Le Pagine di Storia

La modernità della Scuola Medica Salernitana

di Astrid Filangieri

 

L’importanza e la modernità della Scuola Medica Salernitana in ambito europeo, si possono facilmente dedurre da questo passo del testo: ”Le crociate viste dagli arabi” di Amin Maaluf.

L'autore sceglie il seguente episodio, raccontato dal cronista arabo Usama, come il più emblematico del divario tra le conoscenze mediche tra arabi ed occidentali.

“Nel XII secolo i Franchi1 erano molto in ritardo rispetto agli Arabi in tutti i campi della conoscenza scientifica e tecnica. Ma era nel campo della medicina che si notava maggiormente la differenza tra l'Oriente avanzato e l'Occidente primitivo. Usama ci tramanda il seguente episodio:

- Un giorno il governatore franco di Munaitira, sul monte Libano, scrisse a mio zio Sultan, emiro di Shaizar, chiedendogli di mandare un medico per curare alcuni casi urgenti. Mio zio scelse un medico di nome Thabit. Questi, dopo nemmeno qualche giorno, ritornò a casa. Eravamo tutti molto curiosi di sapere come avesse potuto guarire così rapidamente dei malati e lo tempestammo di domande. Thabit rispose: «Mi presentarono un cavaliere che aveva un ascesso alla gamba e una donna, afflitta da consunzione. Feci un empiastro al cavaliere e l'ascesso si aprì e migliorò. Alla donna prescrissi una dieta per rinfrescarle il temperamento». Quand 'ecco arrivare un medico franco, che disse: «Costui non sa affatto curali!», e rivolgendosi al cavaliere gli domandò: «Cosa preferisci, vivere con una gamba sola o morire con due gambe?». Avendo il paziente risposto che preferiva vivere con una sola gamba, ordinò: «Conducetemi un cavaliere gagliardo e un'ascia tagliente». Vidi quindi arrivare il cavaliere e l'ascia. Il medico franco adagiò la gamba su un ceppo di legno e disse al cavaliere: «Dagli un gran colpo dì ascia, che la tronchi netto!». E quegli, sotto i miei occhi, la colpì con un primo fendente, e, non essendosi troncata, con un secondo. Il midollo della gamba schizzò via, e il paziente morì all'istante. Esaminata quindi la donna, il medico continuò: «Costei ha un demonio nel capo che si è innamorato di lei. Tagliatele i capelli!» Glieli tagliarono, ed essa tornò a mangiare cibi con l'aglio e la senape, onde la consunzione aumentò. «Il diavolo è entrato nella sua testa» sentenziò il medico, e preso il rasoio le aprì la testa a croce, facendo apparire l'osso del capo, che strofinò col sale. La donna morì all'istante. A questo punto chiesi: «Avete ancora bisogno di me?» Risposero di no, e io me ne venni via, dopo aver imparato sulla loro medicina molte cose che prima ignoravo.-“

È ovvio che quel medico ”franco” NON proveniva certo dalla Scuola di Salerno. La differenza tra la celebre ed antica Scuola e la medicina praticata nel resto d’Europa sta proprio nel fatto che a Salerno gli studi si basavano sulla pratica e non sulla teoria o sulla superstizione e che gli studi del famoso collegio non si lasciavano condizionare dai ciechi dettami religiosi dell’epoca.

Al contrario, a Salerno si studiava su testi greci, arabi, ebraici, tanto da farla definire oggi come realizzazione di “sincretismo mediterraneo”, e l’espressione che meglio rappresenta l’ampia visuale cui erano rivolti gli studi salernitani è sintetizzata dalla leggenda che vuole la Scuola fondata da un latino, un arabo, un ebreo ed un greco.

