Le pagine di Napoli


Napoli

La scuola musicale napoletana e i suoi quattro Conservatori

di Roberto De Simone

 

Roberto De Simone è nato a Napoli il 25 agosto 1933, ha studiato pianoforte e composizione con Tita Parisi e Renato Parodi, iniziando una brillante carriera pianistica, ma dedicandosi, successivamente, maggiormente all’attività di compositore, musicologo, drammaturgo, regista ed etnomusicologo.

Nel 1967 l’incontro con un gruppo di giovani interessati ad una nuova proposta della musica popolare, Giovanni Mauriello, Eugenio Bennato e Carlo d'Angiò, determina la nascita della Nuova Compagnia di Canto Popolare, della quale diviene l’animatore, il ricercatore e l’elaboratore dei materiali musicali. A questo primo insieme si aggiungono, in un secondo momento, Patrizia Schettino, Peppe Barra, Patrizio Trampetti e in seguito Fausta Vetere che sostituisce la Schettino.

Roberto De Simone è stato Direttore Artistico del Teatro di S. Carlo di Napoli, nonché Direttore, per Chiara Fama, del Conservatorio Satale di Musica "S. Pietro a Maiella" di Napoli. Nel 1998 è stato nominato Accademico di Santa Cecilia. Precedentemente ha ricevuto l’onore di Cavaliere delle Arti e delle Scienze dalla Repubblica Francese.

Inserto

a cura di Astrid Filangieri

Per chi è interessato ai lavori di Roberto De Simone segnalo un libro (2 volumi, in effetti), di favole della tradizione campana, raccolte anni fa dal maestro andando in giro per tutta la regione e registrate dalla viva voce di persone che ancora ricordavano le antiche favole della nostra tradizione: "FIABE CAMPANE i novanatanove racconti delle dieci notti". edizioni Einaudi. Per alcune storie vi sono varie versioni, una di queste è proprio "la gatta cenerentola". Sono nei dialetti avellinese, napoletano, beneventano… Chissà che tramandan-do il libro ai nostri nipoti non riusciamo a tramandare anche la conoscenza delle nostre favole (se le leggessero). Io lo comprai nella speranza di trovare alcune favole che mi raccontava mia nonna e che non avevo trovato nel Pentameron di Giovan Battista Basile: spulciando, spulciando... le mie attese non sono andate deluse.

Chi è il vero munaciello

Il munaciello, nella tradizione dovrebbe essere lo spirito di un bambino morto in quella casa. La verità, però… è più prosaica. Nelle grandi cisterne sotterranee di raccolta dell'acqua (se ne può visitare una con ingresso dalla chiesa di San Paolo, ma se soffrite di claustrofobia astenetevi!), usate in seguito,durante la seconda guerra mondiale, come rifugi, c'erano degli sbocchi sotto i palazzi nobiliari, insomma degli accessi privati alle cisterne. Gli operai addetti alla manutenzione delle cisterne, per proteggersi dall'umidità o dall'acqua, portavano una specie di mantella con cappuccio (una specie di poncho che al tempo dell' antica Roma si chiamava paenula e, se cerato, fungeva da impermeabile).

Quegli operai per potersi muovere agevolmente negli stretti passaggi delle cisterne dovevano avere una struttura fisica esile e bassina. A questo punto vi è facile immaginare chi fosse e da dove entrasse quella figurina col cappuccio che si intravedeva sgattaiolare per le stanze di alcune case.

L'inventiva dei napoletani li ha portati a creare un altro tipo di portafortuna, sfruttando proprio la figura del munaciello. Oggi infatti alcune gioiellerie, in alternativa al solito cornetto, ecc., vendono ciondolini d'argento a forma di munaciello, il più carino è quello da appendere al telefono cellulare. Spero di aver trattato l'argomento in modo esaustivo.

La scuola musicale napoletana vanta una gloriosa tradizione di circa cinque secoli di storia. Infatti, fu a partire dalla prima metà del Cinquecento che sorsero a Napoli quattro Conservatori di musica, nei quali si sviluppò un'arte musicale apprezzata in tutta l'Europa, ed entrata a buon diritto nella Storia.

All'inizio, tali istituzioni nacquero con il pio intento di raccogliere dalla strada ragazzi orfani, abbandonati, di ospitarli in collegi retti dalla pubblica carità, e di dar loro un'educazione finalizzata a una occupazione come artigiani. Pur tuttavia tali allievi, detti figlioli, venivano anche istruiti nel canto, collegato alle funzioni religiose della cappella cui s'intitolava il Conservatorio; poi, man mano, l'attività musicale divenne quella principale, e si sviluppò in modo professionale per motivi storici che in breve riassumeremo.

