Le Pagine di Storia

Trasgressioni da Grand Tour

 

Un libro svela come turisti eruditi, e talvolta dissoluti, legavano l'utile al dilettevole nel loro viaggio in Italia.

di Enzo Bettiza [1]

Ho spesso accennato, qua e là, al “Grand Tour” parlando di taluni geniali viaggiatori del secolo XVIII e dei secoli successivi. Ma ecco un libro dall'inquietante titolo Climi bollenti (Editrice Le Lettere, Firenze 2004) che sviscera e svela in ogni piega l'itinerario turistico, il mito poetico, la realtà logistica, la funzione educativa e i risvolti edonistici del Tour.

Un Tour classico che, in particolare nel Settecento, aveva la Francia come passaggio obbligato e l'Italia come apoteosi e sbocco finale. L'autore, l'inglese lan Littlewood, docente universitario e apprezzato scrittore di sofisticate guide su Parigi e Venezia, è ormai un classico del genere.

Il nutrito e informatissimo saggio, che si apre con un'epigrafe tratta dal Don Giovanni in cui Byron celebrava la "galanteria" e gli "dèi dell'adulterio", è qualcosa di più di un'indagine raffinata e sempre composta sui bollori trasgressivi del Grand Tour e dei "Grandi Turisti". È un abile affresco degli usi pedagogici e costumi privati europei, sbirciati, via via, attraverso le accademie e le locande settecentesche, le tolde dei primi velieri a vapore, i finestroni dei primi treni ottocenteschi, e per finire gli oblò degli aerei di crociera novecenteschi. Testimoni e informatori di quei suggestivi peripli sono letterati, poeti, saggisti, romanzieri perlopiù anglosassoni (Boswell, Defoe, Byron, Sterne, Dickens, Stevenson, Henry James, Wilde, Evelyn e Alec Waugh, Graham Greene e Anthony Burgess), ampiamente saccheggiati anche nei diari e nelle lettere intime da cui Littlewood trae un'interessante suddivisione d'ordine generale.

Ascoltiamolo. "Per gli adepti settecenteschi del Grand Tour, il modello principale è rappresentato dal Conoscitore professionista, colui che viaggia per l'Europa raccogliendo reperti e informazioni, e affinando al tempo stesso i suoi modi e il gusto artistico". Mi pare che qui il paradigma emblematico, il modello assoluto, valido anche per i più scapestrati viaggiatori inglesi come un James Boswell, sia il Goethe che nel Viaggio in Italia "ritrova se stesso" fra i resti imponenti della classicità e dedica uno spazio molto discreto alle trasgressioni amorose. Al secondo posto della classifica, dopo il Conoscitore, compare il Pellegrino ottocentesco: "Nel XIX secolo interviene una nuova percezione del turista in cerca di una realizzazione inferiore": il consolidato tragitto verso il Mediterraneo si anima di uno spirito di autoconoscenza spirituale e sentimentale. Qui il modello precursore, già anticipatore del romanticismo, è prettamente britannico. È per l'appunto il Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l'Italia di Laurence Sterne, famoso nella versione del Foscolo, il cui pigro e sognante protagonista non fa nulla di ciò che ci si aspetterebbe da un diligente turista. Non vede il Palais Royal, non visita il Louvre, non cataloga quadri, statue, chiese. Mentre i precedenti Conoscitori abbondavano di "informazioni stantìe", che rendevano i loro libri spesso simili a noiose enciclopedie, quello del Pellegrino Sterne scosta l'accento dal viaggio esteriore al viaggio inferiore; egli cerca la natura più che l'arte, indaga il cuore più che la mente.

Il terzo nella classifica è ovviamente il più moderno di tutti e, descrivendo una lunga parabola dal Byron eroe dei Balcani al Gauguin pittore della Polinesia, assomiglia più a un dissoluto vagabondo di mare che a un pensoso viaggiatore erudito. Non ha quasi più nulla a che vedere ne col Pellegrino del cuore né con il Conoscitore dei templi antichi. Nell'Ottocento "la relativa facilità degli spostamenti incoraggia un turismo di fuga. Chi ne possiede i mezzi, può sottrarsi in ogni momento alle restrizioni morali e sociali della madrepatria: il turista diventa Ribelle".

Ci sono cercatori e fuggiaschi, avverte sottilmente Littlewood. A volte, soggiunge spaccando il capello in quattro, è difficile tracciare una linea di demarcazione tra desiderio dell'ignoto e rifiuto del familiare. La ribellione, il conflitto con la figura paterna, erano già presenti nei vagabondaggi di un Boswell ondivago tra una biblioteca di Utrecht e una taverna di Dresda e, più avanti, tra un salotto aristocratico di Torino e un boudoir di cortigiane veneziane. Si reprime, invoca il padre, ricade nel vizio, si rialza, però mangiando e bevendo a perdifiato. Il suo diario intimo ricorda quello del recidivo peccatore Nicolò Tommaseo che, pure lui, viziava, si batteva il petto, mangiava e pregava continuamente. A Roma il semiribelle Boswell cerca di discolparsi con disinvolti funambolismi culturali: "Rimembravo le gesta dissolute di Orazio e di altri licenziosi poeti romani, e mi dicevo che ci si può ben concedere un poco d'indulgenza in una città che vanta donne facili autorizzate dal Cardinale Vicario". Cambiare luogo gli fornisce il pretesto per cambiare morale. Il culto del sole e la sensualità mediterranea aggrediscono e corrodono un universo inglese fatto di rigide divisioni sociali, cieli grigi, nebbie mefitiche e tende di pizzo. Poi Boswell rientrerà nei ranghi del Regno Unito. Rimuoverà gli istinti troppo devianti, si riadatterà al grigiore londinese proseguendo con rigore le regole e i rigori della severa dinastia paterna.

Il Grande Ribelle, il nume poetico dell'immoralismo romantico volto contro la pudica e repressiva Inghilterra, il deviazionista a tutto tondo sarà invece l'assatanato Lord Byron. Italia, Albania, Macedonia, Grecia, isole dell'Egeo, Turchia. Vagando da un'avventura all'altra, mescolando l'eros alle congiure Carbonare e alle lotte per la libertà dei popoli oppressi, Byron penserà e anzi sentirà che tutto era permesso sotto i cieli azzurri e immacolati del Mediterraneo. Sente che gli orizzonti dell'esistenza lì si allargano, che li si possono mordere i frutti proibiti in patria, che l'intera cultura classica sembra fomentare i corsari dell'emozione alla sfrenatezza e alla rilassatezza morale. Nello scenario corallino e vulcanico dei Mari del Sud, Lawrence e Gauguin completeranno, dopo un secolo, la rivolta edonistica contro le industrializzazioni e i colonialismi europei.

Ma è con le perigliose scorribande mediterranee ed esotiche di Byron che vorrei chiudere e conservare nella memoria la più straordinaria epopea turistica dal Grand Tour ad oggi.


Tratto da Enzo Bettiza, Ulisse la rivista di bordo dell'Alitalia, luglio 2004


Voyage pittoresque

Segnaliamo la presenza in rete di Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile (1781) di Jean-Claude Richard, Abbé de Saint-Non (1727-1791). Fu un libro molto importante, voluto da Luigi XVI, in quanto "stabilì" un "metodo ufficiale" per viaggiare nel Sud dell'Italia: fare disegni, incisioni, a cosa interessarsi (storia antica, natura e cultura, usanze etc.). Il Saint-Non impiegò molti disegnatori, compreso il direttore dell'Académie de France a Roma e un pittore di corte) per illustrarlo. In rete il libro è diviso in due parti:

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