La Scuola Medica è stata attivo centro di cultura anche nel periodo dell’alto medioevo che per essere stato caratterizzato da invasioni barbariche, lotte continue tra fare, tribù e famiglie ha visto un decadere della cultura, dell’economia e delle libertà. Unico punto fermo la religione. Ed in questo vuoto si è inserita la Chiesa Cattolica fino a condizionare, ed in alcuni casi cancellare, la cultura. Certo, non dimentichiamo l’importante ruolo svolto all’epoca in ambito culturale dalle varie abbazie e conventi, fari di cultura e di propagazione della stessa, ma sempre condizionate, nella loro attività, dai dettami della Chiesa di Roma preoccupata di essere travolta e stravolta (ma soprattutto timorosa di perdere potere) dagli eventi politici e dalle varie eresie religiose che si andavano diffondendo.

La scuola Salernitana si dimostrò lontana da pratiche superstiziose, magiche e ottusamente empiriche. Scevra dalla cristallizzazione di dottrine filosofeggianti, essa si mantenne pratica, autonoma. Pur rimanendo fedele allo spirito cristiano, superò il fanatico misticismo del Medioevo, che comandava la mortificazione dello spirito e della carne, l’astinenza dal piacere ed aborriva da tutto ciò che rendeva dolce e dilettevole la vita. Al contrario, la Scuola consigliò di godere con giusta moderazione di tutti quei beni terreni che possono rendere bella e santa l’esistenza terrena. Puntò ad elevare i valori dell’anima e della mente, tramite la conservazione e il rinvigorimento del corpo.

Ciò non significa che la Scuola non si sia allineata alla forma letteraria classica, ma mantenne, sempre uno stile espositivo molto chiaro e lineare, accessibile a tutti, tanto da somigliare, in alcuni punti del “Regimen Sanitatis Salernitanum”, quasi a delle massime popolari.

Ed è in questo stile dotto ma spontaneo2, che la letteratura della Scuola travalica le frontiere e diffonde i suoi precetti con il “Flos Medicinae”, anche chiamato “Regimen Sanitatis Salernitanum

E’ un poema, scritto in versi leonini, del quale non si conosce la data precisa di compilazione, né l’autore o gli autori e si presume che i primi versi siano stati scritti intorno al X secolo. Si vuole che sia stato dedicato al Re d’Inghilterra Anglorum Regi oppure a un Francorum Regi”. Non si è certi, quindi, se si trattava di Edoardo III di Inghilterra, che regnò dal 1042 al 1060, o invece di Roberto II, Duca di Normandia, figlio di Guglielmo il Conquistatore.3

Nelle parole di Brian Lawn, The Salernitan Questions, Oxford 1963, p. XI): « E' noto da lungo tempo che Salerno fu il luogo di nascita e il vivaio di quello che è stato chiamato il rinascimento scientifico; che i suoi maestri furono i primi, nell'Occidente latino, a usare le opere di Aristotele da poco tradotte, i Libri naturales nella produzione scientifica e medica; e che, particolarmente durante il sec. XII, la civitas Hippocratica divenne un centro per la diffusione di dottrine filosofiche e scientifiche, e insieme una scuola completamente rinnovata per il suo insegnamento medico».

La scuola Medica aveva dietro di se tanta storia (vedi anche “Salerno e la Scuola medica”) che al principio del XI secolo poteva considerarsi la veneranda progenitrice di tutte le Università e di tutte le Scuole moderne. Il più antico episodio documentato ci è riferito da un ignoto cronista di Minori il quale ci narra (anno 874 circa) di una giovane sposa di nome Teodenanda, gravemente ammalata, trasportata a Salerno dai suoi familiari presso l’archiatra Gerolamo il quale dopo aver consultato i numerosi testi medici di una biblioteca (librorum immensa volumina, scrive il cronista), è costretto, suo malgrado, a deludere le loro speranze. Teodenanda sarà poi miracolata a Minori da Santa Trofimena. Questa notizia è molto importante e preziosa perché attesta che a Salerno, all’epoca, già esisteva una biblioteca ben attrezzata e, quindi, uno studio approfondito di medicina.