Durante i secoli XVI e XVII, nella città di Napoli, per la sfarzosa rappresentatività politica dei Viceré spagnoli, si attivò una committenza musicale che non ebbe uguali in Europa, sia per il moltiplicarsi di chiese, cappelle e confraternite, sia per il sorgere di nuovi palazzi nobiliari, in cui, sull'esempio della Corte, si accoglievano manifestazioni vocali, corali e strumentali. Tale consumo, mano mano, venne coperto proprio dall'attività dei Conservatori, le cui compagini corali di giovinetti furono impiegate nelle festività ecclesiastiche, nei funerali, nel corso del Carnevale, nelle feste di Corte e nelle case dei nobili. Di conseguenza, nacque anche l'esigenza di specifiche composizioni occasionali, di cantate, di manifestazioni celebrative, che attivarono, oltre la scuola vocale, anche quella di composizione, in cui lavorarono, come in un'antica bottega, maestri ed allievi. Successivamente, nel Settecento, col sorgere dei grandi teatri pubblici, quali il San Carlo, il Teatro dei Fiorentini, il Nuovo e numerosi altri, fu la produzione di opere in musica, serie o comiche, ad assorbire ulteriormente la linfa creativa dei Conservatori, da cui uscirono cantanti e compositori rinomati in tutto il mondo. Nacque quel genere di teatro musicale denominato opera buffa o commedia musicale, che non ebbe pari in Europa, e che fu oggetto di attenzione in Francia e da parte di musicisti quali Haendel, Haydn e Mozart.

Il più antico dei Conservatori fu quello di Santa Maria di Loreto (1537) sorto nella zona del Mercato ad opera di un calzolaio, spinto, come si è detto da intenti caritatevoli, e assistito economicamente da nobili e dagli stessi Viceré. Il pio istituto sviluppò progressivamente il suo aspetto di scuola musicale, accogliendo, oltre i poveri, anche allievi a pagamento, e trasformandosi, come gli altri Conservatori, in pubblico convitto. Per tale motivo, alla fine del Seicento, in seguito alla esigenza di sempre maggiore qualificazione, al Santa Maria di Loreto insegnarono il Durante, il Provenzale e Nicola Porpora che fu compositore e maestro di canto, alla cui scuola fecero capo i più celebri castrati, quali il Farinelli, il Caffarelli, il Porporino e altri. Tra gli allievi del detto Istituto spicca il nome di Domenico Cimarosa.

Il Conservatorio di Sant'Onofrio a Capuana fu fondato nel 1578, presso la Vicaria. Vi si formarono lo Jommelli, il Paisiello e Piccinni, che ebbero fama internazionale in Germania, in Russia e in Francia.

Intorno al 1583 si costituì il Conservatorio della Pietà dei Turchini, presso via Medina, la cui rinomanza è collegata ai nomi gloriosi di Leonardo Leo, Francesco Feo, Nicola Fago, Gaspare Spontini e Saverio Mercadante.

Infine, il 1589 è l'anno, indicato dagli storici, nel quale venne fondato il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, ad opera di Marcello Fossataro, monaco francescano, profondamente motivato dalla miseria e dall'abbandono in cui versavano i ragazzi spersi e vagabondi per le strade di Napoli. La scuola ebbe sede presso la Chiesa di Santa Maria a Colonna, nella piazzetta dei Girolamini, ed ebbe per insegnanti Gaetano Greco, il Durante, il Porpora, il Feo e l'Abos. Tra gli allievi brilla il nome di Giambattista Pergolesi.

Ma se il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo fu l'ultimo a essere fondato, fu il primo ad essere soppresso nel 1743, in seguito a una rivolta di allievi contro il Rettore dell'Istituto. A differenza degli altri Conservatori, quello dei Poveri di Gesù Cristo fu strettamente dipendente dalla Curia Arcivescovile di Napoli, e la sua storia, quindi, non fu parallela a quella degli altri collegi di musica, retti da Confraternite.

Ma alla fine del Settecento anche il Conservatorio di Santa Maria di Loreto venne soppresso e si fuse con quello di Sant'Onofrio. Nel 1806, il Re Giuseppe Napoleone fece confluire i detti istituti alla Pietà dei Turchini, che assunse il nuovo titolo di Real Collegio di musica. Ma nel 1808, il Sovrano, per l'insufficienza dei locali, fece trasferire la scuola musicale al Monastero delle Dame Monache di San Sebastiano, per cui il Real Collegio di musica prese il nome di Conservatorio di San Sebastiano, in cui studiò Vincenzo Bellini.

Infine, nel 1826, per decreto del Re Francesco I, il Collegio si spostò definitivamente nell'antico monastero di San Pietro a Maiella, in cui tuttora sono conservati gli archivi degli antichi Conservatori, ad eccezione, come si è detto, di quelli relativi ai Poveri di Gesù Cristo, sottoposti alla gestione dell'Archidiocesi.

