette con questa necessaria larghezza di orizzonti.

Sia ben chiaro che non sempre si riesce nell’intento! Nel migliore dei casi solo una percentuale di quanto si scrive, sulla base del ricordo e della rielaborazione ragionata, porta alla simmetria speculare di cui innanzi. E poi per quanti soggetti? Già perché il lettore non esiste! Esistono i lettori con le loro idee e con il fardello delle loro vicende dissimili, memorabili, misere, banali, singolari, inimmaginabili. Insomma il superamento dello scoglio della disattenzione e l’insorgere dell’interesse per quanto viene offerto in lettura è un’ardua faccenda che solo pochi bravi scrittori sanno superare. Alcuni fra i grandi nomi della Letteratura contemporanea si vantano di coinvolgere il lettore sin dalla prima pagina e di non far diminuire l’attenzione anzi di accrescerne il valore con il dispositivo “dell’agnizione”, dell’attesa spasmodica e del palesamento improvviso di figure che modificano le premesso. Tutto ciò viene spesso teorizzato con compiacimento dopo il successo ottenuto con un proprio lavoro. Esempi ormai arcinoti sono “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco oppure “I Pilastri della Terra” di Ken Follet. Ambedue le vicende appaiono apparentemente inserite in un ambito storico circoscritto con figure umane che “sembra di conoscere”, tanto attentamente se ne costruisce la personalità, e invece stiamo leggendo romanzi ai quali la Storia fornisce un contributo significativo per quell’aspetto che oggi definiremmo in termini cine-televisivi di “location” occorrente allo sviluppo del racconto. Ma il crescendo di attenzione da parte del “lettore” verso un finale mai palesato e nemmeno intuibile proprio in forza della quantità di mistero che viene creata intorno al personaggio o ai personaggi che dominano la vicenda raccontata, si esplica ad un tratto con l’intuizione che lo “gliommero”, così come accadeva nelle Atellane, si sta per sgomitolare del tutto e sta per apparire una verità che non era possibile intuire.

Un altro artificio, nemmeno tanto misterioso, risiede nella scelta felice dello “incipit” che, come bacchetta magica, dovrebbe generare l’immediata attenzione verso lo scritto e, per così dire, incollare alla poltrona il lettore che non si stancherà e procederà alla lettura del testo con compulsiva rapidità.

Ricordo l’indimenticabile: “Questa notte ho sognato di ritornare a Menderly” che apriva il romanzo “Rebecca la Prima moglie” di Daphne du Maurier; oppure “i bambini vennero ad assistere all’impiccagione. “Era ancora buio…” che apre “I Pilastri della terra” di Follett. Ed ancora: “Il 16 agosto 1968 mi fu messo tra le mani un libro dovuto alla penna di tale abate Vallet, “le manuscript de Dom Adson de Melk, traduit en francais d’apres l’èdition de Dom J. Mabillon (Aux Presses de L’Abbaye de la Source, Paris)”, apertura de Il Nome Della Rosa di Umberto Eco.

Ebbene la forza di questo genere letterario, degli accorgimenti linguistici e sintattici adottati, sta nel aver creato una simmetria speculare adatta a molti degli individui coinvolti nella lettura che diventa tanto appassionante da non permettere deroghe. L’imperativo è leggere e anche di fretta! Bisogna, infatti, cercare di comprendere dove andrà a finire l’avventura avviata dallo scrittore e quanto riuscirà a coinvolgere l’animo del lettore».

Ho ritrovato questo brano di serena e pacata analisi letteraria, risalente a qualche anno fa, non dico quanti ma potrete intuirlo dai testi citati. Ebbene la crisi nel settore dell’Editoria, grave forse più di quella finanziaria, non vede soluzioni a breve termine perché i “lettori” innanzi teorizzati non esistono più. I pochi rimasti si destreggiano in una indeterminazione delle scelte, tra scarsità di testi e una miriade di titoli di materiale invenduto accatastato in poche librerie consortili che appaiono, più che luoghi di Cultura, Opifici di vendita al pari dei Supermarket del settore alimentare. Materiale disponibile spesso astruso, più spesso sciatto, ancor più sconcio e pieno di porcherie gratuite inserite per destare nel lettore non l’agnizione ma piuttosto la reazione erotica alle più volgari sconcezze, alle descrizioni più crude di compiaciuta scurrilità.

La riforma della Cultura passa anche dalla rigenerazione di questi siti ove non c’è alcun angolo per sfogliare e riflettere su una scelta, su un brano, su di una poesia immortale. Non c’è un addetto che odori un pochino di cultura che sappia dare un consiglio!

Non si intuisce una possibile soluzione, una via di ripresa che possa ridare alla cultura tramandata, al sapere distillato dalla pagina scritta, la giusta dimensione. La globalizzazione del web (World Wide Web.. la ragnatela grande quanto il Mondo) ha reso piatto ogni approccio culturale. La definizione di “astruso” è la medesima sia in italiano che in ungherese. Wikipedia è strumento spesso fallace eppure diffuso in ogni sito attivo del web. Dicevano i tecnici IBM di qualche anno fa: “Abbiamo ampliato con la informatica le frontiere della nostra intelligenza” ma a conti fatti abbiamo mortificato la iniziativa del singolo che non si strugge come i padri sulla strada tortuosa della conoscenza.

È un bel dire che siamo migliori. I romanzi che continuano ad essere sfornati qui da noi a decine al giorno sono il prodotto di questo passaggio epocale non solo perché non li leggerà che uno sparuto nucleo di ritardati ambientali, di sorpassati, ma perché i contenuti, se non muterà qualcosa, risulteranno sempre più sciatti e scurrili.

Gherardo Mengoni


Articolo inviato dall'autore al Portale del Sud nel mese di novembre 2014

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