Pensiero Meridiano

 

Gli incapaci

Editoriale del Portale del Sud

Irresponsabilità

Qualche giorno fa Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, in un’intervista ha indicato l’incompetenza come uno dei mali che affliggono la società civile italiana a tutti i livelli. Va da sé che il capo degli industriali si riferisse soprattutto alla politica, seguendo l’ultima moda che vede l’Associazione tardivamente critica nei confronti di Berlusconi e dei suoi governi. Troppe sono le responsabilità e le incompetenze dimostrate da Confindustria in questi anni, perché il pulpito da cui parli la Marcegaglia possa essere considerato attendibile. Eppure l’ammissione ci ha colpito favorevolmente, perché noi non abbiamo preconcetti, sappiamo perciò riconoscere quando finalmente viene pronunciata una mezza verità di cui, peraltro, eravamo già convinti da tempo.

Ovviamente, la situazione è più complicata di quanto ammesso dalla Confindustria. L’incompetenza ha preso il sopravvento nel Bel Paese, non solo nel settore politico, dove oseremmo dire è un male endemico, ma anche in tutti gli altri settori, senza escludere proprio quello della economia e della produzione industriale.

Cos’è successo? Per raccontarlo, chi scrive non ha bisogno di ricorrere ad esempi astratti o considerazioni generiche poiché ha vissuto direttamente i successi, quindi la crisi, infine il declino della Fincantieri, una grande azienda metalmeccanica, oggi alla rovina. È successo che a partire dagli anni ’90, dapprima timidamente, poi con protervia ed al suono della grancassa, è entrata in azienda l’Incompetenza. La “i” maiuscola sta a significare non la semplice ignoranza o impreparazione di un dirigente o di un tecnico, ma un sistema di gestione aziendale in cui la conoscenza del prodotto-nave e del suo processo produttivo (la “Competenza”) è diventata condizione ostativa ad occupare posizioni decisionali o di responsabilità nel top management aziendale.

Per farla breve, oggi al vertici di Fincantieri non c’è un ingegnere navale, o persona comunque cresciuta e formata nel settore specifico. L’Amministratore delegato è un prodotto della burocrazia amministrativa ex IRI; in azienda spadroneggiano i “managers delle risorse umane” (ufficio personale, le “Gestapo” aziendali). Persino alcuni dei responsabili delle Direzioni Navi (le unità operative di Fincantieri nei settori navi militari, da crociera, ecc) non sono persone qualificate provenienti dal settore. Nel Consiglio di Amministrazione è poi entrata, in “quota” Lega Nord e Pdl, la politica italiana: quella della spartizione a fini clientelari e di casta, quella che premia faccendieri e personaggi nel cui curriculum c’è scambio di favori e galoppinismo…, quella che pensa solo a favorire amici e parenti.

La presenza degli incompetenti ai vertici delle imprese, e qui il discorso si può agevolmente ampliare da Fincantieri a tutta la grande industria, partecipata e privata, è doppiamente deleteria. Primo perché a comandare c’è un incompetente, secondo perché l’incompetente tende ad allontanare dalla sua cerchia i competenti per circondarsi di uno strato-cuscinetto di personale condiscendente, cui vengono riservate le cariche aziendali più elevate. Le persone che hanno conoscenza della materia finiscono per essere così gli operativi, termine che ha acquisito nel corso degli anni un significato sempre più dispregiativo (addirittura gli operativi della politica vengono chiamati sherpa, cioè uomini adatti solo a faticare, mentre i massimi sistemi vengono analizzati e gestiti dal top). Così le aziende si sono riempite di gente inutile e costosa, a danno della concorrenzialità.

Gli incompetenti non sanno riconoscere i problemi produttivi, non immaginano nemmeno che vi possano essere le problematiche tecniche, non hanno alcun parametro per giudicare chi nella loro azienda è un elemento valido e chi non lo è. Perciò, alla fine, si preoccupano solo degli organigramma, dei costi e del bilancio. Va da sé che in epoca di crisi di mercato, non avendo idea su come procedere positivamente, pensino solo a chiudere, licenziare, chiedere sovvenzioni.

Andiamo verso fatti clamorosi, come quello del Ministero inglese delle colonie, che nell’800 in pieno impero coloniale aveva una trentina di addetti e nel 1954, perse le colonie, ne contava 4mila! Così le grandi aziende italiane: quando tutti gli operai saranno a casa per mancanza di lavoro, le direzioni generali rimarranno affollate, grasse e satolle a discutere del sesso… delle navi!

