Le Pagine di Storia

Gli ultimi anni del regno di Ferrante I

di Alfonso Grasso

Busto di Ferdinando I d'Aragona (Ferrante), marmo dipinto, opera probabile di Pietro di Milano. Parigi, Museo del Louvre (immagine tratta da Storia d'Italia - Fratelli Fabbri Editori, 1965)

 

Abbiamo visto come Ferrante I fosse riuscito, dopo la repressione della Congiura dei Baroni, a ristabilire relazioni diplomatiche con il suo grande avversario, il papa Innocenzo VIII. Ma i rapporti tra i due sovrani rimanevano improntati alla reciproca diffidenza: Ferrante restava fermo nel rifiutare l'ingerenza nel suo stato del pontefice. Questi, da parte sua, ben sapeva che il regno di Napoli era la principale fonte di sostentamento della Chiesa, al di là degli aspetti religiosi. Il papa continuò pertanto a far leva sui baroni che, pur sconfitti, si sarebbero schierati con chiunque, pur di liberarsi di Ferrante. Le potenze straniere di Francia e Spagna, dal canto loro, guardavano con interesse e cupidigia a questo latente conflitto di potere e supremazia.

Tra il 1489 ed il 1490, il re di Francia Carlo VIII inviò in Italia un’ambasceria guidata dal conte di Clérieux, che incontrò Lorenzo il Magnifico, Innocenzo VIII ed infine re Ferrante. Lo scopo ufficiale era quello di mediare per arrivare ad una pace duratura tra Roma e Napoli. In realtà, veniva offerto al papa un esercito per intervenire contro il re di Napoli. Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia avevano anch'essi inviato al papa degli ambasciatori. L’intervento straniero fu evitato, in questa occasione, per la ferma opposizione Lorenzo de' Medici che non tollerava intromissioni negli affari italiani. Il papa non volle però esimersi da minacciare Ferrante di scomunica.

Questi avvenimenti suscitarono la reazione di re Ferrante che, per tutta risposta, inviò il comandante del suo esercito, Virginio Orsini, ad appoggiare la ribellione antipapale di Ascoli. Innocenzo VIII, a sua volta, promosse un’alleanza antinapoletana con Venezia e Milano. Si arrivò comunque ad un accordo, il 27 gennaio del 1492. Nel luglio successivo morì papa Innocenzo VIII, pochi mesi dopo Lorenzo dei Medici. Al soglio di Pietro fu eletto con il nome di Alessandro VI lo spagnolo Rodrigo Borgia, che aveva donne e figli, a dimostrazione di quanto poco valesse nel papato dell’epoca l’aspetto religioso, ed anche quello formale.

Il nuovo papa, per rinforzare la lega antinapoletana, nel 1493 fece sposare sua figlia Lucrezia a Giovanni Sforza, signore di Pesaro. Inoltre, fece sapere a Carlo VIII re di Francia, che avrebbe gradito il suo intervento per sbarazzarsi dello scomodo vicino napoletano.

La situazione era sull’orlo del precipizio, dunque, quando nel gennaio del 1494, dopo ben 36 anni di regno, morì Ferrante I d’Aragona.

Per un sereno bilancio storico dell’operato di questo re, occorre prescindere dai giudizi eccessivamente severi di alcuni storici dell’epoca, che appaiono influenzati da emotività e partigianeria. Bisogna tener conto, invece, che egli re di uno stato instabile e pericolante, sia per motivi interni che per cause esterne. In tale contesto, il re ritenne di dover conformarsi ad un unico scopo, che era quello di consolidare la sua dinastia, e che presupponeva l'indipendenza del regno dal papato e il ridimensionamento del potere feudale dei baroni.

Ferrante credette fortemente di poter creare un stato indipendente, che potesse essere protagonista negli eventi storici, e non più comparsa passiva. Egli incise profondamente nella struttura istituzionale, in senso accentratore e assolutistico, come del resto avveniva anche in altri grandi regni europei, incontrando così l’ostilità dei baroni napoletani, ben abituati nel precedente periodo angioino a considerarsi padroni assoluti nei loro possedimenti. Ferrante cercò, tra una guerra e l’altra, di dar impulso ai commerci, di sviluppare l’artigianato facendo venire mastri fiorentini. Fece portare a termine le opere iniziate da suo padre, fra cui Castel Nuovo con il suo mirabile arco di trionfo.

La cronica mancanza di denaro, dovuta soprattutto alla spericolata politica estera, non gli impedì di promuovere le arti e l’ingrandimento di Napoli.

In politica estera, riteniamo che non si possano addebitare a Ferrante tutte le guerriglie e le discordie che dell'Italia dell’epoca, di cui fu comunque un protagonista di primissimo piano. Non si deve poi dimenticare che egli fu continuamente avversato da un nemico potentissimo: il papato, specialmente nelle persone di Innocenzo VIII e poi di Alessandro VI, che vedeva da sempre il regno di Napoli come un feudo, da cui attingere risorse, come un “cuscinetto” contro i Turchi, e come un territorio di scambio per guadagnarsi l'appoggio delle dinastie di volta in volta più potenti.

Ferrante intrattenne un epistolario con San Francesco di Paola, che varie volte rimproverò il suo sovrano, esortandolo ad una maggiore generosità e religiosità. Il re, nonostante il rispetto per Francesco, mantenne invece la politica fuori dalla morale religiosa. In questo senso fu un antesignano del principio di separazione tra stato e chiesa.

Come però spesso capita agli uomini grandi che puntano tutto su se stessi, alla sua morte rimase il … nulla, o quasi. Questa è certamente la critica più negativa che si possa rivolgergli.


Bibliografia e riferimenti

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