Numismatica

Dove posso collocare il Cavallo di Carlo VIII?

a cura di Lorenzo Avagliano

La moneta di rame (1,67 grammi per 17 millimetri di diametro) mostra al dritto tre fiordalisi sormontati da una corona a cinque fioroni ed al rovescio la croce di Gerusalemme. Ma Riccio e Pannuti non la riportano tra quelle coniate dalla Zecca di Napoli. E allora?

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Nel 1494 morì a Napoli il re Ferdinando I d’Aragona. Questo sovrano è da ricordare non solo per i tanti avvenimenti accaduti durante i suoi lunghi 36 anni di regno ma anche numismaticamente per le tante bellissime monete da lui fatte coniare con il suo ritratto veritiero, merito soprattutto dei suoi maestri incisori. Infatti fino ad allora la Zecca di Napoli aveva battuto monete per gli imperatori e i duchi bizantini con ritratti molto stilizzati. Anche i ritratti dei re angioini, succeduti ai bizantini, erano molto approssimativi, compresi i ritratti di Alfonso I d’Aragona padre di Ferdinando. La morte di Ferdinando I d’Aragona fu il pretesto per invadere il Regno di Napoli da parte del giovane re di Francia Carlo VIII, il quale rivendicava i diritti angioini di successione su tale regno.

Nato ad Amboise il 30 giugno 1470, figlio di Luigi XI e Carlotta di Savoia, Carlo aveva solo 25 anni quando il 21 febbraio del 1495 entrò in Napoli. Ma dopo solo 3 mesi di permanenza a Napoli, dovette abbandonare la città davanti alla minaccia di essere sconfitto dalla Santa Lega, sorta nel frattempo dall’unione del papa Alessandro VI con Ludovico il Moro, l’imperatore Massimiliano I e la Repubblica di Venezia. Carlo VIII, dopo aver lasciato delle truppe francesi nel napoletano con a capo Gilberto di Montpensier, riuscì quasi indenne a ritornare in Francia. Per curiosità di cronaca c’è da dire che anche Ferdinando II d’Aragona, nipote di Ferdinando I e figlio di Alfonso II (che aveva abdicato in suo favore alla discesa di Carlo VIII in Italia), non potendo sostenere lo scontro con le forze francesi, abbandonò Napoli e si rifugiò in Sicilia. Con la fuga di Carlo però, Ferdinando II ritornò a Napoli e sbaragliò le truppe francesi rimaste a presidio della città. Dopo un anno, il 9 ottobre 1496, morì stroncato dalla malaria a soli 28 anni.

Ironia della sorte Carlo VIII nel 1498 morirà anche lui a 28 anni a causa però di una banale “capocciata” data per distrazione contro una porta molto bassa. Nei 3 mesi passati a Napoli, solo 8 giorni passati come re (dal 12 maggio, giorno in cui si autonominò re della città, fino al 20 maggio 1495, giorno della fuga), Carlo VIII coniò in numerose zecche del regno vari tipi monetali. Nel suo studio “Intorno alle monete battute nel reame di Napoli da re Carlo VIII di Francia” il Fusco parla di doppi scudi e scudi d’oro, carlini d’argento e cavalli di rame battuti a Napoli, cavalli di rame battuti a Cosenza, Reggio, Ortona, Capua, Chieti, L’Aquila e Sulmona. E ancora denari a Chieti e L’Aquila, carlini per Sulmona. Vittorio Emanuele III nel suo Corpus riporta una moneta da 3 cavalli per la Zecca di Sulmona e delle monete coniate col nome di Carlo VIII della Zecca di Pisa. Esiste anche un cavallo attribuito alla Zecca di Sora. Nel volume “Le monete di Napoli” di Riccio e Pannuti si esclude che Calo VIII abbia battuto monete d’oro nella Zecca di Napoli sia perché non ci sono prove che lo testimoniano sia perché lo stile di queste ultime è ispirato ai modelli delle monete francesi.

Ho una moneta di Carlo VIII e devo dire che ho ancora dei dubbi sul come collocarla correttamente. La moneta in questione indubbiamente è un cavallo di Carlo VIII del peso di grammi 1,67, metallo in rame, e diametro di 17 mm circa. Al diritto c’è la scritta KAROLUS DGR FRA SIC (…); nel campo 3 fiordalisi sormontati da una corona larga a 5 fioroni, un cerchietto sopra il fiordaliso centrale. Al rovescio si legge la scritta XPS VINCIT XPS RE XPS IMPT; nel campo croce di Gerusalemme dentro cerchio perlinato. Studiando i cavalli di Carlo VIII di tutte le zecche sopra citate, anche tenendo presente che per alcune di esse non è certa la coniazione di monete per Carlo VIII (come Cosenza, Reggio e Ortona), possiamo affermare che le zecche hanno battuto sul rovescio la croce di Gerusalemme sono soltanto 2 e cioè Napoli e Sulmona. Possiamo escludere Sulmona in quanto sul diritto delle monete battute in questa zecca compare la scritta in cartella “SMPE” ossia secondo il Fusco “SULMO MIHI PATRIA EST”, cosa che manca sulla moneta in esame. Rimane la Zecca di Napoli. Il CNI riporta a pagina 231 del volume XIX al numero 20 un cavallo con al D) KAROLUS DGR FRA SI IER, nel campo 3 gigli sormontati da corona larga a cinque fioroni (non parla di punti o tantomeno di cerchietti); al R) XPS VINCIT XPS RE XPS IM, nel campo croce di Gerusalemme. Al numero 21 della stessa pagina il CNI riporta un’altra moneta simile al D) KAROLUS DGR FRA SI IE, come la precedente; al R) tutto come la precedente. Al numero 22 il CNI riporta un cavallo a questa descrizione al D) KROLUS DGR SI IE, nel campo 3 gigli con punta al centro sormontati da corona piccola a 3 fioroni; al R) XPS VIN XPS RE XPS IM. Purtroppo le tavole del CNI non sono molto chiare e quindi non si riesce a vedere bene se le monete al n. 20 e 21 siano simili a quella in mio possesso.

Ma la mia perplessità è un’altra, e qui chiedo l’aiuto di tutti i lettori della rivista. Nel volume delle Zecche di Napoli di Riccio e Pannuti, che è la più moderna trattazione pubblicata su questa zecca, non si menziona questa moneta. Si può pensare a questo punto, o che la moneta in questione non sia della Zecca di Napoli, oppure che gli autori non l’abbiano considerata come una variante. Il che sarebbe un po’ strano, visto che le corone reali sono diverse sia nel numero dei fioroni sia nella lunghezza delle stesse. Anche perché il Riccio e il Pannuti nella loro opera hanno considerato varianti, o meglio monete diverse, per esempio i sestini di Ferdinando il Cattolico o di Giovanna la Pazza che variano proprio per il tipo della corona.

Permettete un consiglio?

L’Abbazia Benedettina di Cava dei Tirreni

Un consiglio per i giovani che non hanno la possibilità di comprare tutti i libri di numismatica per la loro rarità o per il loro prezzo: vadano a cercarli nelle biblioteche pubbliche delle loro città. Non si può immaginare quello che si può trovare e la gioia che si prova. Io mi sento veramente fortunato di poter consultare nella mia città la bellissima e grandissima biblioteca dell’Abbazia Benedettina di Cava dei Tirreni ricca di 20.000 manoscritti e 60.000 volumi, meta di studiosi sia italiani che stranieri.


Cfr. Cronaca Numismatica n. 62, Marzo 1995, pagg. 60/61, per gentile concessione dell’Editoriale Olimpia, Firenze.


Pubblicazione on-line di ottobre 2009

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