Neanche le aziende a conduzione familiare si potranno salvare se continueranno a sostituire i vecchi “principali”, lavoratori ed esperti, con rampolli stampigliati dai master aziendali ed avulsi dal mondo del lavoro. Non ci attanaglia alcuna nostalgia del passato, anche il vecchio sistema padronale era pieno di ingiustizia e di sfruttamento, ma di fronte a quello attuale riesce quasi a giganteggiare, almeno in termini di efficacia produttiva!

Come possono gli incompetenti progettare innovazione, qualità, buoni prodotti se non hanno la più pallida idea di come e cosa fare? Non fa meraviglia pertanto che l’industria italiana perda colpi, ma fa male al cuore, almeno a chi ci ha lavorato dentro una vita intera ed in maniera sana.

Berlusconi, da solo, non può aver provocato tutto ciò. Ma è tanto potente, ha tanto potere, compreso il monopolio radio-televisivo. Ha dalla sua i poteri forti ed occulti. Ed ha un sacco di entusiasmo ed idee… No, non ha fatto lui tutti il male del mondo, ma ci ha concorso e contribuito con tutte le sue forze!

Sorrisi e canzoni

È colpa nostra.

Se il presidente della Repubblica Francese ed il cancelliere tedesco si sbellicano dal ridere al solo ascoltare la semplice domanda “avete voi fiducia di Berlusconi?”, la colpa è nostra. Se paghiamo i nostri debiti con un interesse 5 volte superiore a quello dei tedeschi, la colpa è nostra. Se mandiamo a rappresentarci all’estero un professionista della farsa, della menzogna istituzionalizzata (ad iniziare dal contratto con gli italiani a finire con Ruby è nipote di Mubarak), un personaggio asfaltato sulla testa, compositore di canzonette con Apicella, dalle buffe e corte gambette… ci meravigliamo che la gente rida?!

Siamo gente strana. Accettare Berlusconi come presidente del Consiglio è stato come girare un magistrale film comico… e poi ci dovremmo meravigliare se le persone si divertono a guardarlo?

Il vero problema, quello che gli stranieri non possono conoscere, è che il comico con cui si divertono è stato per noi una tragedia.

Se le farse messe in scena da Berlusconi e i berlusconiani, Ferrara in testa, bastassero a innescare le rivoluzioni, in Italia avremmo già avuto un centinaio di rivoluzioni ed avremmo risolto il problema. Ma non bastano, a quanto pare.

Oggi ci troviamo di fronte ad una crisi di governo, l’ennesima, e come al solito assistiamo ad un copione recitato dai quattro attori da avanspettacolo che ci governano. Un copione in cui si ammette tra le righe la propria incapacità che non è quella di Fantozzi ma quella del megadirettore.

Per non parlare del decoro. Siamo un Paese che pende dalle labbra di un leader di un partitello comunal-regionale che vale sì e no l’8 % dei voti nazionali, Umberto Bossi diventato ministro per virtù dello “spirito santo” Berlusconi.

È un grosso problema di dignità. Bossi è uno che non sa parlare in italiano, non articola frasi comprensibili, piazza un ignorante matricolato come il figlio in un consesso politico. Uno che sventola la bandiera di una regione-nazione che non esiste, uno che fomenta e incoraggia i deliri dei suoi tirapiedi, come il nazista Borghezio, il crociato Calderoli, o l’acido Salvini, sugli schermi televisivi facendoci fare figure ridicole di fronte al mondo.

Ci chiediamo: ma uno così davvero rappresenta in maniera degna anche un solo onesto lavoratore del Nord? Noi non lo crediamo.

E infine il conto aperto con la coerenza. In un momento drammatico per la nazione, alle prese con una crisi economica senza precedenti, questo governo e questo parlamento avevano promesso di dare il bell’esempio. E cosa ne è venuta fuori? Una decina di condoni e l’ennesima legge ad personam sulle eredità per scavalcare i figli di secondo (?) letto del cattolicissimo Berlusconi.

La verità è che questo governo, non solo è incapace, ma se ne fotte di tutto e tutti.

In conclusione e in relazione con il sarcasmo della Merkel e di Sarkozy e con tutto il rispetto, che non abbiamo, per Merkel e Sarkozy… Ma veramante vi sentite offesi dalle loro risate ? Noi no.

Non ci offendono personalmente però ci fanno sentire tanto Pasquale. Quel personaggio di Totò che non reagiva agli schiaffi tanto "e che so' Pasquale, io?"