San Pietro a Maiella

A tal punto vanno evidenziate le caratteristiche peculiarità della tradizione napoletana. Vale a dire che la nostra scuola musicale si distinse dalle altre scuole italiane, o europee, per la rilevanza data alla vocalità ed alle componenti teatrali (anche quando la composizione era di tipo oratoriale ed era destinata a fruizione religiosa). I musicisti di scuola napoletana, insomma, composero le loro opere in riferimento a virtuosi di bel canto, sviluppando linee melodiche di altissimo stile, sostenute elegantemente da sobrie armonie, da equilibratissime orchestrazioni che mai sopraffacevano il canto: il tutto era finalizzato a una teatralità in cui il suono diventava gesto, coinvolgente drammaturgia, senza mai indulgere ad alcun sentimentalismo volgarmente veritiero.

Nel campo dell'opera comica, non fu certo la buffoneria ad essere l'elemento distintivo; la vera cifra stilistica fu contrassegnata da un'ironica parodia dei linguaggi letterari e musicali di tipo colto: procedimento compositivo che non ebbe uguali in Europa. L'unica eccezione fu costituita da Mozart, indicato più volte come l'ultimo musicista del Settecento, che seppe sintetizzare in geniale equilibrio, nelle sue opere teatrali, vocalità, teatralità e strumentazione orchestrale, con occhi e orecchi alla tradizione napoletana.

Va anche detto che, a Napoli, la produzione di opere vocali di tipo virtuosistico fu determinata dalla presenza dei cantanti evirati, i famosi soprano castrati, la cui tessitura vocale si estendeva nell'ambito di tre ottave di suoni; il cui timbro spaziava da quello del tenore al contralto, e dal contralto al soprano: vero inimmaginabile fenomeno di natura!

Né oggi le voci femminili possono essere considerate l'equivalente di quelle degli evirati: si tratta di altro, di un surrogato che dirotta lo stile musicale in senso fuorviante. Ad ogni modo, se oggi immaginiamo che lo Stabat di Pergolesi fu composto per due voci maschili di castrati, forse riusciamo a comprendere la diversità di una scuola musicale, che in tal modo esprimeva al meglio la propria identità napoletana. E con ciò non è in discussione il fatto che le opere napoletane, scritte per voci maschili di soprano, oggi vengano eseguite da donne con risultati talora di altissima qualità; basta sapere che, in tal caso, la connotazione timbrica e stilistica, dal punto di vista storico, è totalmente diversa da quella dell'epoca in cui venne scritta l'opera.

Ritornando ora al Conservatorio di San Pietro a Maiella: in epoca romantica, con la soppressione in teatro degli evirati, si sviluppò un tipo di vocalità femminile e tenorile, adeguato alle nuove opere del Bellini, del Rossini, ma pur sempre connotato da caratteri virtuosistici di bel canto. Successivamente si sviluppò una grande scuola pianistica, una novella scuola di composizione, che ebbe i suoi frutti nella produzione del verismo musicale, collegato ai gloriosi nomi di Francesco Cilea e di Umberto Giordano.

Francesco Cilea

Alla fine dell'Ottocento, Richard Wagner fu ospitato a Napoli nel periodo in cui era intento alla composizione del Parsifal, e volle visitare il glorioso Conservatorio; ivi, nel corso della settimana santa, udì un'esecuzione del Miserere di Leonardo Leo cantato dagli allievi del collegio stesso. Le commosse parole che Egli espresse per la scuola napoletana ci furono tramandate dalla moglie del Maestro, da un suo autografo conservato in Conservatorio, e dalla testimonianza di Umberto Giordano che era tra gli allievi che eseguirono quella sublime musica del Leo.

Nel glorioso Istituto, tra l'altro, ha sede una vastissima biblioteca in cui si conservano circa 600.000 testi musicali, tra cui rari manoscritti autografi dei grandi musicisti di scuola napoletana; insomma, l'ingente patrimonio ivi custodito costituisce uno degli accumuli musicali più importanti del mondo.

Anche per tale motivo, nel secolo appena trascorso, il San Pietro a Maiella ha avuto tre direttori nominati per chiara fama: Giuseppe Martucci, Francesco Cilea e Roberto De Simone.

Roberto de Simone

Sotto il profilo didattico, negli ultimi anni vi hanno svolto i loro studi musicali il pianista Aldo Ciccolini, il violinista Salvatore Accardo, il direttore d'orchestra Giuseppe Patanè e il grande Riccardo Muti.


  • Libero adattamento dell'articolo tratto da Ulisse, rivista di bordo dell’Alitalia: Note di Alta Scuola di Roberto De Simone, musicista, regista, compositore e autore teatrale.

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