Tra i medici della scuola ricordiamo Garioponto (o Guarimpoto) forse monaco, di origine longobarda, morto intorno al 1050. La sua opera più famosa fu il Passionario, un trattato in cui l’autore descriveva tutte le malattie, e ne indicava la cure, soprattutto tramite il cauterio. Ma uno dei grandi meriti di Garioponto nel Passionario fu anche quello di ordine linguistico: egli infatti, nel tentativo di latinizzare voci greche, ricorse spesso a parole dell’uso volgare, (gargarizzare, cicatrizzare, cauterizzare) segnandone l’ingresso nel linguaggio scientifico dal quale neppure oggi sono ancora uscite.

Il periodo di massimo splendore la scuola lo raggiunse all’epoca di Costantino l’Africano (a Salerno dal 1070 circa), ma non tutti gli studiosi sono d’accordo sull’importanza dell’ influenza che il medico arabo ebbe sullo sviluppo delle dottrine della Scuola, poiché uno dei principali meriti di Costantino fu quello di tradurre molti testi greci e arabi, probabilmente, però, di molti di questi trattati i medici salernitani erano già a conoscenza. Egli contribuì notevolmente ad inserire tra le materie di studio anche l’anatomia e quindi la chirurgia.

E’ da dire, però, che la scuola salernitana già aveva in gran conto la chirurgia, e aveva anche introdotto alcune innovazioni, come dimostra la pratica della narcosi chirurgica: già in codici cassinesi del IX secolo, di scrittura beneventana, si rinviene, infatti la prima menzione di una confectio soporis, detta in seguito spongia somnifera, consistente nella confezione di una spugna imbevuta di sostanze stupefacenti, da applicarsi sul naso e su la bocca del paziente prima di procedere all'atto operatorio, onde farlo addormentare.

Merita un ricordo Giovanni da Casamicciola per aver inventato un nodo particolare per la legatura dei vasi sanguigni con un filo di seta.

Un altro medico salernitano, Giovanni Afflaccio (XI sec.) Pubblicò numerose opere di medicina, famoso il Liber Aureus ed altri scritti sulle febbri e sulle urine, che erroneamente sono stati attribuiti al suo maestro Costantino l’Africano.

Nel XII sec. si distinse anche il dotto Bartolomeo. Scrive testualmente questo maestro: “La medicina pratica si divide in due parti: la scienza che conserva la salute e quella che cura la malattia. La scienza che conserva la salute è stata molto coltivata dai medici antichi. Dal momento che conservare la salute è cosa che si può fare meglio e con più certezza che non ripristinare la salute una volta che è andata perduta. La scienza che cura la malattia si divide in tre parti: conoscenza della malattia, conoscenza delle condizioni morbose da cui derivano le malattie, conoscenza di come e dove si deve intervenire per curare le malattie”.

Anche i farmacisti di Salerno erano noti in tutta Europa per i loro preparati medicamentosi. I sapienti della scuola insegnarono e interpretarono fenomeni allora ignorati, studiando a fondo la vita, le virtù e le funzioni medicamentose di erbe sconosciute, dando così sviluppo ad una nuova scienza: la Farmacia. Fu così infatti che Nicolò Salernitano poté scrivere il suo famoso Antidotarium che l’imperatore Federico II elevò a farmacopea ufficiale in tutta Europa, anche se l’opera fondamentale della botanica medicinale medioevale resta il Circa Istans attribuita al maestro salernitano Matteo Plateario che ci descrive oltre cinquecento piante, determinando le varie specie e soprattutto classificandole in base alle loro proprietà medicamentose. Saladino d’Ascoli e Matteo Silvatico, furono grandi discepoli di Nicolò Salernitano (vedi anche “i Giardini di Minerva”).

Mauro Salernitano con la sua minuziosa metodica dettata nelle sue Regulae urinarum vede attraverso il colore, la quantità, il sedimento delle urine, raccolte nella matula (vaso di vetro a collo largo) lo stato di salute dell’intero corpo umano, quindi dalla diagnosi alla prognosi: l’uroscopia diventa il primo esame di laboratorio della sua storia.