Ecco dovremmo smetterla di “non esser” Pasquale.

Pompei

Pompei crolla. L’incapacità dilaga. Berlusconi, trait-du-union di tutti i mali, ha aumentato il Debito Pubblico del 16% (dal 103,6% nel 2008,  al 120% di oggi). Ha aumentato la pressione fiscale. Ha rastrellato il risparmio, in particolare nella gestione dell’avvento dell’Euro ha permesso che il cambio effettivo diventasse 1:1 (un euro 1000 lire invece che 2000). Ha così goduto di una disponibilità che nessun altro governo ha mai disposto nella storia d’Italia. Non ha fatto niente, si è mangiato tutto e ha fatto solo i cavoli suoi, fino alla fine quando in piena emergenza si è preoccupato di legiferare per ripartire a suo gusto l’eredità alle sue famiglie e famigli.

Non è stato eletto dal popolo, perché ciò non è previsto né consentito dalla nostra Costituzione. Non è stato scelto dagli elettori di centrodestra che non hanno mai potuto avvalersi di primarie. Nelle europee 2009, dove ci sono ancora le preferenze, ha raccolto un miserrimo 6% del corpo elettorale. Lo stesso corpo elettorale che, con ampia maggioranza assoluta, ha bocciato col referendum di giugno 2011 le sue inique leggi. Da dicembre 2010 si è retto comprandosi i voti in Parlamento, dopo che la sua maggioranza politica, quella che aveva ottenuto il “premio” alle elezioni, era andata in frantumi.

La sua irresponsabilità è pari solo al suo vittimismo. Niente è per colpa sua, mai un’ammissione, mai un segnale di intelligenza, quella vera, quella che riconosce i limiti umani e si perciò veste di umiltà. Solo atteggiamenti tronfi, da guappo di quartieri dalle gambe corte, da gallo ncopp’a munnezza!

Avremmo dovuto non accettare tutto ciò. I nostri rappresentanti avrebbero dovuto dimettersi in massa dal Parlamento dopo che alcuni di loro, eletti nell’opposizione, hanno approfittato della libertà di vincolo per farsi schiavi. Non è infatti concepibile che il mio voto, antiberlusconiano per libera scelta, venga poi comprato da Berlusconi per il tramite del mio deputato! E non si esca fuori con la storiella della doppia morale, per piacere, perché il berlusconismo ha fatto della morale una barzelletta internazionale, blasfema e corruttrice.

La colpa è “nostra”. Non solo dei deputati che non si sono dimessi, ma di un’intera società civile che da anni è restata ferma e attonita, invece avremmo dovuto reagire, fermare tutto, bloccare qualsiasi attività, usare qualunque arma democratica, subissarlo ad ogni passo… Non ne siamo stati capaci, ed ormai è troppo tardi.

Ne piangeremo le conseguenze. Pompei crolla, meglio riseppellirla, metterci una targa, lasciare a generazioni migliori della nostra il compito di risorgere.

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Ottobre 2011


Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso


Il commento di Antonio Casolaro

Scrivono in tanti nel nostro paese, temo però che li leggano in pochi, spesso anche perché sono poco chiari. Non così penso che avvenga con gli editoriali del “Portale del Sud”: e non è una sviolinata. Il perché dell’attenzione ritengo che derivi innanzitutto dall’interesse che suscitano gli articoli, nei quali si riconosce la competenza e la passione degli autori, che mensilmente affrontano con professionalità ed amore per la verità i temi che trattano e descrivono.

Come allora non essere d’accordo con le considerazioni sugli “Incapaci”? È una verità che se appartenessi alla immensa schiera di quelli che non consentono la controprova cioè gli adialettici, i deterministi, gli assolutisti, i positivisti, risolverei il caso con un “d’accordo” senza bisogno di ulteriori integrazioni. Invero gli autori de “gli incapaci” hanno ampiamente documentato il loro assunto sostenendolo appunto con esempi incontrovertibili e soprattutto con la denuncia dello stato delle cose presenti. Dopo di che sarebbe il caso di dire: dimostra il contrario se ne sei capace! Naturalmente non è questo il problema, esso, penso, che risieda in quella massima all’uopo adattata secondo la quale se la notte è nera non vuol dire che tutti i gatti sono bigi. Tento di esplicitare il mio punto di vista.

Confindustria fa il suo mestiere e la sig.ra Marcegaglia agisce nella veste di profeta. Certo ha ben ragione di lamentarsi, dal momento che rispetto a quello che dall’inizio del suo mandato (13 marzo 2008) chiede al governo – non a caso insediatosi l’8 maggio 2008 – ha ricevuto ben poco. Il fatto che la sig.ra Marcegaglia però dimentica è che la notte della crisi non è stata lunga ed oscura come è stata per i lavoratori e le lavoratrici. C’è un’asimmetria palese tra le due classi. Per le industrie italiane, quelle che appunto fanno capo all’associazione di viale dell’Astronomia, il periodo che va dall’inizio degli anni ’80 fino alla metà degli anni 2000 non è stato, come si dice, tempo di vacche magre: tutt’altro! Infatti a ben vedere è stato un periodo d’oro, con profitti crescenti, in buona misura a svantaggio dei salari. Questa affermazione non è lo slogan di un indignato nostrano, di quelli per esempio che hanno partecipato alla manifestazione del 15 ottobre a Roma, ma è il risultato di una ricerca eseguita da un’importante istituzione internazionale – la Bank for International Settlements – e realizzata da due eccellenti e riconosciuti come tali ricercatori – Luci Ellis, della stessa banca, e Kathryn Smith del Fondo Internazionale Monetario Internazionale, insomma non due attiviste no global che manifestano fuori Wall Street o neo-comuniste del XXI secolo. La ricerca ha evidenziato che in Italia, come già si è fatto cenno prima, tra l’inizio degli anni ottanta ed il 2005 ben 8 punti percentuali di PIL annuo si sono spostati dal complesso dei salari dei lavoratori a quello dei profitti delle imprese.

Per capirci, come sostenne in un articolo del maggio 2008 Maurizio Ricci della Repubblica, l’8 per cento del Pil vogliono dire 120 miliardi di euro all’anno.

Ecco riferendoci agli “Incapaci” in questo caso ai sindacati dei lavoratori, se i rapporti di forza si fossero mantenuti negli stessi equilibri degli anni precedenti i soldi sarebbero rimasti nelle tasche dei lavoratori, invece di “traslocare” in quelle dei capitalisti. Ciò avrebbe significato che i primi, calcolati in 23 milioni di uomini e donne, avrebbero trovato in più nelle loro buste paga qualcosa come 5 mila e 200 euro.

È facile aspettarsi rispetto a questa denuncia l’obiezione che alla fine in alcuni momenti storici è la dura legge dell’economia che “ mena la danza” e quindi in altri termini giustifica il sacrificio dei lavoratori. I super profitti sono stati una necessità del capitale per inseguire il processo tecnologico. Insomma quei profitti sono stati destinati alla ricerca ed agli investimenti. Ma neanche per sogno perché nel periodo considerato gli investimenti sono stati scarsi, per cui alla fine i profitti sono andati letteralmente nelle tasche dei cd imprenditori.

In conclusione seppure è giustificabile l’azione della sig.ra Marcegaglia in materia di riforma profonda della burocrazia e in materia di interventi per spese d’investimento, non è affatto condivisibile anzi andava avversata quando tra le misure richieste ha rinnovato l’intervento sulle pensioni e quelle sulla legislazione lavoristica, che ha trovato nel ministro del lavoro più reazionario del periodo repubblicano il convinto paladino, quello che durante il convegno “il lavoro scomposto”, organizzato il 2 settembre 2011 dalle Acli a Castelgandolfo ha definito “i bastardi anni ‘70”, difendendo a spada tratta la traballante manovra economica del governo di cui fa parte, ricevendo un sonoro e convinto “fascista” dalla platea.

Questo governo è il portato, forse nella versione stracciona e faccendiera, del vento liberista che ha attraversato e che tuttora attraversa il mondo. Nel nostro paese l’attacco allo Stato non ha avuto sosta. Come un tsumani il dai allo “stato imprenditore” si è abbattuto spazzando tutto specialmente quello che di efficiente in tanti anni aveva costruito l’IRI, mentre, e non poteva capitare diversamente, si sono salvati e naturalmente alimentati i grandi parassitismi, quelli che hanno continuato a sostenere il clientelismo del potere ed il neopopulismo berlusconiano.