Notevole fu il contributo offerto alla scuola salernitana nel XIII sec. da Ursone di Calabria4, con le sue opere e i suoi Aforismi, sembra che esercitò una certa influenza anche sullo sviluppo della scuola medica francese. Infatti, Gilles de Corbeil, autorevole esponente della scuola medica di Montpellier, sarà a Salerno allievo di Musandino e, a sua volta, diventerà un valente maestro della scuola salernitana e dedicherà il famoso libro in versi “De Urinis” alla memoria del suo caro maestro.

Sono da menzionare anche i maestri Giovanni da Procida, Isidoro, Salvatore Calenda, Giovanni Plateario, per non parlare poi Benvenuto Grafeo, divenuto famoso per aver scritto un trattato di oculistica Ars probatissima oculorum che, all’epoca, conseguì un grande successo ed ebbe una notevole diffusione sia in Italia che in Europa. A Benvenuto Grafeo (o Grasso) si attribuisce addirittura la scoperta delle lenti.

Uno dei personaggi di maggiore rilievo della scuola medica salernitana fu Ruggero Frugardo o dei Frugardi, meglio noto come “Rogerius Salernitanus”, fondatore della branca chirurgica della Scuola. Un suo discepolo, Guido D’Arezzo, ne stese il trattato di chirurgia “Chirurgia Magistri Rogerii”, La sua opera, che costituisce il testo ufficiale della chirurgia dei secoli XIII-XV è il primo documento della chirurgia italiana. Il trattato si sviluppa in quattro libri. Dei numerosissimi commenti che ebbe questo trattato, lo rese famoso quello ad opera di Rolando De’ Capezzuti da Parma, nato a Bologna intorno al 1230, che lo insegnò nella sua scuola di Bologna circa un secolo dopo.

Trotula de Ruggiero, vissuta nella metà dell’XI secolo, esperta anche in campo ginecologico scrisse “De mulierum passionibus in, ante e post partum”. Altre donne medico furono Abella, Rebecca Guarna, Maria Incarnata e Costanzella Calenda, figlia del medico Salvatore.

Medaglia in bronzo dedicata a Trottola (Trotula) de Ruggiero (collezione Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per ingrandire

Dopo il 1400, a Salerno, non si ebbero più donne medico; perché in Italia se ne addottorasse un’altra dobbiamo attendere il 1741, anno in cui a Bologna viene conferita la laurea in medicina ad un’altra donna.


Note

[1] Gli Arabi con il termine “Franchi” indicavano genericamente tutti occidentali. Ciò per il fatto che i primi crociati erano per la maggior parte francesi.

[2] Qualcuno ipotizza (ma si è alla ricerca di altre prove che confortino l’ipotesi) che il poeta della Scuola Siciliana Cielo d’Alcamo, sia stato Michele d’Alcamo studente della Scuola Medica Salernitana. Ciò potrebbe spiegare lo stile fresco e vivace che si mantiene distante dallo stile tipico della scuola siciliana, fa pensare ad un autore di origini popolari sebbene usi termini di ambiente cortigiano. Insomma un’espressione piuttosto colta, ma in una esposizione semplice e schietta. Potremmo arrivare a pensare che sia influenzato dallo stile della Scuola Medica?

[3] Si racconta (ma pare che l’episodio non abbia fondamento storico) che Roberto II, duca di Normandia reduce da una battaglia in Terrasanta, affetto da una fistola infetta al braccio destro, conseguenza di una freccia avvelenata, si fermasse a Salerno per farsi curare dai famosi medici della scuola. Come unica cura possibile i medici salernitani consigliarono al duca la suzione diretta della ferita, cosa che avrebbe comportato la morte di chi si sarebbe prestato ad eseguirla, cosa che Roberto decisamente rifiutò. Ma sua moglie Sibilla, figlia del conte di Conversano, mentre il marito dormiva, attuò l’operazione, rendendogli la vita e perdendo la sua.

[4] Forse fu anche uno dei fondatori della facoltà di medicina a Bologna.

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