Ne hanno fatto le spese alcuni cardini dell’apparato industriale del paese a cominciare dalla cantieristica, la quale proprio perché dolosamente abbandonata a se stessa e quindi incapace di rispondere e competere con i nuovi paesi emergenti (penso alla Corea, alla Cina, all’India, al Brasile, al Vietnam per la rottamazione) è andata in crisi. Non a caso proprio nel 2000 cioè nel pieno del burlusconismo imperante (11-06-2001/27-04-2006; 8-05-2008/a tutt’oggi; 15-04-1994/16-02-1996) scadeva in Italia la Legge nazionale di sostegno alla cantieristica, la quale da allora non è stata più finanziata, cosa che ha ulteriormente aggravato la crisi del settore.

Alla luce della strategia dell’abbandono promossa dalle compagini berlusconiane né peraltro temperate dalle parentesi di cd csx è chiaro che nella maggior parte dei grandi cantieri – penso a Fincantieri, a Cantieri Navali Italiani S.p.A. che è sempre stato uno dei più importanti complessi cantieristici navali d’Europa – le grandi capacità manageriali e tecniche sono state via, via distrutte e sostituite da incolori ed incapaci boiardi di Stato, personaggi scelti per ulteriormente liquidare i complessi industriali fino alla estinzione praticata con la svendita degli stessi.

La grande tradizione cantieristica italiana, quella costruita sulla eccellenza della ingegneristica navale e delle maestranze di Sestri, di Castellammare, di Monfalcone, di Palermo per ricordare i maggiori cantieri è andata spegnendosi.

Ma la crisi non ha investito soltanto il grande trasporto marittimo di merci e passeggeri, ma ha investito la nautica da diporto e quella delle navi da crociera. In quella di diporto si è assistito alla scomparsa dal mercato di una lunga serie di Cantieri: dagli storici Cantieri Orlando di Livorno, al SEC di Viareggio, dai cantieri IMMA SpA di La Spezia a Castracani di Viareggio, da Toffolo e Lucchesi Edele del Gruppo Faldis di Venezia a Ferbex di Napoli fino a Rodriguez di Messina.

Alla Fincantieri finite le commesse per le navi da crociere, il management ha presentato un piano di ristrutturazione che espelle due terzi dei lavoratori occupati, e distrugge l’indotto. In pratica ciò vuol dire la chiusura degli antichi cantieri di Genova e Castellammare di Stabia.

Intanto secondo i dati diffusi ieri 03 novembre, ad Ottobre Fiat Group Automobiles, quindi compreso il marchio Jeep, ha immatricolato 37.865 nuove auto rispetto alle 38.980 dell’ottobre dell’anno scorso. In percentuale il calo delle vendite ha significato un meno 2,8%.

Il pianto degli addetti al settore è a dirotto. La situazione è grave ed è il risultato di una serie di componenti negative che vanno dalla crescita del prelievo fiscale, al caro dei carburanti fino all’aumento dei premi RC auto.

Si vabbè mi verrebbe da dire, ma Marchionne che ha operato ed opera come una clava colpendo senza ritegno il mondo del lavoro del settore auto, coinvolgendo e facendo tifosi tra gli imprenditori che ha prodotto? Sono questi i risultati di una guerra dichiarata e tuttora in corso nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici di Pomigliano, Mirafiori, Cassino, Melfi mentre tra pochi giorni Termini Imerese chiuderà, dopo che già lo ha fatto Iribus di Avellino?

Questo signore è un altro esempio di una incapacità senza limite che ha coinvolto il sindacato, con esclusione della Fiom, del governo a cominciare dal “reazionario” Sacconi fino al “divino” cavaliere, compresa “la disinteressata” Chiesa tutta protesa ad amministrare le anime dei cattolici e forse più interessata a guardar bene le casse scolastiche, quelle delle attività commerciali e della sanità fino ai beni esentati dall’ICI.

Un ultimo ricordo legato agli incapaci è quello riguardante la indecorosa fine del polo chimico italiano. Nell’arco di pochi anni Montedison chiuse i battenti coinvolgendo con essa tanti rami ed affluenti di uno dei più solidi e rinomati comparti dell’industria di questo paese, appunto quello chimico.

La piega che ha preso il paese appare senza uscite, quasi che faccia parte di un copione già scritto. Certo c’è ancora la coscienza degli italiani quella che dovrebbe emergere di fronte ai comportamenti illeciti. La condanna morale dei cittadini a cominciare da quelli onesti dovrebbe esplodere in un assordante: BASTA! Ma ancora una volta forse avrà ragione il fu Longanesi, il quale parlando degli italiani diceva “quando suona il campanello d’allarme della loro coscienza, fingono di non essere in casa”.

Antonio Casolaro, Caserta

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